Lo scorso ottobre è stato edito da “Passaggio al Bosco” edizioni un testo importante, che possiamo considerare un vero e proprio “manuale del nazional-rivoluzionario”. Stiamo parlando di “Per una critica positiva. Scritti di lotta per i militanti” di Dominique Venner. Prima pubblicazione nella nostra lingua.
Quando si parla di Dominique Venner, perlopiù vengono in mente i suoi saggi storici di altissimo livello, scritti nel suo periodo frattura con l’azione politica in senso militante. Come ebbe a dire il suo amico Alain De Benoist, egli nel 1967 aveva rotto con tutti i tipi di azione politica, rimanendo sempre, però, con occhio di un osservatore attento e facendo sempre conoscere il suo sentimento di fronte agli eventi.1 Il suo destino aveva altre prospettive: divenne uno storico meditativo, come egli stesso si definì.
Venner in una delle sue ultime interviste ci riassume, tra le altre cose, quella che è stata la sua avventura giovanile. Sin da adolescente mostra segni di insofferenza verso il conformismo e il quieto vivere borghese: dall’avventura con la Legione Straniera, alla militanza con Jeune Nation di Pierre Sidos, primo movimento ad utilizzare la croce celtica come simbolo ufficiale. Con la Legione Straniera tentò di arruolarsi per la prima volta a 15 anni con un suo amico, ma quest’ultimo si tirò indietro all’ultimo istante. Una soffiata della polizia impedì a Venner di partire. Lezione che servì al giovane Dominique Venner, che a tal proposito dirà:
“Quel giorno ho capito lo spazio infinito che separa la parola e l’azione, le promesse e l’impegno mantenuto”.
Ma non finisce qui con la Legione Straniera, perché nel 1954 va in Algeria, si arruola come paracadutista e partecipa attivamente alla lotta contro il Fronte di Liberazione Nazionale algerino. Come ci racconta Maurizio Rossi nel suo breve saggio introduttivo, quella guerra fu molto importante per Venner e per l’Europa stessa. Fu una vera e propria guerra politica, soprattutto era vista in tal modo da chi vi partecipò, soprattutto dai paracadutisti.
Guerra, questa, che portò al carcere Dominique Venner: dopo un periodo di latitanza, fu arrestato nel 1962 con l’accusa di coinvolgimento nell’attività clandestina dell’ Oas (Organisation armée secrète).
Della sua attività militante e al pensiero radicale, sempre nella sua ultima intervista, dirà:
“A dispetto delle sue storture , esso favorisce la rottura con tutti i conformismi. Allo stesso modo, credo agli effetti formatori positivi di un militantismo un po’ pericoloso. Nella dozzina di anni che ho consacrato all’attivismo intenso, ho incrociato da vicino o da lontano un certo numero di mediocri o di insensati, anche qualche canaglia o degli arrivisti. Ma è sempre lì che ho incontrato gli esseri più stimabili, i più coraggiosi e talvolta i più intelligenti che abbia mai conosciuto nella mia vita.
Aggiungo questo: senza il militantismo “radicale” della mia gioventù, senza le speranze, le illusioni, le defezioni, le vigliaccherie, le bassezze, i complotti un po’ folli, la prigione, le sconfitte, i colpi duri, ma anche senza gli ammirabili slanci di fedeltà a cui ho assistito, senza questa esperienza eccitante e crudele, mai sarei potuto divenire lo storico riflessivo che sono. E l’immersione totale nell’azione, con i suoi aspetti più sordidi e più nobili, che mi ha forgiato e mi ha fatto comprendere la storia dall’interno, al modo di un iniziato, e non come un erudito ossessionato da insignificanze o come spettatore idiota di apparenze”.
Ed è proprio dietro le sbarre che scrive “Per una critica positiva”. Egli, sul modello del “Che fare?” di Lenin, vuole offrire ai militanti nazionalisti dell’epoca (e non solo) alcuni spunti validissimi per una corretta azione rivoluzionaria, accompagnata dall’impegno militante. A nostro avviso è un trattato, questo, breve ma fondamentale. Non solo si vanno ad attaccare dogmi come il “messianesimo” progressista e liberal-democratico, insieme al marxismo, ma anche ad analizzare in breve e a livello storico, alcune esperienze rivoluzionarie del passato: da quella fascista a quella leninista, passando da quella nazionalsocialista a quella maoista. Tutte con una particolare chiave di lettura incentrata sul metodo rivoluzionario.
Ma non solo: in queste pagine dense, Dominique Venner inquadra anche – oltre alla tipologia di azione – un particolare atteggiamento da adottare come singolo militante e come movimento. L’allora militante nazional-rivoluzionario, ne ha per tutti. Per i cosiddetti “nazionali” in primis:
“I “nazionali”, che ammirano tanto la disciplina negli altri, sono nella pratica dei veri e propri anarchici. Incapaci di situarsi al proprio posto nella lotta, provano gusto per l’azione disordinata. La loro vanità li spinge verso gesti individuali gratuiti, anche se la loro causa ne viene danneggiata. Ignorano la parola d’onore e nessuno può prevedere dove li trascinerà la fantasia. Seguono con rigidezza un capo banda e prosperano in piccole tribù. L’assenza di riferimenti comuni aumenta la frammentazione e ne impedisce l’unità”.
Perchè Venner aveva ben chiaro il fatto che per una corretta azione rivoluzionaria, per prima cosa, si dovevano analizzare le storture interne per correggerle e migliorarle, prima di darsi prospettive di azione senza un’ analisi lucida e limpida. Ma in queste pagine troviamo anche echi che risuonano fino ai giorni nostri. Questi, infatti, non teme di scagliarsi contro il purismo, la mitomania e la violenza gratuita accompagnata da un’estetica fine a sé stessa:
“L’esagerazione nell’esprimersi e la promessa dell’apocalisse non hanno fatto avanzare il Nazionalismo d’un passo, anzi. L’avversario vi trova argomenti facili per replicare, il popolo si sottrae ad uomini che si presentano come dei pazzi pericolosi, i sostenitori si scoraggiano o – peggio – si guastano a loro volta. Il rivoluzionarismo caricaturale, nelle parole, negli atteggiamenti e nell’azione è il nemico della rivoluzione.
Sono soprattutto gli elementi giovani che devono fare attenzione. Indossare un travestimento chiamandolo uniforme, confondere il settarismo con l’intransigenza e ostentare la violenza gratuita sono tutte pratiche che rivelano dell’infantilismo. Taluni vi trovano l’esaltazione d’un morboso romanticismo. La rivoluzione non è un ballo in costume e neppure un sfogo per i mitomani”.
Si parla anche del ruolo dell’economia, dell’avvenire di una gioventù che avrà il compito di forgiare una nuova Europa. E anche dell’organizzazione del nuovo Stato , che sì è importante, ma altrettanto e maggiormente importante sarà l’atteggiamento e con il quale lo si dovrà gestire. L’eterno spirito della volontà :
“Il mondo non si piega a un sistema, ma a una volontà. Non è quindi un sistema che occorre cercare, ma la volontà.
Certo, la struttura stessa dello Stato dovrà esser pensata attorno ad alcuni princìpi guida: l’autorità, la continuità, il potere d’elaborazione si trovano riunite in una direzione di tipo collegiale; questa si sostiene su un corpo di quadri politici gerarchizzato, assistito da un’autentica rappresentanza popolare delle professioni e delle comunità regionali, idonea a deliberare sui propri problemi.
Ma, soprattutto, è necessario forgiare gli uomini su cui si baseranno la comunità e l’avvenire della Civiltà. Non saranno né i computer né gli scienziati a decretare le sorti dell’umanità”.
L’obiettivo deve essere quello di costruire una Comunità organica di popolo, insomma.
Tra le sue parole sull’Europa, invece, ve ne sono alcune che possono servici come stimolo per un più radioso avvenire:
“Non saranno gli accordi economici che uniranno l’Europa, bensì l’adesione dei suoi popoli al nazionalismo (…) Così la nuova Europa, basata su una stessa Civiltà, un medesimo spazio e un autentico destino, sarà il focolare attivo dell’Occidente e dell’ordine mondiale. La gioventù d’ Europa avrà nuove cattedrali da costruire e un nuovo impero da edificare ”.
Sono parole che devono incoraggiarci, oggi più che mai.
Dominique Venner, sacrificandosi con la sua devotio accanto all’altare maggiore della cattedrale di Notre Dame de Paris il 21 maggio 2013, non ci ha lasciato solo un testimone da accogliere e onorare quotidianamente attraverso i suoi scritti e alla sua persona. Ma ci invita da buon fratello maggiore – come lo definisce magistralmente Maurizio Rossi – a procedere il nostro cammino con spirito d’avventura, stoicismo e con fermo distacco alla maniera di un Romano o di un Prussiano. Dobbiamo tutto questo a Dominique Venner, a noi stessi e all’Europa.
*Per una critica positiva. Scritti di lotta per i militanti, di Dominique Venner, Passaggio al Bosco edizioni, 2018, pp. 110, euro 10
Profetico, anche nella descrizione psicologica di certo ” ducismo” e delle sue conseguenze politiche
Sì, ma la “Comunità organica di popolo” come è possibile costruirla nei Paesi dell’Europa Occidentale sempre più multietnici, sulla via del meticciato globale? Dove finiscono le Nazioni? Mi pare un discorso teorico per una sostanza che esiste ogni giorno di meno… Se poi questo era inevitabile non lo saprei…
Le Nazioni finiscono quando non esiste organicità di intenti tra lo loro politica e la loro economia.
Gli Usa finiscono ( e finiranno) come Nazione egemone nel momento in cui , coerentemente con la loro intima natura, di fronte a sfide epocali come la battaglia sulla Ai demandando ai privati la ricerca e lo sviluppo delle nuove tecnologie
Oggi , giustamente la Stampa, riporta la paura degli Usa di perdere questa epocale sfida a favore della Cina che piaccia o no è ancora Nazione con un progetto a lunga distanza( ed i capitali per realizzarlo)
L’Italia, p es, perde il connotato di Nazione nel momento in cui permette alle aziende cinesi di partecipate allo sviluppo del 5G con il favore del nostro governo “sovranista”
Rimanere ancorati all’ etnia o alla omogeneità culturale per descrivere una Nazione è ,oramai, preistoria e politicamente inutile
Appunto, il futuro sovranista appartiene ad altri, Cina, Russia, forse Turchia. Brasile e India sono un guazzabuglio dismogeneo in tutto. Noi rischiamo di essere il nulla, né Italia come Nazione, né Europa in disfacimento (un condominio rissoso), una terra per sognare, portarci a spasso il cane, guardare il tempo che passa o delinquere, assai meno per progettare e lavorare…
Beh l’ uomo è fatto anche di sogni.
E sognare una Europa unita,coesa nella consapevolezza delle proprie radici e nella, inevitabile , necessità di essere un unico soggetto politico per la sua sopravvivenza dovrebbe essere l’ unico obbiettivo per i governanti europei. Altrimenti diventerà un luna Park od un museo per i nuovi ricchi della globalizzazione. Ma siamo ben lontani dallinvertire la rotta
Dipende da che cosa sogni. Non c’è in giro alcun vero desiderio di essere un soggetto politico europeo. Qui i sogni sono il reddito di cittadinanza, poi la tredicesima dello stesso, poi la 14ma, poi il suo aumento ecc… Non possiamo creare un futuro di anarcoidi sfaticati… Capitalismo duro, non finanziario, produttivo, senza ammortizzatori sociali: che il Governo incentivi quello.
Incubo ed in più fallimentare
C’è troppa gente che pensa di essere di destra solo perchè vorrebbe uno Stato paternalista che si occupi di ognuno dalla culla alla tomba! E chi paga?
Gli ultimi incolpevoli ed i più deboli non devono essere dimenticati da uno Stato con la maiuscola per il solo principio di una presunta efficienza.Uno dei confini oltre il quale muore una Nazione
Solo l’ efficienza non è di Destra (per semplificazione)