Avrei voluto scrivere di Thomas Evans, scriverò di Vincenzo De Luca. Avrei voluto riflettere sulle parole di un padre a cui è stato tolto un figlio, rifletterò sull’assalto destrorso che l’ex sindaco di Salerno vuol dare al Pd.
Tutto questo per una ragione molto semplice. Al di là della cornice di Atreju, al di là di come la si pensi sui temi etici e religiosi, la testimonianza del padre del piccolo Alfie Evans è così straziante che nessuno, almeno tra chi voglia dirsi ancora animato da un briciolo di umanità, riuscirebbe a frenare le lacrime.
Ma la questione che solleva Evans va molto al di là del gioco (vigliacco, sì, perché oltre a un tweet, a un post, a una scazzottata al bar che cosa abbiamo mosso veramente?) di emozioni e di bandiere. Non si parla di scelta né di coscienza. Stiamo parlando di libertà ovvero del rapporto tra diritto e individuo. Del confine tra Stato e persona e, quale corollario nel caso che ha straziato Gran Bretagna e il mondo, tra sistema giudiziario e famiglia.
Sarebbe questo un tema centrale per ogni democrazia che, avessimo un dibattito pubblico appena decente, dovrebbe essere trattato sì come merita. La morte di Alfie Evans avrebbe dovuto accendere, come una miccia, i cuori e le menti di chi – comunque la si pensi sull’eutanasia – non può non piangere la morte, il calvario patito da un bambino di appena due anni.
Ma è evidentemente troppo difficile. E qui ha ragione Vincenzo De Luca quando rampogna i dirigenti Pd: “Non ho mai sentito parlare una persona normale come voi”.
Lui, a differenza dell’evanescenza vagamente saccente dello Stato Maggiore democratico, mena mazzate comprensibili a tutti. Fin troppo chiaro quando parla di cose di estremo buonsenso. Lui centra tutte le caselle della comunicazione 2.0, entra nella “narrazione”, conquista consensi.
Ora però che è stretto dai sondaggi e ferito dalla figuraccia elettorale (a Salerno) raccolta alle elezioni dal figlio (poi ripescato col proporzionale), ha rispolverato la Stella dello Sceriffo, è ritornato a inseguire poveri disgraziati che chiedono l’elemosina ai supermercati. Come se la questione sicurezza si risolvesse con un lancio stampa e non con una programmazione politica e istituzionale.
Ma basta rivedere questo vecchio film, ripetuto in queste ore da più di un messaggio affidato dal suo staff ai social, per tornare a essere trend topic. Basta questo, alla politica e a chi di politica si interessa. Della libertà di cui sopra, dei temi che costringono a ragionamenti astratti e a usare parole strane, non interessa niente a nessuno. Dal suo punto di vista, De Luca è un campione e fa benissimo.
Ecco, se mi limitassi a scrivere di Alfie Evans al massimo potrei sperare in un commento non troppo duro di chi confonde la libertà di disporre di sé con la sentenza di un giudice; la scelta di curarsi con la convenienza a spendere o risparmiare soldi, pubblici o privati che siano. Non può essere uno scontro, e tale non è, tra chi (giustamente) non vuol vivere soffrendo perché glielo impone un prete e chi (altrettanto giustamente) non vuole morire perché glielo dice un giudice.
Insomma, nel gurgite vasto delle polemiche, non viene a galla il nocciolo della questione, la domanda profonda che traspare dalle lacrime di un padre straziato: è competenza dello Stato disporre della vita e della morte dei suoi cittadini? è giusto che un organo statale surroghi la famiglia in scelte definitive come quella che ha coinvolto il piccolo Alfie?
Evidentemente è un tema troppo difficile, sicuramente poco fruibile sui social. Meglio farsi una domanda in meno e offrire uno slogan in più.
Per questo oggi preferisco parlare di Vincenzo De Luca, lasciandomi cullare dal flusso delle notizie. E salutare in lui, a quanto pare da quello che leggo sui social, il nuovo vate della Destra italiana.