Tra le chiavi d’analisi del voto di domenica ce ne sarà una che potrebbe essere davvero interessante. Perché riguarda il futuro volto della sinistra italiana. La lotta tra Pd e M5S è qualcosa di molto più importante che uno scambio di battute sul web, per quanto salaci.
I pentastellati sono riusciti, e riescono, a parlare alla pancia dell’elettorato deluso. Specialmente quello di sinistra che, a differenza di quello che viene da destra, ritrova nel programma di governo del M5S temi a lui carissimi.
Un esempio su tutti riguarda la misura del reddito di cittadinanza. Si tratta di qualcosa che è molto meno banale del quadro che ne è stato fatto. Si trova dentro l’educazione sentimentale del militante di sinistra e si riannoda alle lotte degli anni ’90, quelle che, per intendersi, erano legate alla proposta del “salario garantito”. Ma nemmeno l’approccio “adorante” al mondo dell’hi-tech è da sottovalutare perché le teorie sulla massima automazione non appaiono altro che come la declinazione contemporanea di quel vecchio obiettivo della sinistra: “Lavorare tutti, lavorare meno”.
Le battaglie sull’ambiente, infine, rappresentano il cavallo di battaglia dei pentastellati. Che ha scippato all’indifferenza dei partiti e all’insofferenza dei cittadini riuniti in reti civiche, specialmente nei confronti della sinistra che prima ne aveva la “guida”.
Persino la “guerra” della libertà di internet è una battaglia sentimentale a sinistra, dato che prende le mosse da quella cultura post-hippy che negli Stati Uniti ha prodotto (e poi esportato) il fenomeno della controinformazione (da qui l’ostinata avversione ai giornali definiti “di regime”?).
In quest’ottica l’elezione di Nicola Zingaretti a segretario Pd è da interpretare come un cenno di apertura alla sinistra “sinistra” dopo l’ubriacatura centrista di Renzi e di Calenda. Un modo, insomma, per riportare all’ovile i voti fuggiti via con il profilo calmo e indubitabilmente “sinistro” di un Bersani bis che, comunque sia andata, resta un volto caro a moltissimi militanti (o ex tali).
Dall’altra parte, per il M5S, l’occasione è di quelle ghiottissime. Al limite dell’epocale: il voto potrebbe fare del Movimento il nuovo alfiere della sinistra italiana, capace di parlare tanto a un elettorato post-ideologico quanto al voto “moderato” orfano di un partito di ispirazione socialista. Dovesse radicarsi in tal senso, il M5S avrebbe vinto la sfida della sopravvivenza nell’ottovolante liquido della politica e che riguarda tutti i partiti e tutti i leader politici, come le cronache elettorali recenti continuano a dimostrare.