Come tuono irruppe in questo mondo in quel 22 Dicembre del 1876. Una miccia, un innesco. Come dinamite le sue idee. Velocità, potenza, vita ardita. Questo fu Filippo Tommaso Marinetti, futurista e avanguardista. Una vita all’insegna del “coraggio, dell’audacia e della ribellione”. Così si apriva il suo Manifesto: “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità”. Un timoniere all’assalto del mondo, un agitatore e innovatore del modo di concepire lo spazio, il tempo, l’arte, la storia e la poesia. Personaggio scomodo, sopra le righe. A tutt’oggi rinnegato da una cultura (se così si può chiamare) piccolo borghese imbevuta di dogmi radical chic e impaurita da cervelli pensanti che vanno di pari passo a potenza e virilità. In un mondo che mette la testa sotto la sabbia, censurando in nome del perbenismo ipocrita ogni dissenso (qualcuno ha il coraggio di dire di no? Dove si studia Evola, Jünger o Mishima? Dove troviamo la trattazione, degna di questo termine, di autori come Céline o Pound se non negli ambienti o circoli “non conformi”?) ogni moto di pensiero libero, ogni vivacità intellettuale, in un mondo orwelliano che puzza di burocrazia delle idee, trovo in Marinetti una ventata d’aria fresca. Aria pura, ed un innalzamento della visione che arriva alle vette più estreme.
Chissà perchè, pur non difettando di coraggio e di qualità, è difficile provare simpatia per Marinetti…
In fondo un ‘cattivo maestro’ come tanti altri, poeti, scrittori, giornalisti, artisti, docenti, tutti gli pseudo intellettuali che contribuirono a far precipitare l’Europa nell’orrore di due inutili guerre civili: per lasciarla adesso, scirilizzata ed ormai senza identità, alla mercè di zingari, africani, feccia globalizzata, mafie e narcotrafficanti vari. Ne valeva la pena? Altro che ‘sola igiene del mondo’!
Pardon: svirilizzata