Chi sono i sostenitori di Matteo Salvini? Chi i suoi elettori? Questo è il dilemma dei dilemmi, che attanaglia gli analisti politici e non fa dormire di notte i giornalisti della penisola. Quel quasi-quaranta per cento dove se lo è andato a prendere, il felp-maresciallo? Dunque, snoccioliamo un po’ di dati.
Se Salvini dopo le elezioni europee è cresciuto ancora nei consensi, si trova ormai a ridosso o oltre la soglia dei 10 milioni di voti, una cifra che, se verificata, porrebbe la Lega a fianco dei partiti di massa come DC e PCI. La prima, con affluenze al 90% raggiungeva i 14 milioni di voti, mentre il secondo, sempre con affluenza altissima, al massimo storico superò i 12. Forza Italia al massimo storico, nel 2001, non raggiunse gli 11.
Capire però chi votava questi partiti, nel passato non era difficile, esistevano i “blocchi sociali di riferimento”, le “categorie di elettorato” e una serie di classificazioni che potevano permettere di prevedere dove le elezioni sarebbero andate a parare. Oggi invece, al volgere della generazione, l’elettorato è liquido e ben poco intruppato. Basti vedere la vicenda dei Cinque Stelle, che hanno perso 6 milioni (da 10 e rotti a meno di 5) di voti in un anno e hanno retto sulla percentuale grazie all’astensione.
Dunque, oggi chi vota Salvini? Quelli di destra, che però non sono mai stati così tanti. Oltretutto quasi due milioni di loro, stando ai sondaggi, votano Meloni e Fdi. Certamente nel crogiuolo leghista sono finiti molti elettori di Forza Italia, ormai disamorati dalla senescenza del vecchio leader. Se volessimo dunque utilizzare categorie da Prima repubblica, potremmo quasi dire di trovarci di fronte ad una nuova Dc, più di destra, che con la balena bianca ha in comune la caratteristica di voler rassicurare l’elettore, risolvergli i problemi impellenti, farlo dormire fra due comodi guanciali. L’elettore medio salviniano, come quello berlusconiano e quello democristiano, non scenderà mai in piazza, ma se ne starà a casa in pantofole ad attendere che qualcuno lo salvi. Eppure, l’idea della Dc di destra non è poi così convincente.
Fra gli elettori di Salvini, nonché della precedente Lega di Bossi, se ne annoverano molti che in altri tempi avrebbero votato il Pci. Prendere i dati toscani per credere. Il meccanismo è semplice. Mentre il democristiano dell’epoca voleva dormire tranquillo, il comunista di quarant’anni fa si sentiva continuamente aggredito e oppresso, temeva il baratro della cassa integrazione, il lavoro sotto pagato e la povertà. Votava comunista per essere garantito. Oggi una parte consistente del popolo italiano vive drammi sociali che la sinistra al caviale ignora sistematicamente e, dunque, chi vive in periferia e non arriva a fine mese non può che rivolgersi all’unico che sembra volere garantire qualcosa a qualcuno, che è appunto Salvini. All’elettorato giovane, poco gliene cale dei vecchi schemi, dopo tutto.
Il Matteo nazionale, mostrandosi a metà fra uomo forte e uomo del popolo, chiudendo i porti da un lato e ostentando un piatto di formaggi dall’altro, raccoglie un po’ ovunque, concludendo un processo di ridefinizione dell’elettorato cominciato anni fa dai Cinque Stelle, i quali però non sono stati in grado di capire cosa stavano facendo. Salvini invece sembra avere maggiore autocoscienza e, ben lungi dal presentarsi come “né di destra né di sinistra”, è nei fatti sia di destra che di sinistra. O forse qualcosa di nuovo.