Forza Italia nel finale di partita è – per contrappasso – una specie di Futuro e Libertà.
Ebbene, sì: è come Fli, il partito che – parlandone da vivo – fu di Gianfranco Fini e che piaceva a tutti perché dispiaceva assai al Silvio Berlusconi di ieri.
Come nel passato, così nel presente.
Come Giorgio Napolitano, pur di sabotare il Berlusconi donizettiano, accompagnava ogni passo del post-fascista con gli occhiali – lo illudeva di portarselo a Palazzo Chigi – così Sergio Mattarella, al Quirinale, prende respiro nel ragionarsela col capo di Forza Italia piuttosto che vedersi intorno i barbari gialloverdi.
Come ieri Fini, teleguidato, parlava di “patriottismo repubblicano”, così oggi Berlusconi – irriconoscibile nel suo secondo predellino – sciorina in tema di “democrazie occidentali” cancellando il Silvio più sovversivo, quello che scatenava gli anatemi di Angela Merkel e Nicholas Sarkozy.
Corsi, ricorsi e giravolte storiche, è il caso di dire.
Ma ogniqualvolta il sistema fronteggia l’anti-sistema è sempre all’interno di questo – individuando il soggetto più permeabili alle lusinghe – che va a trovarsi un volenteroso sicario della propria cerchia pronto a farsi cooptare nel palazzo altrui: Fini aveva da farsi candeggiare la camicia nera, e tant’è che Berlusconi – che pure è storia, non è certo una comparsa come il cognato di Tulliani – al prezzo della redenzione sta adesso rischiando di de-berlusconizzare se stesso.
Col tutto esaurito totalizzato dal capo della Lega, Berlusconi, riabilitato e pronto a candidarsi alle Europee nella ritrovata rispettabilità, pur spalleggiato dai grandi giornali – con quel Corriere della Sera che l’azzoppava nel 1994 per celebrarlo fino all’altrieri accreditandolo di qualità taumaturgiche – finisce con de-berlusconizzare se stesso trovando un ruolo solo come “indipendente di sinistra”: europeista, anziché sovranista; moderato piuttosto che gilet-giallato, dialogante col Pd delle ideologie e giammai – anzi, una vera diga – con il M5S post-ideologico il cui umore di popolo comunque, è tale e quale la maggioranza silenziosa, sempre che valga la sua prima squillante qualità: capire ciò che la gente chiede…
Se l’ingombrante Berlusconi era l’ossessione dell’arrembante Fini, così Matteo Salvini – dall’alto del suo 36 per cento nei sondaggi di appena ieri – è diventato l’incubo del Cavaliere di cui tutto si poteva immaginare fuorché ritrovarlo nel posto che fu del suo ingrato alleato al tempo del Pdl: “Non farà miracoli ma argina Salvini” mugugna compiaciuto perfino Massimo Cacciari, ed è la solita destra che può piacere solo alla sinistra la porzione di campo rimasta in dote ad Arcore.
A Matteo Salvini che dà del beone a Jean-Claude Junker, il presidente della Commissione Europea, Berlusconi – con studiato sussiego – dovrà elargire le stesse smorfie di disapprovazione che Fini, a suo tempo, riservava a lui, quando dava del kapò al presidente socialdemocratico del Parlamento Europeo, Martin Schulz.
E dunque sì, proprio come Fli, sarà Forza Italia in questa campagna elettorale.
Era un partito, quello nato dalle ceneri di Alleanza nazionale, riverito e applaudito – ricordate? – in ogni dove.
Era omaggiato, col suo leader – potete mai dimenticarlo? – da Nancy Pelosi e così anche dai coniugi Sarkozy, per non dire di Giuliano Amato, una sorta di precettore più che nel ruolo di un semplice ghostwriter per il Fini di Fli, battezzato statista e onusto di successi nelle più arcigne cancellerie internazionali.
Nella terra di Vico, tutto torna.
Già rodato – foderato in un improbabile tight – da un giro sulla carrozzella di Sua Maestà britannica, il Fini del Fli ostentava la benedizione di tutti in virtù di un’urgenza morale: dare alla destra italiana un destino rispettabile.
Un partito però senza uno zero virgola. Avendoli, quei numeri – i seggi, le percentuali, la famosa somma che fa il totale di Totò – il Berlusconi di ieri, e cioè il Salvini di oggi, e senza più l’immane mappazza inutile chiamata centrodestra.
La famosa somma che fa il totale, appunto: M5S e Lega.
Con Peppino che dice a Totò: “…e ho detto tutto!”.
*da Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio 2019
FLI, che detto à la ragionier Fantozzi, era una “cagata pazzesca”. Si fondava solo sull’antiberlusconismo, ma poi a livello di contenuti era vuoto perché non erano di destra, ma piuttosto di una “destra” che piace alla sinistra, e che non piace affatto all’elettore-tipo di destra. Condivido il punto di vista espresso nell’articolo, sul fatto che Forza Italia è sempre meno “di destra” (ammesso che lo sia mai stata), ma a differenza di FLI ha un elettorato più forte che gli consente di non scendere più giù del 10%. Gli elettori di FI sono tali perché amano la figura del suo capo, il quale non è mai stato di destra, è sempre opportuno ricordarlo. Se un giorno Berlusconi decidesse di lasciare la politica, FI muore perché non lo vota più nessuno, e ci sarebbe la diaspora dei suoi tesserati, come accaduto a DC e PSI dopo Tangentopoli.
Piacciano o non piacciano FI e Berlusca, non si possono lasciare quei voti moderati alle sinistre. Sono voti che a Salvini non andrebbero mai.
FI credo che non abbia quasi tesserati. Ma Salvini sta irritando molto con le sue guitterie (ben peggiori di quelle del Berlusca) ed alleanze con i vaffanculisti sfasciapatria da stadio, un elettorato settentrionale che non voterebbe FdI e la Meloni, espressioni di un mondo romanocentrico alquanto disprezzato…Quindi lo spazio politico esiste…