Genova. Sono finiti i tempi in cui forma e sostanza andavano di pari passo, camminando anzi l’una sulle orme dell’altra. I selfie di Matteo Salvini ai funerali di Stato delle vittime del crollo del ponte Morandi hanno suscitato un caso vero e non una fake. Un caso però tutto da declinare con categorie attuali, perché stando ai protocolli del passato ci sarebbe ben poco da recuperare. Prima ancora dei politici, è stato infatti papa Francesco a sdoganare sin dentro le chiese una delle prassi più social dei tempi attuali, salvo poi pentirsene. Un gesto di estrema vicinanza ai fedeli, una “syncatabasis” tutta nuova, a cui Bergoglio spesso non è riuscito a dire di no. E lo si può comprendere facilmente. Il motivo è lui stesso a spiegarlo, appunto perché «i giovani lo preferiscono ad una stretta di mano».
La riflessione del papa – attenzione – è decisamente amara, tant’è che in più di una occasione ha tirato le orecchie ai più sull’uso dei smartphone durante i momenti sacri. Orecchie sorde, evidentemente. Basta andare su Google e mettere assieme la parole selfie e papa: la collezione di scatti è assai assortita e non solo di giovani immortalati accanto al vescovo di Roma, ma anche di leader di altre religioni e politici provenienti da più parti del mondo. Insomma, se neanche il papa riesce a far valere la propria autorità e ieraticità dinnanzi a una richiesta apparentemente innocua, come possono i politici frenare una valanga in piena senza perdere consenso.
La verità è che il selfie è espressione di un nuovo galateo (sicuramente poco aulico) le cui pagine sono ancora tutte da scrivere. Si tratta di un fatto da accogliere in quanto tale, anche se con tutto il beneficio d’inventario. In fondo chi si è stracciato le vesti davanti agli scatti del ministro dell’Interno era sicuramente dentro il medesimo crinale di propaganda denunciato a tutta forza contro il capitano padano. Anche chi ha messo in relazione lo stile di Salvini con quello di Sergio Mattarella ha commesso un errore di valutazione madornale, appunto perché l’asimmetria anche generazionale è incolmabile.
Il presidente della Repubblica si è espresso a gesti e parole come meglio non poteva, dosando al millimetro la vicinanza ai familiare delle vittime alla severità delle dichiarazioni rilasciate a margine della funzione. Tuttavia, l’applauso agli esponenti del governo è da valutare con attenzione. Sta lì la notizia, appunto perché in situazioni simili sono solitamente i fischi a farla da padrona. La memoria va intanto a un altro funerale, quello degli uomini della scorta del giudice Paolo Borsellino; quando Oscar Luigi Scalfaro e l’allora capo della Polizia, Vincenzo Parisi, furono sottratti a stento dalla calca. Ragioniamo anche su questo, ma ragioniamo.