Il 18 agosto di 72 anni fa una violenta esplosione spezza oltre ottanta vite sulla spiaggia polesana di Vergarolla, dove la comunità italiana cerca di recuperare entusiasmo, gioia e felicità di vivere dopo una guerra disastrosa durata un lustro e nonostante gli echi della pulizia etnica titina.
A differenza degli altri capoluoghi dell’Istria e della Dalmazia, infatti, in quell’estate del 1946 Pola pare essere ancora immune al virus dell’odio razziale e ideologico degli agenti dell’OZNA, la polizia segreta della nuova Jugoslavia comunista. In fondo, l’occupazione da parte delle forze alleate della città è un elemento che rassicura la comunità italiana che da secoli vive nell’antica città adriatica.
Per anni dimenticata insieme alle più grandi tragedie delle Foibe e dell’Esodo, la strage della spiaggia di Vergarolla è tornata lentamente a galla grazie al lavoro di storici, ricercatori e anche diplomatici come l’ex Console Generale d’Italia a Fiume Renato Cianfarani che per l’intera durata del suo mandato non ha mancato di ricordare un evento così drammatico:
“Trovo doveroso da parte dell’Italia rendere omaggio alle vittime innocenti di Vergarolla, preservare la memoria di quanto accaduto e promuovere una migliore conoscenza delle vicende di quel periodo”.
Pagine di storia non del tutto scomparse, dunque, ma che purtroppo si limitano a sopravvivere fra una generale indifferenza per il passato prossimo dell’Italia, aggravata da una crescente ignoranza verso tutto ciò che non appartiene agli aspetti più immediati della quotidianità.
Vergarolla è parte dell’identità italiana e della cultura di un popolo che pare voltare le spalle ai capitoli più bui del suo passato, talvolta anche molto recente: d’altronde, se nell’arco di due anni quasi più si parla dei terremoti che hanno sconvolto il Centro Italia e Ischia, come si può sperare che il ricordo degli ottanta morti della strage polesana possa sopravvivere ancora a lungo?