Facebook ha eliminato la pagina ricordo di Sergio Ramelli, che contava oltre 20mila like e aveva l’unica colpa di segnalare le iniziative in memoria del ragazzo del Fronte della Gioventù ucciso a sprangate nel 1975 dall’estrema sinistra. Nell’ambito di un’iconoclastia generale, gestita da algoritmi di dubbia fattura, ci è andata di mezzo anche una pagina di puro ricordo. Inneggiava al razzismo? No. Inneggiava alla violenza? Decisamente no, anzi era un monito contro chi ancora oggi si diletta a vagheggiare l’eliminazione dell’avversario. Eppure, complici forse le segnalazioni di massa (la militanza a sinistra oggi si abbevera di segnalazioni anonime contro pagine di social network), Sergio Ramelli non ha più cittadinanza. Facebook prima l’ha resa privata, in modo che i contenuti fossero accessibili solo agli amministratori. Successivamente la pagina è stata eliminata completamente e i contenuti sono andati persi. Senza nessun messaggio di spiegazione da parte del social network. Per fortuna, sul sito Sergioramelli.it è tutto salvato!
Certo è surreale che mentre le istituzioni italiane riconoscono ormai unanimemente il valore del ricordo di Ramelli, un’azienda privata e straniera decida invece di oscurarlo.
Il comunicato pubblicato sul sito Sergioramelli.it.
Ieri, mentre si voleva postare l’articolo de Il Giornale per informare gli aderenti alla pagina di Sergio Ramelli, che l’iniziativa della Regione Lombardia di portare la sua storia e quella di Enrico Pedenovi nelle scuole procedeva con lo stanziamento dei fondi e la preparazione di un bando, ci si trovava dinnanzi all’amara sorpresa della democratica censura che con un laconico messaggio annunciava agli amministratori che la pagina non era pubblica. Oggi la pagina è stata cancellata definitamente.
Nel post in calce alla pagina (vedi immagine) i signori di facebook ci erudivano che un’attività recente non rispettava le condizioni delle pagine di facebook, ma si sono dimenticati di dirci qual era l’attività in questione. Ovviamente non c’è stata nessuna attività, ma è la solita frase usata come scusa per chiudere la pagina, come è stato nei giorni scorsi per Casaggì Firenze, prima per Lorien e prima ancora per le pagine di Lealtà Azione. Una censura senza se e senza ma, fatta in nome di una democrazia che di democratico non ha proprio niente e che è al limite della legalità. Una censura con la quale credono di spaventarci o ridurci al silenzio, ma noi non ci facciamo intimorire da questi comportamenti vili e meschini che dimostrano solo le loro paure.
La storia di Sergio è scolpita nel cuore di decine e decine di migliaia di persone in tutta Italia e non la potranno certo cancellare oscurando una pagina. Ci hanno colpito, ma non ci hanno scoraggiato ne piegato, ci rialziamo in piedi a testa alta e ricominceremo da capo riaprendo la pagina nei prossimi giorni. Riprendiamo il cammino indomiti nel nome di Sergio, lasciandoci alle spalle le meschinità di questi signori che non potranno mai fermarci.
Sursum Corda.