I numeri 61 e 62 della Rivista Trasgressioni sono stati dedicati, in gran parte, ad una riflessione sulla “Nouvelle Droite” per il cinquantenario del GRECE ed, in particolare, hanno ospitato i contributi di Antoine Baudino legati alla sua tesi di laurea sul tema dell’influenza della “Nouvelle Droite” sul Front National, dato che un certo numero di fuoriusciti dall’associazione francese sono diventati importanti esponenti di quel partito a partire dagli anni ’80. Prima di questo, negli anni ’70, è cominciata una disputa nel GRECE attorno al concetto di “gramscismo di destra”.
Per la corrente che fa capo ad Alain de Benoist, il compito fondamentale da prefiggersi è la costruzione di un complesso di idee che si articolino in una compiuta visione del mondo, nell’ipotesi che ogni cambiamento politico importante parta necessariamente da un cambiamento culturale. Questo assunto dipende dalla considerazione che una cultura è associata ad un insieme di valori che viene diffuso dalle discipline che ne fanno parte e.g., un dipinto ha come soggetto qualcosa che ne rispecchi gl’ideali di bellezza, ed il cui studio è ciò che viene chiamato metapolitica. La dialettica non è fra le questioni concrete, che sono dominio della politica, ma sul piano dei valori che orientano le decisioni su tali questioni, riprendendo il concetto espresso da Antonio Gramsci di “egemonia culturale”. Pertanto l’obiettivo metapolitico non è quello di conquistare consenso elettorale, bensì orientarne il dibattito sostenendo che, l’imporsi di determinati valori orienti comunque l’azione politica.
Una delle ragioni di una serie d’abbandoni, cominciata con la formazione del “Club de l’Horloge”, è che, nella formulazione del pensatore sardo, la lotta culturale è uno dei piani della dialettica politica e, pertanto, l’orientamento del dibattito è precondizione del consenso elettorale. In questo senso un pensatore diventa un cosiddetto intellettuale organico, la cui opera risulta una fase dell’attività politica, e si pone il problema del rapporto tra pensiero e militanza. Evidentemente, l’assenza di una sponda politica all’elaborazione culturale comporta quella degli effetti pratici nel breve periodo, posto che nessuna forza politica sia in grado di elaborare dei valori che le siano estranei, però il saldare attività culturale e politica ha effetti di non poco conto.
La militanza, per sua definizione, comporta l’assunzione di posizioni non facilmente modificabili e.g., Jean-Yves Le Gallou riconosce che un certo tipo d’elaborazione intellettuale è incompatibile con la strutturazione di un movimento politico, poiché le tempistiche della formazione del consenso impongono la stabilità dei giudizi di valore per un periodo abbastanza lungo. Un cambio di prospettiva, o una mutazione di giudizio, rischia di generare confusione in quanto la comunicazione politica è basata sulla semplificazione dell’esposizione sia dei problemi che delle soluzioni; d’altro canto un pensiero che non si permetta dei dubbi, o delle modifiche, si condanna ben presto all’irrilevanza. A titolo d’esempio in ambito culturale, uno dei motivi della crisi delle sale da concerto è che, in nome della tradizione, si continua a mantenere un programma come quello di due secoli fa e che non ha più legami con il tempo in cui viviamo.
Per converso, lo smarcarsi sistematico da ogni associazione politica e.g., il vezzo di Benoist di negare qualsiasi influenza delle sue idee nel dibattito politico negando l’evidenza, ne facilita l’opera di semplificazione delle idee e limita il dibattito intellettuale alla cerchia ristretta di persone interessate. In definitiva, l’azione sul solo piano metapolitico comporta la necessità di diffondere le idee, evitando la tentazione d’isolarsi dal contesto di riferimento, ed assumersi la responsabilità della loro costruzione soprattutto in un momento in cui, oggi, le persone sono abituate a ricevere le idee, prefiltrate da una piattaforma, che non a cercarle.
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Gli abbonati a “Trasgressioni”, la rivista quadrimestrale di cultura politica edita a Firenze dalla Cooperativa culturale La Roccia di Erec, stanno ricevendo in questi giorni il n. 62.
La pubblicazione, che entra quest’anno nel suo trentaquattresimo anno di vita, ha nel sommario di questo numero i saggi di Marco Tarchi (si perdoni la ripetizione…. docente di Scienza politica, Analisi e teoria politica e Comunicazione politica ed elettorale a Scienze Politiche nell’Università di Firenze): “Molte destre, nessuna destra? Sul dubbio fondamento della visione geografico-assiale della politica”; un lungo saggio (30 pagine) su “Pensare la metapolitica: filosofia o strategia politica?” di Massimiliano Capra Casadio, ricercatore in Storia d’Europa presso l’Università di Bologna e docente di Filosofia e Storia nei licei, già autore di vari volumi sull’argomento come “Storia della Nuova Destra. La rivoluzione metapolitica dalla Francia all’Italia, 1974-2000” ma anche su tutt’altri campi di indagine come una “Storia della Decima Flottiglia MAS 1943-1945”; un’analisi del voto “anti-immigrazione” in Svezia, “I Democratici di Svezia”, saggio di 26 pagine di Johan Martinsson, docente di Scienza politica nell’Università svedese di Göteborg; uno studio dell’argentino Boris Matías, docente di Storia economica e sociale, su “I nemici del Pensiero unico. ‘Disenso’ e le reti transnazionali della ‘Nuova Destra’”. Infine, nella sezione “Documenti”, tre interviste di Antoine Baudino ad Alain de Benoist, a Jean-Yves Le Gallou e a Pierre Vial, tutte sull’argomento “Nouvelle Droite e Front National”.
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