Con l’uscita degli ex An Salvo Pogliese e Basilio Catanoso da Forza Italia, è archiviato definitivamente quell’esperimento di ingegneria genetica che voleva la trasformazione di un partito di fatto monarchico in uno vero. Fatto di dialettica, numeri e persino procedure. L’addio del sindaco di Catania e dell’ex presidente nazionale di Azione Giovani, benché motivato da ragioni ufficialmente locali (la mancata candidatura dell’uscente Giovanni La Via, catanese sì ma ex Ncd) è il segnale di un processo chimico che prima o poi doveva accadere: l’albero azzurro ha rigettato gli innesti di via della Scrofa.
Impossibile quantificare quanto raccoglierà Forza Italia alle Europee o se il ritorno in campo dell’ex Cav possa arginare un’emorragia che pare andare a tutto vantaggio di Matteo Salvini o del cartello sovranista e conservatore di Giorgia Meloni. Di certo c’è che il partito di Berlusconi, per gli ex An, pare ormai un campo inospitale. Venendo meno la presenza del compianto Altero Matteoli e registrando la marginalizzazione di fatto di Maurizio Gasparri, salta agli occhi di tutti un’evidenza che era già sotto il naso di molti da quando cioè il Pdl tornò ad essere Forza Italia cannibalizzando la pattuglia nazionale all’interno di un consesso dove spesso, a far saltare i più banali ragionamenti politici, sono le invidie per le mancate ospitate televisive.
Il caso siciliano ci dice che in un non-partito quale Forza Italia, neanche i numeri servono a contare e a contarsi. Perché è sul versante orientale dell’Isola che gli azzurri hanno incassato delle percentuali in controtendenza rispetto all’arretramento nazionale. Silvio Berlusconi, benedicendo le decisioni di Gianfranco Micciché, ha quindi sposato anche le posizioni anti Salvini sul fronte migranti (compreso lo “stronzo” detto nel corso della crisi Diciotti all’indirizzo del ministro dell’Interno) e le uscite in difesa dei vitalizi per i deputati dell’Assemblea siciliana. L’ex Cav sposa dunque battaglie anti-politiche e di retroguardia in funzione di quale strategia non è dato saperlo. Sicuramente non sposa le ragioni più profonde dell’elettorato alternativo alla sinistra.
Una parte della ex An rimasta in Forza Italia ha sicuramente beneficiato in qualche modo della permanenza nel recinto di Arcore. Chiamateli strapuntini, scelte tattiche o illusioni ingenue. La domanda che torna ora è sempre la stessa: che fare? Lega, FdI o la “seconda gamba” ancora da progettare? Arrivati a questo punto, meglio arrivare alle Europee e poi decidere. In meno di un mese impossibile qualsiasi elaborazione di vasta gittata. Intanto, sul campo, resta un flusso di voti in uscita. Bravo chi saprà intercettarlo.
@fernandomadonia