Per arrivare a Viterbo da Roma si passa vicino al lago di Vico. Ci sono abetaie immense, selvagge – anche se chiaramente piantate dall’uomo – e il clima è un po’ fra il black metal e i boschi dove passeggiano i cuccioli oscuri di Shub Niggurath. Il viaggio, insomma promette bene. Capiamo immediatamente d’essere arrivati al pub giusto, quello dove si deve tenere l’incontro-concerto-presentazione, perché la gente fuori ha le Peroni da 666 in mano.
Dopo un po’ arriva un amico. È lui che ci ha procurato l’invito, perché l’evento è riservatissimo ed entrano solo persone raccomandate. Il nostro amico Svart Jugend lo conosce di persona. Ci presenta un uomo, forse è lui. Nel dubbio, è una presentazione senza gli entusiasmi appiccicosi e imbarazzanti tipici dei fan: «ma che sei te Svart? Da paura, ho letto tutto e ho la tua maglietta!»… «oh, lui è Svart, fateve un selfi insieme!». Lo introduce invece per nome di battesimo. Ci si stringe la mano, «piacere». Tutto qua. Insomma, Svart forse l’abbiamo incontrato fuori dal palcoscenico, e non ve lo descriveremo, tanto lo sapete tutti che è come Nyarlathotep, alto, secco, col volto ben sbarbato di Lovecraft giovane ma solo un po’ più olivastro, stile faraone egizio e l’abito in redingote nero col colletto tondo inamidato. Anche se – dicono – quando fa più freddo metta su questa vecchia mise anni Venti uno sdrucito trench di pelle nera.
Beviamo birra, mangiamo gli stuzzichini – ottimi – offerti dall’Old Manners Pub, lasciamo i cellulari ai ragazzi del locale e scendiamo nelle segrete. «Regà, qui ci viene una serata sadomaso da paura». Vere segrete: muri in pietra, due-tre moccoli da cimitero nelle nicchie, buio e radon radon radon radon radon radon radon radon radon da sotterraneo viterbese non conforme. Mancano solo le catene ai muri, ma a quest’ora senz’altro si staranno attrezzando. Stupendo.
Nella sala dove si terrà l’evento, un telo nero retroilluminato da un faro rosso oscura alla vista il padron di casa – che fuori era allegro, ospitale e solare come Licia di Kiss me Licia e dentro invece fa come Akira Fudo e si trasforma in Devilman – Svart Jugend e Portofino dei Boslide, che anima la serata con un po’ di musica rilassante e d’atmosfera. Alle nostre spalle una porta sbarrata con delle tavole ci dicono porti ad altri livelli: «qui il sotterraneo scende altri 40 metri» ci dice uno dei ragazzi dello staff.
«Sono tombe etrusche?».
«No, cantine medievali, circa 1300».
Pietose bugie che poi Svart smentisce, quando durante l’evento annuncia clamorosamente che farà un tour coi Boslide negli 88 livelli sotterranei che portano da questo pub nel centro di Viterbo direttamente alla Terra Cava e al suo sole nero. Anche se non abbiamo capito se diceva sul serio o era ironico. Sulla tourné, non sul sole nero.
Una Peroni rotta sulle pietre del pavimento annuncia l’inizio dello spettacolo. Non possiamo entrare nei dettagli, altrimenti poi su facebook non ci fanno postare l’articolo perché non rispetta gli standard della comunità, che deve essere un posto migliore per tutti. E secondo qualcuno i contenuti della serata con Sandro, Boslide e Svart Jugend potevano non essere all’insegna dell’edificazione di un mondo migliore per tutti. Che regazzini.
Quindi, chi c’era c’era, chi non c’era o se lo fa raccontare a voce o s’arrangia. Qui daremo solo qualche descrizione generica.
Lettura di un inedito di Svart Jugend, musica dei Boslide, discussione con Svart su scottanti temi etici, quali accoglienza, amore per il prossimo, rispetto per gli anziani, prostituzione, possibili alleanze future in vista di una riscossa politica, e la toccante descrizione di una dura giornata di lavoro in un piccolo villaggio dell’Africa – che non è un continente, ma una grande nazione – che ha commosso il pubblico. Svart per il sociale e l’equosolidale.
Il radon trasudato da quelle pareti secolari inizia a fare effetto insieme alla musica soffusa dei Boslide, e così il pubblico si lancia in una serie interminabile e brillante di domande a Svart Jugend, alle quali lui risponde puntuale e secco. Anche se non abbiamo capito se diceva sul serio o era ironico.
Quindi, l’annuncio: la fine del mondo è vicina, e lo proclamano gli avvoltoi con le loro strane abitudini sessuali. Sono segni. Mai ignorarli, mai…
Una seconda bottiglia di Peroni viene spaccata sulle pietre del pavimento, annunciando la fine dello spettacolo. Tutti applaudono. La porta sbarrata alle nostre spalle risuona di colpi cadenzati e umidi di entusiasmo e approvazione.
Usciamo, e all’esterno tre – dico tre – volanti girano come i suddetti avvoltoi stranosessuali per il parcheggio davanti al locale. Risate a denti stretti. «Oh, manco amo finito d’applaudì…».
Quasi una delusione quando si scopre che non sono là per noi. Fermano un poveraccio padre di famiglia con tanto di bambini piccoli e piangenti, una famigliola ben vestita che va o torna da qualche festa, che continua a protestare «non ho fatto niente!». Un esagramma dell’I-Ching sarebbe meno pregno di significati e meno criptico di questo.
Torniamo a casa con in mano la copia del libro Fuori piove sangue. Nessuno va da Svart Jugend a farselo autografare. Quella è roba da libreria Feltrinelli, da fighetti che vanno alle apericena e si mettono in fila. Il libro in mano, dicevamo. Il libro da tutti atteso. Quello che per anni ho detto in giro agli editori che conosco «se fossi in te metterei un assegno in mano a Svart Jugend e gli direi “scrivi quello che vuoi”». Ma per quanto sia Svart Jugend, fin dalla grafica della copertina, c’è un po’ meno Svart Jugend dentro di quanto ci si aspettava. È una raccolta di brani e racconti, per lo più già visti sul blog con qualche inedito. Passare però dall’ipertesto internettario alla carta implica revisione – non si possono fare allusioni cliccabili – alcuni testi più datati dovevano essere aggiornati. Spiace però vedere che alcuni degli scritti più memorabili (e pertanto imparati a memoria) del vecchio e ormai irraggiungibile blog sono mutili. Manca il pub in cui si pianificano putsch in cui manca la seconda parte del putsch, quella in cui si esce dal pub e si fa il putsch, mancano le scritte sul muro delle Belle Arti che ricordano il valore artistico di Lorenzo Cherubini, il «pore stelle» che chiudeva con lirismo romano un brano che prendeva – originariamente – titolo citando i Cripple Bastards, sostituito con un più icastico ma meno efficace «puttane», mancano Alucarda e le suore strane. Manca soprattutto la resa grafica del blog. Quegli slogan bianco-su-nero in esergo a ogni post, che erano magna pars della cifra stilistica di Svart Jugend.
Perché alla fine un artista è più della somma delle sue opere e della sua personalità insieme. E quel che rappresenta per i suoi lettori travalica la sua mera volontà. Lovecraft se avesse potuto avrebbe bruciato i suoi racconti prima di morire, ma per fortuna non ha potuto e nessuno ha dato retta al suo testamento. Svart annuncia il suo funerale, ma nessuno crede veramente che sia morto (forse nemmeno lui, anche perché non sappiamo se dice sul serio o è ironico). E se anche quello di sabato scorso fosse davvero la prima e l’ultima volta che il mondo vede Svart in carne, ossa e redingote, oramai il segno che ha lasciato non verrà sepolto con lui. Svart ha preso uno stile, quello della periferia romana declinato in senso internettario, anzi, internettaro, che fino a quindici anni fa era ristretto a subculture (anche notevoli, come l’indimenticato Panzer Division Gamera e le sue recensioni cinematografiche), l’ha fuso con vagonate di riferimenti culturali e una capacità narrativa da manuale di scrittura. Una miscela esplosiva che aveva anche rotto la bolla del silenzio. Di Svart si è parlato perfino su riviste «di sinistra», che cercavano di tirarlo per la giacchetta e nel dubbio se facesse sul serio o fosse ironico votavano per la seconda, perché nella loro mentalità ottusa non si può essere intellettuali senza essere dalla loro parte. Inutile cercare ora di sfuggire a questo mostro. Siamo certi che Svart rabbrividirebbe nella sua redingote e colletto tondo inamidato, se leggesse questo articolo, scritto con uno stile che cerca (malamente) di imitare il suo. Ma così è. Quando diventi un maestro, ti devi rassegnare a essere un capofila, ad avere esegeti ed emuli. Anche se non li vuoi i fan, gli imitatori e i seguaci (e non è vero, perché nessuno scrive se non c’è almeno un lettore a leggere, e quel lettore deve essergli pure simpatico, oppure deve essere una figa desiderata, sennò non si fa nemmeno la fatica di aprire «Word»). Svart Jugend è – e continuerà ad esserlo – un fenomeno pop, e non una meteora. I suoi slogan, le magliette, i manifesti, il gergo, i topoi letterari, lo stile. Tutto resterà e farà scuola. A Roma continuerà a piovere sangue.
Ma il libro «Fuori piove sangue» è una mezza occasione persa. Mezza perché è pur sempre Svart Jugend, e quindi chi non compra il libro è nel fan club di Jovanotti. Ma se aspirava ad essere l’antologia definitiva, quella del «funerale» dell’autore che lascia alla carta i suoi scritti chiudendo il blog, l’obbiettivo è stato mancato. Anche a livello mediatico, poteva essere lanciato meglio, poteva fare veramente il botto mediatico che quella penna aveva in potenza, se non si fosse limitato a un’operazione di ristampa del già visto, con qualcosa in più e tanto in meno. Un’edizione diversa di questo libro avrebbe forse anche solleticato i sicofanti dell’egemonia culturale (chissà se una copia-staffetta è stata mandata a Cristian Raimo?). Questi sanno che esiste la consegna del silenzio per coloro che non sono iscritti alla loro parrocchia, ma Svart Jugend è una satanica tentazione irresistibile anche per loro. Mentre stanno là col Crodino e Satana è dappertutto, un’opera di Svart Jugend per loro è come puntare un dito davanti al muso di un gatto: non può fare a meno di odorarlo e strusciarsi contro. E comunque hanno sempre il retropensiero con cui auto-giustificarsi: «ma Svart è veramente così o è ironico?».
E dunque restiamo in attesa, con le Peroni in mano ad aspettare il cofanetto deluxe ediction director’s cut con in allegato un astuccio di stampe dei manifesti-propaganda in formato A3 («Sasha chi vale, Otto marzo chi è vile» compreso), venduto clandestinamente come una fanzine con il sovrapprezzo di 6,66 euro.
La soundtrack di questa doppia recensione su Svart Jugend copiata da Svart Jugend è White Skin dei Gnaw their tongues e Very Small Friends degli aTelecine.