27 Gennaio 1979. A Buenos Aires muore la scrittrice argentina Victoria Ocampo.
Era nata nel 1890 da un’antica e ricca famiglia dell’aristocrazia di Buenos Aires che poteva vantare tra gli antenati anche un conquistador spagnolo.
Come si conveniva al suo stato sociale, la giovane Victoria fu educata rigidamente e con apertura alla cultura europea, soprattutto a quella francese.
La giovanile passione per il teatro che gli fece sognare di diventare attrice fu stroncata sul nascere dalla repressiva famiglia che gli impediva anche di frequentare ragazzi e di uscire da sola.
Ai primi del Novecento con la famiglia fece un secondo viaggio in Europa e poté studiare a Parigi: alla Sorbonne corsi su Dante e Nietzsche e al Collège de France fu allieva del filosofo Henri Bergson.
Bella e colta, riuscì ad avere le prime relazioni sentimentali, tra le quali con il figlio di Edmond Rostand (autore del “Cyrano de Bergerac”) e il figlio di Pierre Loti (scrittore e viaggiatore del quale abbiamo tracciato un profilo di recente su questa pagina).
Ritornata in Argentina precipitò nuovamente sotto la cappa dell’educazione rigida della famiglia e finì con lo sposare un nobile pretendente, Luis Bernardo de la Estrada che si rivelò ben presto brutale e conformista al punto che vissero assieme solo di giorno salvando le apparenze per l’esterno.
Nacque quindi un amorazzo con un diplomatico che aveva conosciuto a Roma, un tipo noto per essere un tombeur de femmes ma che alla bella Victoria si legò – seppur clandestinamente – profondamente.
A questo amore la giovane e ammirata intellettuale salottiera restò fedele, vincendo anche l’innamoramento che ebbe per lei il filosofo José Ortega y Gasset, in Argentina per un ciclo di conferenze.
Quando il filosofo spagnolo definì il suo amante, “ordinario”, la Ocampo cessò anche il rapporto epistolare che intratteneva con lui.
Divenuto comunque insopportabile il legame matrimoniale e infrangendo tutte le regole della buona società argentina dell’epoca, Victoria Ocampo, a 22 anni, abbandonò infine il marito e andò coraggiosamente a vivere da sola.
Fu quindi un periodo di incontri intellettualmente fecondi, il più importante dei quali fu quello con il poeta e filosofo del Bengala, Rabindranath Tagore, vincitore del Premio Nobel nel 1913.
Mi si consenta una digressione troppo gustosa per me che studio da tempo i “fascismi” e proprio in questi giorni tra le 700 pagine del primo interessantissimo volume “L’esploratore del Duce”, scritto dall’eccellente e giovane studiosa Enrica Garzelletti, biografa del grandissimo Giuseppe Tucci (non posso che usare un superlativo dopo l’altro in questi casi), mi sono imbattuto in Tagore e nei suoi rapporti dapprima con la Germania dei Wandervogel (il movimento giovanile degli “uccelli migratori”) e con il filosofo e conte estone Hermann von Keyserling; poi in Italia con il fascismo con il il quale ebbe un rapporto ambivalente e il suo incontro con Mussolini (al quale dedicò anche una poesia). Fine della digressione.
Tagore, affascinato da Victoria e dai suoi impegni di letterato e studioso rimase per dei mesi in Argentina e proseguì un rapporto epistolare con la donna per il resto della sua vita.
Una importante conoscenza intellettuale per la Ocampo fu l’incontro con il poeta Jules Supervielle, colui che consentì alla brillante argentina di divenire corrispondente della più prestigiosa delle riviste culturali francesi, la “Nouvelle Revue Française”.
In quel periodo conobbe e iniziò a collaborare anche con Jorge Luis Borges.
Nel 1926 le donne argentine ottennero un importante pacchetto di diritti, anche se non fu autorizzato il divorzio, fu autorizzata la separazione e poterono diventare amministratrici dei propri beni.
Victoria Ocampo – che non aveva partecipato a quella battaglia – ne approfittò subito entrando in possesso anche del suo patrimonio e quindi, appassionata dell’architettura di Le Corbusier e Gropius si fece costruire una casa nel suo stile preferito dall’architetto Alberto Presbich.
Casa però che presto abbandonò temporaneamente per tornare a Parigi, centro dei suoi interessi culturali dove aveva intenzione di mettere a frutto le sue conoscenze epistolari.
La ricca argentina che si vestiva da Coco Chanel (un’altra bellissima che, nota anche per il suo antisemitismo oltre che per il profumo “numero 5”, alla fine della guerra dovette rifugiarsi in Svizzera per sfuggire alle accuse di essere stata una spia dei nazisti) incontrò il filosofo estone von Keyserling al quale ho accennato in precedenza a proposito del poeta bengalese Tagore.
Ebbene, il filosofo prese un grosso abbaglio, pensando che le attenzioni che gli prestava la bella argentina volessero significare anche altro…. ci provò e riprovò in modo assillante fino ad essere visto come un vero e proprio “orco” da Victoria.
In quel periodo invece avvenne uno degli incontri più importanti della sua vita, che si trasformò subito in passione amorosa, quello con Pierre Drieu La Rochelle, lo scrittore fascista (con lui, autore di “Socialisme fasciste”, si può legittimamente usare il termine) che al termine della guerra si suiciderà (“Siate fedeli all’orgoglio della Resistenza come io sono fedele a quello della Collaborazione. Non barate come non baro io. Non sono solo un francese, sono un europeo. Anche voi lo siete, coscientemente o incoscientemente. Ma abbiamo giocato ed io ho perduto. Esigo la morte”).
Anche quando Victoria tornò in Argentina il loro rapporto non si interruppe mai, si rividero più volte, nei suoi ritorni a Parigi, nel viaggio dello scrittore in Argentina nel 1931 per tenere delle conferenze.
Un legame sentimentale, passionale e intellettuale che vinse anche la differente visione politica delle cose.
La Ocampo scriverà di lui: “Drieu è andato in guerra quanto aveva vent’anni. E in questa delicata macchina umana qualcosa si è rotto. Non solo il mignolo della mano destra, che non può muovere quasi più. Non solo le cicatrici sulla testa e sulle gambe. (….) Se Drieu è per una politica che non ci piace, non è per ragioni inconfessabili, meschine o interessate. Si è ingiusti con lui se non si sottolinea questo aspetto. Anche se dice o fa delle follie o delle stupidaggini”. E ammirava la coerenza e l’onestà intellettuale dello scrittore francese.
Una stima (oltre l’amore) che non fu turbata neppure dalla guerra.
Continuarono a scriversi nonostante la profonda divergenza politica e l’impegno di Drieu anche alla direzione della “Nouvelle Revue Française”.
Nel 1942 scrisse al parigino: “Ignoro ciò che pensi veramente, ma so chi sei. Questo è l’importante”.
E Drieu nell’ultima sua lettera gli scrisse: “Non sai com’è bella la mia morte, in una splendida serata, la finestra spalancata su Parigi. Sono maturato molto da cinque anni a questa parte, ho avuto la fortuna di scoprire la filosofia indiana. Gioia, gioia. La politica = niente. Bassi umori. Non odiavo gli ebrei, ma come ha detto Marx, erano degenerati ancor più degli altri a causa del capitalismo. Tutto sommato auspico il trionfo del comunismo ma cos’è il comunismo paragonato a Shankara? Hai letto “L’Homme a cheval”? C’è tutta l’amara tenerezza che ho per te (…) Ti bacio, cara Victoria”.
Il suo testamento Pierre Drieu La Rochelle lo fece arrivare a lei e all’amico André Malraux e adesso lo conosciamo, tra l’altro ci si può leggere: “Voglio morire perché la Francia che ho amato è finita, il fascismo è finito, la Germania che soccombe alla sua debolezza politica è finita, e l’Europa non si farà. L’Europa sarà smembrata tra americani e russi. Preferisco la Russia, ma non voglio avvicinarmi ai comunisti francesi, dei cui capi ho una ben misera opinione; li ho combattuti” (…) “Concludendo, è tutto sistemato, e sono contento di morire in piena consapevolezza, di mia libera scelta, da uomo”.
Chi volesse saperne di più può leggere il carteggio tra i due scrittori/amici/amanti, uscito in traduzione italiana da Archinto nel 2011 e dal quale ho tratto la traccia di buona parte di questo scritto: “Amarti non è stato un errore. Lettere 1929-1944”.
Niente ho detto invece dell’importanza letteraria (e di editrice) di Victoria Ocampo che nel 1931 fondò la rivista argentina “Sur” e poi pubblicò Borges e Bioy Csaares, Proust, Joyce, Montale e Garcia Lorca, fece conoscere nell’America del Sud artisti e letterati europei; scrisse molto anche lei (compresi saggi su Dante, su Lawrence d’Arabia e Virginia Wolf), fino ad essere ammessa, nel 1976 nell’Accademia argentina di Lettere, prima donna a varcare quella soglia.
Victoria Ocampo era un’insopportabile “Ninfa Egeria” delle Lettere, dispotica e capricciosa. Rappresentava esemplarmente, nella sua altezzosità propotente, il livello intellettuale, la curiosità, l’apertura mentale, ma pure i limiti di quel patriziato o oligarchia argentina presto travolto dal peronismo. Se con Drieu ci fu qualcosa di simile al vero amore esistono seri dubbi. Vissero molto nlontani uno dall’altro, tranne un breve periodo. Ma certo Victoria fu un’impareggiabile promotrice culturale.
“Preferisco la Russia…”. questo poteva dirlo un confuso francese come Drieu, che non voleva vedere la realtà della Russia di Stalin, un grande Gulag ideologizzato, assai peggiore della Germania. Ed un fallimento dal punto di vista storico e politico.
D.la Rochelle un …’confuso francese’
Robert Brasillach ed il suo Fascismo Immenso e Rosso, altro Francese confuso…
De Benoist del Il Male americano, altro francese confuso ..
Poi ci sono gli Italiani confusi come , Ugo Spirito , Giano Accame, Beppe Niccolai. Carlo Terracciano ecc ecc altri confusi …
Poi ci sono i confusi della Destra Radicale rossobruna Belgi,Tedeschi, Serbi Russi …
Un mondo di confusi rispetto a chissà quale chiarezza adamantina…
Ovvero come regolare la complessità. ..