Lo maggior corno della fiamma antica / cominciò a crollarsi mormorando, / pur come quella cui vento affatica… È il Ventiseiesimo dell’Inferno di Dante. Ulisse, consigliere fraudolento, è giustamente condannato alla pena eterna. Ma il Poeta lo dipinge come uno spirito d’inesausta sete di conoscenza: dice de l’ardore / ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto / e de li vizi umani e del valore. Fra tutte le narrazioni di Ulisse dopo il ritorno a Itaca e la vendetta sui Proci, è la più famosa. Dante gli attribuisce una nobiltà spirituale non giustificata né dall’Iliade né dall’Eneide. Ma quanti Odissei esistono? Altra cosa, infatti, è l’Odissea: ove scopriamo le pieghe psicologiche sottilissime d’un aspro e crudele orditore di frodi. Qui egli peregrina nella nostalgia della casa e della sposa; pensa al figlio, pensa alla terra, al trono. La sofferenza lo rende sapiente. Il suo animo duro si commuove quando si vede riconosciuto dal cane Argo, che l’ha atteso vent’anni: questi, giacente su di un mucchio di letame, coperto di zecche, muore nel vederlo. Per l’unica volta in vita sua, Ulisse perde due lacrime che gli discendono dall’occhio.
Il capolavoro dedicato al destino finale di Ulisse è il più monumentale dei Poemi conviviali di Pascoli, e s’intitola L’ultimo viaggio. Il re di Itaca giunge morto sulla spiaggia di Calypso, e viene pianto dalla maga che l’aveva irretito ed egli aveva abbandonata. Ella è immortale; pure commenta che il non esser nati è il bene supremo. Un altro mito vuole ch’egli fosse ucciso da Telegono, il figlio da lui avuto da Circe. La vedova Penelope dovrà sposarlo come Telemaco Circe; e ne deriverà Italo, il capostipite degli abitanti dell’Italia, ovvero, altra interpretazione, la stirpe etrusca. I troppi, e troppo diversi, Ulisse sono uno dei punti di forza dei creatori della “questione omerica”. Coloro che, a partire dal Settecento, smembrano L’Iliade e l’Odissea come un’accozzaglia casuale di poemi diversi raffazzonati in modo contraddittorio. Si nega non solo l’identità del sublime Poeta, si nega che i due poemi sortano dalla stessa mano, si tormenta il testo alla ricerca di contraddizioni e zeppe metriche. Ormai acqua passata; o almeno lo spero. Un geniale, piccolo libro di Enzo Mandruzzato, dove immensa dottrina è nascosta nella semplicità del racconto, smonta gli smontatori: Omero. Il racconto del mito (1998). Lo consiglio a tutti.
Quando Ulisse torna a Itaca e organizza la vendetta e la strage, il racconto dell’Odissea è precisissimo. Non è possibile equivocare una sillaba. Ma possibile è far nascere arte dall’arte, con l’arte della metamorfosi poetica? Certo. Già lo fece, in un mirabile racconto, Gli uomini chiari, Renzo Rosso: la storia è vista da parte dell’aedo Femio, innocente, costretto a cantare per i Proci che occupano la reggia di Ulisse e vogliono Penelope e il regno. Rosso lo fa massacrare cogli altri. Penelope con intatta fedeltà attende da vent’anni lo sposo. Nonostante la minuzia del racconto, persino Omero sulla bellissima regina appare reticente. La sappiamo solo sdegnosa del corteggiamento; e il più possibile chiusa nel suo appartamento sito al piano alto, donde governa la casa con le poche ancelle restategli fedeli e la saggia Euriclea, che di Ulisse fu nutrice.
Ricordo una cosa ovvia. Nel mondo antico, e vieppiù in quello arcaico di Omero, la parola era rara. Non si chiacchierava; ai conviti si discorreva, e solo fra uomini. Alle donne si addiceva il tacere. E anche per gli uomini, una parola aveva un peso quasi sacrale che noi oggi a stento comprendiamo.
Ecco la premessa per leggere una piccola meraviglia letteraria che esce in questi giorni per la Marsilio (pp. 95, euro 11): La morte di Penelope, di Maria Grazia Ciani. L’Autrice è un’insigne grecista, alla quale dobbiamo delicate insieme e dotte traduzioni dei due poemi omerici. In tali traduzioni la filologia è celata: sono fatte per qualunque lettore. A volte (Odissea) sono preferibili a quelle sapientissime della “Lorenzo Valla”: la quale, peraltro, in tanti anni, non ci ha dato né l’Iliade né il De Rerum Natura, preferendo pubblicare la letteratura cristiana del Medio Evo. Maria Grazia Ciani scrive una storia fatta tutta di monologi, come in un romanzo del Settecento. Sono monologi interiori: perciò la voce dell’anima può espandersi ben più che se il personaggio parlasse in pubblico. Altera e distante, Penelope in segreto ha smesso di aspettare Ulisse. Vent’anni prima, lo ha visto pochissimo, essendo egli subito partito. Lo ha atteso per anni; poi addirittura spera che sia morto. L’uomo era già da giovane per lei impenetrabile e spaventoso, pur avendole provato il suo amore. Nella folla dei Proci bevitori e approfittatori c’è anche il bellissimo e nobile Antinoo: affatto diverso da come lo descrive il Poeta. I suoi monologi lo mostrano perdutamente innamorato della Regina. La particolare, fin perversa, nobiltà spirituale dei due è un capolavoro poetico della Ciani perché non confligge col fondo arcaico dell’animo loro. Antinoo non ha mai parlato con la Regina, e non l’ha vista in faccia che una volta, ché ella si ricopre di un velo. Quando siede in trono guarda davanti a sé. Pure il loro rapporto, fatto solo di sguardi è intensissimo: più che se l’eros fosse divenuto carnale. Il polytropos Ulisse si nasconde sotto veste di mendico. L’ultima gara è quella dell’arco del Re: solo chi riuscisse a tenderlo, cosa solo a lui concessa, potrebbe avere Penelope. Travestito, Ulisse assiste. Tutti falliscono. Penelope tende per ultimo l’arco al suo Antinoo. Egli lo posa, senza nemmeno tentare il certame. Sa che subito dopo la prima freccia sarà per lui. Il diabolico polytropos aveva già tutto intuito. “Penelope non si era mossa. Ma il velo, per l’ultima volta, era caduto, e questa volta davanti a Lei non più Antinoo, ma Ulisse la fissava con i suoi profondi, impenetrabili occhi. Lo riconobbe? Non ne ebbe il tempo. L’ultima freccia la colse in pieno petto, la violenza del colpo la piegò all’indietro, la testa abbandonata, le braccia spalancate in un turbinio di veli: per un istante sembrò che stesse per spiccare il volo. Come una rondine.”
Maria Grazia Ciani è l’emula di Pascoli.
*Da Libero del 17.6.2019
Non ho letto il libro di Mandruzzato, però il decimo canto dell'”Iliade”, l’episodio di Dolone, qualche dubbio lo dà a tanti critici ; sembra un testo di propaganda greca , i Troiani vi appaiono un po’ miseri e vigliacchetti (persino Ettore non ci fa una gran figura).Considerato il rispetto con il quale sono presentati i vinti (questo i progressisti dovrebbero imparare dagli antichi ,altro che Omero e Virgilio pro migranti….) nel resto del poema, credo siano dubbi legittimi.
Poi in generale credo siano poemi frutto della stessa mano, ma qualche parte spuria non è da escludersi.
Wolf e che ne pensi invece dell’ipotesi che questo genere di poemi potesse essere una specie di “opera collettiva”? ma non proprio nel senso dell’interpretazione di Gianbattista Vico o dei romantici per cui i poemi erano frutto di più generazioni di rapsodi, io invece parlo più della loro interpretazione iniziatica per cui potrebbero rappresentare una sorta di raccolta di topoi mitico-simbolici adattati ovviamente al gusto ed all’etica dei tempi, in questa visione Omero come individuo potrebbe essere visto in molti modi, mero strumento di una cerchia di saggi oppure egli stesso iniziato, oppure come sostiene qualcuno addirittura un nome solamente simbolico di un assemblea di rapsodi “omeridi”, infatti il nome Omero ha sia i significati di “non vedere, cieco” ma anche di “incontro, andare insieme, accompagnarsi” e in effetti dal punto di vista simbolico questi significati che non si escludono a vicenda possono avere diverse interpretazioni… Alla fine sarebbe una cosa simile a quello che successe nel medioevo con i cicli del graal e la poesia cavalleresca… Volevo solo porgere la questione, personalmente non ho una posizione netta in merito, però così si potrebbero spiegare diverse cose…
Anche questa effettivamente sarebbe un’ipotesi suggestiva, soprattutto mi convince Omero visto come “strumento di una cerchia di saggi”piuttosto che come un’assemblea di rapsodi . Però qui difficilmente avremo mai risposte decisive in merito ; le opere sembra risalgano all’ottavo secolo avanti Cristo, ma sono state trascritte su papiro solo due secoli dopo nell ‘ Atene di Pisistrato , con tutti i rischi di espunzioni e aggiunte (e aggiustamenti)che ciò avrebbe potuto comportare…
Almeno credo che gli alessandrini si siano ispirati soprattutto alla versione dell’età di Pisistrato(la prima versione scritta esistente), ma non ne sono certo. Non che le fonti orali fossero molto più sicure, per carità…
Si Wolf, ovviamente è una dilemma penso quasi irrisolvibile, soprattutto riguardo le fonti orali che forse si trasmettevano già da molto tempo e che fornirono la base per la trascrizione di questi miti, come successe in quel periodo anche in altre tradizioni per il fatto credo che quelle conoscenze già in quel periodo subivano un oscuramento ed rischiavano di perdersi, la stessa filosofia in fondo nacque credo da esigenze simili e dai resti di antiche tradizioni iniziatiche che si trasmettevano per forza di cose in maniera orale, la cultura ellenica in fondo non rappresenta propriamente l’inizio dell’era moderna e di un certo pensiero razionalista e anche materialista per certi versi? (ovviamente non paragonabile alla dissoluzione definitiva avvenuta con l’illuminismo)
No vabbé, l’Ellade materialista non s’era sentita manco nei peggiori bar di Babilonia. Dovete chiuderla ‘sta Bibbia. Felice-Guidobono dove sei quando c’è bisogno di te?
Stefano: ma che vuoi? Tornare alle caverne, prima dell’Età della pietra levigata? Ti piace comunicare coi segnali di fumo? Hai bisogno di druidi? O ti basta una medium che faccia ballare un tavolino?
Libero giusto per farti un esempio, dove nascono le teorie atomiste? Prima di parlare almeno pensa un pochino, se tu non hai mai sentito una cosa non vuol dire che nessuno ne abbia trattato, la Grecia dal VII secolo in poi è considerata l’inizio vero e proprio della decadenza, il Kali Yuga comincia li… Felice l’età delle caverne esiste solo nella mente bacata degli evoluzionisti post-illuministi, in nessuna civiltà nella storia delle idee così malsane hanno mai trovato esistenza…
Stefano. Se non ti piacciono le caverne (in effetti umide e generatrici di malanni)qualche forma di civiltà e di rifugio moltooooooooooo elementare!
Amo molto la cultura greca, però Stefano ha ragione sul fatto che certa cultura materialista nasca lì (soprattutto nelle colonie greche in Asia Minore).I primi filosofi furono definiti “fisici ” , in quanto indagatori della causa prima di tutte le cose da identificare in elementi naturali :per Talete l’acqua ; per Anassimandro l’Apeiron (e qui siamo a metà strada); per Anassimene era l’aria.
Non dimentichiamo l’importanza che Eraclito dava al fuoco, Empedocle e le 4 radici (fuoco, acqua, aria, terra), ovviamente Leucippo e Democrito.
Lo stesso Anassagora, che pure prevedeva un’intelligenza superiore , il Nous, fu aspramente criticato da Platone nel “Fedone”, in quanto ancora legato a spiegazioni meccanicistiche.
Anche i corpi celesti vennero indagati con spirito scientifico e non visti come divinità (Anassagora scappò da Atene, a cause di accuse di empieta per certe sue considerazioni sul sole, oltre che per la sua vicinanza a Pericle…).
Ovviamente l’Ellade, grazie al cielo, non è stata solo materialista(e mi pare non l’abbia detto nessuno) ha solo iniziato certi processi in Occidente, come giustamente ha detto Stefano.
Esatto Wolf, meno male, evidentemente non parlo ancora arabo, ovviamente non avevo in nessun modo generalizzato ma solo inteso dire che i primi vagiti del razionalismo scientifico e del materialismo moderno sono contenuti in alcune, non molte per fortuna, espressioni della cultura ellenica, così come nell’arte anche è riscontrabile la stessa cosa, soprattutto dopo il VI secolo A.C., ma anche nella politica, infatti la democrazia dov’è che nasce? Detto questo gli stessi Platone ed Aristotele criticarono queste derive nella filosofica ellenica come giustamente ricordato da Wolf… E giusto per fare un ulteriore provocazione, Karl Marx per la sua teoria materialista dichiarò di essersi ispirato a Democrito ed Epicuro, su cui scrisse anche la sua tesi di laurea, insomma più chiaro di così… e non sto considerando tutte le altre correnti come gli scettici, i sofisti e via di questo passo, poi è chiaro che a noi moderni abbia interessato proprio il peggio del mondo ellenico ma questo non significa che il mondo ellenico era quello che ai padroni del discorso piace rappresentarsi, per fortuna era molto altro e molto di più…
Stefano. ‘…La Grecia dal VII secolo in poi è considerata l’inizio vero e proprio della decadenza’. Ma non ti rendi conto di spararle troppo grosse? Se tutto è decadenza dal VII secolo a.C., ebbene,’nulla è decadenza!
Stefano. VII secolo a.C. Ma non fu quando Romolo e Remo vennero allattati da una cagna ribattezzata lupa perchè faceva più fine? Come una pelliccia di cane che, solo qualche anno fa, o ancor oggi, era ribattezzata lupo siberiano, capre che diventavano antilopi ecc. ecc.? Detesti talmente fisica e razionalità per rifugiarti sempre più in un iperuranico spiritista dove nulla è e tutto fluttua in un empireo immateriale, tutto diventa rito e mito (del nulla), non più elucubrazioni di Eliade, ma fantasie galoppanti e fantasiose, simboli impazziti che ricoprono ogni approccio minimamente verificabile ed intelleggibile….
Francamente non riesco nemmeno a leggere quello che scrivete e me ne meraviglio dato che spesso concordo con Stefano. Andiamo per ordine. I primi filosofi sono scienziati è con Socrate che il sapere e il sapiente viene “limitato” alle discipline dell’essere e dell’umano.
Le teorie atomiste dovrebbero solo imporci di toglierci il cappello davanti a Democrito e poi Epicuro: secoli e secoli prima del microscopio hanno intuito la natura delle cose. Una cosa è la scienza, un’altra lo scientismo: una cosa è indagare, scoprire e investigare la natura, un’altra sostituire al dio random, la dea Ragione.
Se Marx avesse davvero capito Epicuro non avrebbe scritto una sola riga. Evidente che fu provocazione contro la Chiesa e null’altro. Sulla democrazia noto che attecchiscono più in voi che nei suoi propugnatori i luoghi comuni. Ad Atene comandavano i demi in un ordinamento federale, autenticamente indoeuropeo aggiungerei, e non le masse di servi, iloti e schiavi.
Caro Felice, la realtà è che i nostri amici sono imbevuti di pangermanesimo che qualcuno corregge con un po’ di messianesimo: non vogliono tornare nelle caverne, basterebbe loro imporre l’autorità degli antichi germani su quella di Roma e della Grecia. Senza sapere che Tacito, quando scrisse quel che scrisse, lo fece per ripicca e provocazione intellettuale.
Sulle teorie della decadenza, rinvio a qualche studio astronomico. La letteratura (seria, non quella ufologica) non manca. Non possiamo parlare di mito senza conoscere la scienza dei re. Saluti.
Felice scusami ma cosa avrei detto di così fantasioso, inverificabile, intellegibile? Ho solo sostenuto che alcuni tratti a mio avviso negativi della società odierna erano contenuti in nuce nella Grecia antica, non mi pare questa sia un affermazione così peregrina e inverificabile… Non ho detto che la Grecia era decadenza, ho solo detto che fu l’inizio di una parabola discendente del cosiddetto occidente, alcuni direbbero invece che la parabola inizia col cristianesimo, alla fine non mi sembra che faccia molta differenza una volta che si è daccordo sulla visione ciclico-regressiva che evidentemente non è la tua caro Felice… Poi come sempre molti non riescono a vedere al di là del mondo classico, come se non ci fosse mai stato nient’altro da nessun altra parte, come se persiani, indiani, cinesi,amerindi, nord-europei etc non fossero già civiltà sviluppate, del resto il mondo propriamente ellenico è più che altro opera della stirpe Dorica che non mi pare fosse autoctona… Poi il fatto che nello stesso momento in cui la Grecia diciamo inizia il tramonto sorge Roma non sembra essere una casualità, anche perchè se poi la cultura ellenica è arrivata dappertutto questo fu anche grazie a Roma. Comunque giusto per concludere io sono molto legato alla cultura ellenica soprattutto alla filosofia(fino all’alessandrinismo ed al tardo neo-platonismo) ma abito in un luogo circondato da mura megalitiche che furono costruite prima della nascita di Roma, seguendo ordini geometrici, sezione aurea e riferimenti astronomici, per forza di cose la civiltà che le ha costruite possedeva un importante cultura, quindi forse sarà per questo che non ho un “pregiudizio classico” sul mondo…
Prima di Socrate, a dire il vero, ci fu Parmenide, che invitava a seguire la via della verità (la ragione) e diffidare della via dell’opinione (doxa),ovvero i sensi (pur ritenendo che si dovesse conoscere anche quella).
I primi filosofi furono anche scienziati, indubbiamente usavano anche dati empirici, ma non mancava in loro anche la speculazione filosofica.
Nessuno dice che fossero da buttare nel cestino, ma solo che avessero iniziato una certa tendenza al materialismo, via via poi prevalente in Occidente. Un saluto a tutti.
Concordo con l’ultimo intervento di Stefano, che non avevo ancora letto, prima di scrivere ; però per la diffusione della cultura ellenica nel mondo conosciuto più che Roma sono state importanti le conquiste di Alessandro Magno e i regni ellenistica sorti dopo la sua morte.
“…ellenistici…”
Stefano, rispondi a Felice ma credo volessi replicare anche a me. Il fascino che esercitano (anche in me) le civiltà più sconosciute e meno “trattate” è grande. Però ti invito a riflettere: anche i Dogon in Africa pare avessero grandiose conoscenze astronomiche, ciò non toglie che la loro tecnologia non sia all’altezza di queste.
Credo, dunque, che finisci per propugnare una sorta di riedizione del mito del buon selvaggio, che diventa il saggio selvaggio. Penso sia un errore, poi ognuno è libero di pensarla come vuole.
Il retaggio del mondo classico è riassumibile, generalizzando troppo e me ne rendo conto, nell’aurea mediocritas. COsa che non abbiamo noi, non hanno mai avuto né i germani di Tacito e nemmeno gli aztechi che mangiavano il cuore dei nemici. Forse un discorso a parte andrebbe fatto per gli indiani d’America ma, francamente, Alce Nero non era Lucrezio.
Libero ma guarda che penso ci sia un equivoco di fondo, ti assicuro che non sono mai stato quel tipo di persona fissata col germanesimo etc, tutt’altro, ho sempre rivendicato la filiazione italica, mediterranea e greco-romana, ma mi pare che a volte si tenda ad esaltare e prendere in blocco alcuni “miti moderni”, come quello della grecia antica(riscoperto soprattutto nel Rinascimento), senza analizzarli in tutte le loro componenti, perchè Atene non era uguale a Sparta e dire che Atene rappresentava un ordinamento indoeuropeo per me è inesatto visto che la società indoeuropea è sempre stata tripartita nelle tre caste o funzioni sacerdotali,regali e produttive(L’ideologia tripartita degli Indoeuropei di Georges Dumezil), Atene in realtà è stata il tipico esempio appunto di spirito moderno nel mondo antico, così come Cartagine del resto… La filosofia invece fu solo un adattamento exoterico(dal greco exoterikos, esterno) parola appunto nata nel mondo greco dove questa scissione fra conoscenza metafisica pura con annesse scienze sacre e conoscenza per tutti con le varie derive materialiste nacque… A noi purtroppo sono pervenuti solo documenti dell’insegnamento esteriore quindi la vera filosofia e metafisica greca non la conosciamo nemmeno, perchè quella faceva parte dei culti misterici appunto, ma se pensi che la negazione degli Dei nacque proprio all’interno della filosofia evidentemente un punto di vista moderno stava nascendo, sulle critiche all’atomismo basterebbe tenere in considerazione Aristotele o Platone stesso che distruggono l’atomismo criticandone la concezione del vuoto ad esempio, oppure leggersi la “Vita dei filosofi” di Diogene Laerzio dove si dice che appunto Platone voleva bruciare tutti le opere di Democrito… Insomma tutto questo era solo per sostenere la tesi secondo la quale alcuni modi di pensare moderni siano stati originati in quel periodo, ma con ciò non ho assolutamente voluto disprezzare la cultura ellenica o ancor più greco-romana che invece considero assolutamente importante e grandiosa nelle sue espressioni migliori. Insomma vi prego di non mettermi in bocca cose che non ho mai detto, cordiali saluti.
Ora solo ho letto la tua risposta a me, Stefano. Credo che tu stia confondendo le comunità grandi e comunità minori per la tripartizione e che forse, la degenerazione del modello talassocratico. Tengo però a precisarti che Atene e Cartagine, sebbene entrambe imperialiste, erano profondamente differenti: la prima aveva un esercito di cittadini, la seconda quasi esclusivamente di mercenari.
Il Rinascimento riportò al centro il mondo classico ma ciò non me lo mette in conflitto, per forza, con il Medioevo. Dobbiamo stare tutti attenti, io per primo, all’uso politico che s’è fatto della storia e della sua interpretazione.
Scusate ho letto ora gli altri interventi, Libero lungi da me riproporre il mito del “buon selvaggio” che è la cosa più distante possibile da ciò che penso, rinvio a quanto scritto sopra, credo solo di esser stato in parte frainteso… Wolf daccordo come sempre,hai ragione ovviamente su Alessandro e ne avevo parlato anche io in un intervento dell’altro giorno a proposito della continuità del mondo greco nella dinastia tolemaica,il riferimento a Roma era soprattutto per il fatto che fu un impero di durata maggiore e che prese molte cose dalla cultura greca diffondendole un pò dappertutto, questo tra ‘altro fu un fattore di contrasto all’interno della società romana, sappiamo del disprezzo per esempio di Catone per il circolo degli Scipioni e l’ellenizzazione della cultura con la conseguente perdita delle tradizioni ancestrali latine e del mos maiorum, evidentemente anche Catone aveva la mia stessa sensibilità!
p.s. ovviamente era una battuta quest’ultima su Catone, lo dico per non incorrere in altri fraintendimenti anche se ho sempre amato questo personaggio e le sue battaglie “anti-moderniste”…
Mi spiace, ma non sono molto d’accordo. Questo articolo di Isotta è impregnato di cultura classica , dunque è naturale che i commenti fossero indirizzati su temi simili. Del resto in questo sito, vi si possono trovare tanto articoli legati a tematiche letterarie o artistiche, quanto alla cronaca o la politica contemporanea. Queste sono tematiche sicuramente più “leggere”, ma c’è bisogno anche di ciò, non si può sempre e solo parlare di Zuckerberg, speculatori finanziari , traffico di migranti,, gender,etc. Un po’ di evasione dalla contemporaneità è necessaria una volta tanto, pur rimanendo consapevoli di ciò che avviene nel mondo (i suoi timori sul progetto Libra sono più che condivisibili…).
Valter se l’articolo avesse trattato di cripto-valute ne avremmo parlato fidati, non siamo così fuori dal mondo, purtroppo… P.S. Comunque si può fare tutta la moneta virtuale che si vuole ma poi sarà come sempre la “fiducia” a determinare se la moneta avrà successo, e Libra su questo punto parte già con tantissimi problemi perchè non è propriamente una cripto-valuta ma una “stable-coin” controllata da FB come una banca centrale, quindi essendo moneta di FB già i grandi colossi del web, della finanza e gli Stati stanno facendo resistenza e ne chiedono lo stop, senza considerare i problemi legati agli “exchange”, alle possibilità di hackeraggio dei wallet che detengono la moneta, ai costi ambientali etc etc. Vedremo se questa “volatilizzazione” ulteriore del denaro andrà avanti, probabilmente si ma in che forma? Ai posteri l’ardua sentenza, forse.
Valter alla fine poi queste sono questioni che devono essere trattate non da noi ma da chi ha competenze in materia, noi certo si deve essere informati e cercare di stare sul pezzo, ma alla fine questo è più un laboratorio culturale e politico non una rivista specializzata quindi è normale che la parte principale l’abbiano certe questioni… Poi ognuno ha i propri interessi, a me l’economia non piace pur se ovviamente toccandoci si è costretti a studiarla un pochino, ma preferisco parlare di cultura, politica , geopolitica etc etc
Faccio una battuta e poi la chiudo qui.
Questa di Libra la considero una notizia che con tutte le prudenze del caso potrebbe scompaginare l’ordine mondiale di tutto quanto a te, Stefano, appassiona(proprio perché magari non è solo una criptovaluta)
Non mi sembra una notizia degna di nota l”euforia della Meloni su Fitto o la visita di Salvini ( non sa neanche lui dov’è stato) negli Usa
Niente di rivoluzionario intendo
Semplicemente coltivare il target di lettori ma nessun colpo d’ala
Valter dico questo è poi chiudo anch’io visto che siamo off Topic, sicuramente hai ragione nel dire che la questione di libra sia molto importante e ne sono consapevole ( pur se non ho mai avuto FB) , però penso che proprio per questo motivo vada trattata in modo approfondito e nelle sedi competenti per avere un quadro chiaro e potersi esprimere in maniera seria, riviste specializzate anche di “area ” ci sono quindi semplicemente penso che la discussione debba essere posta in un ambito diverso da questo tutto qua.
Stefano.Sono storico e non filosofo. E le parole scritte le rigiri sempre come vuoi, rispecchiano solo il mondo dell’autore, al Massimo di una scuola, i fatti no…apporta qualche frutto utile stabilire quando parte la decadenza? c’è sempre una decadenza nel mondo, ma ci solo anche progressi…
La secolarizzazione per me non è decadenza, è progresso, ma va governata, deve schiudere una religione civile, non la raccolta dei miti di un popolo mediorientale…