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Home Politica

Il caso. Se Mainetti, editore del Foglio anti Lega-M5S, dà fiducia al nuovo governo carioca

by Liam Brady
11 Giugno 2018
in Politica
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Salvini e Di Maio

La storia è davvero sorprendente. Valter Mainetti, editore del Foglio, giornale ferocemente anti-governativo, ha scritto in prima pagina sul suo quotidiano per denunciare le campagne contro il premier Conte dei media italiani. Di fatto ha sconfessato la linea del direttore Claudio Cerasa, orfano del renzismo, speranzoso in un nuovo partito della nazione fondato da dem e azzurri. Cerasa ha presentato con spirito l’intervento dell’editore, ricorrendo a una citazione di Franco Battiato (il titolo è stato “La voce del padrone”) e poi ha replicato sul filo dell’ironia, rivendicando l’autonomia editoriale in nome di una identità corsara. Insomma un caso di scuola per l’editoria italiana, una fotografia del compromesso tra libertà del giornalista e orientamento dell’editore, ovvero di chi paga gli stipendi e copre le perdite della baracca a fine anni…

L’editoriale di Mainetti

Non si placa il forcing della maggior parte dei media italiani e soprattutto esteri contro il governo Conte. Dopo il giuramento al Quirinale del nuovo premier e dei suoi ministri ci si aspettava una tregua. Invece salgono di livello le critiche e gli sberleffi, come se l’esecutivo Lega-M5s sia destinato a frangersi entro poco tempo. Lasciando molti poteri e poltrone intatti. E ciò si spiega con la consorteria di interessi che unisce una parte della “vecchia’’ politica, la burocrazia finanziario-amministrativa e alcuni media. Li guida la convinzione che continuando a screditare il nuovo governo se ne acceleri la fine. E lo controprova la stessa bagarre, suscitata alla Camera nel corso del dibattito sulla fiducia, dalle parole del premier, che si riferivano al conflitto d’interesse. “Ciascuno ha un piccolo conflitto di interessi da risolvere’’ ha osato dire, cogliendo nel segno, anche se poi si è affrettato a scusarsi di non aver voluto accusare alcuno.

Chi si mette così strenuamente di traverso al radicale cambiamento di metodo e di obiettivi del governo Cinque stelle-Lega sembra però ignorare che un’alternativa a medio termine è quasi impossibile. Dato che l’opposizione attuale, Pd e Forza Italia, appare sempre più destinata a essere insignificante, sia nei numeri che nei contenuti. Un declino che diventa anche un inaspettato collante per la maggioranza che sostiene il governo Conte. E più la maggioranza è ampia e unita, come hanno dimostrato i voti di fiducia al Senato e alla Camera, più le elezioni si allontanano, più si prospetta una stagione ben difficile per quel sottobosco burocratico, finora vero potere e piaga di questo paese, che imprenditori e cittadini subiscono da tempo.

E’ vero. Nel “Contratto-Piattaforma’’ del nuovo esecutivo ci sono politiche economiche interne ed europee, una gestione dei flussi migratori e uno sviluppo di alleanze internazionali, che possono sembrare pericolosi, ma lo stesso presidente Conte ha inteso rassicurare, riferendosi alla necessità di una gradualità nel rispetto delle coperture finanziarie e della compatibilità con i tradizionali rapporti dell’Italia con le organizzazioni internazionali: bisogna augurarsi che il premier sappia far ragionare su questi punti i suoi azionisti di maggioranza.

La “rivoluzione” più importante e temuta è però quella che investe soprattutto le gerarchie di potere del paese, dagli ex politici agli ex sindacalisti, sparsi in innumerevoli consigli di amministrazione di enti simil-privati e pubblici. La débâcle dei partiti tradizionali per l’incapacità di innovarsi, come aveva previsto Aldo Moro, ha portato la politica a diventare succube di tali gerarchie. E di fatto impotente, come dimostra l’inefficacia degli ultimi governi nel rispondere alle richieste dei cittadini. Se conveniamo che occorra cambiare un ambiente che negli ultimi anni ha reso oggettivamente difficile le attività degli imprenditori e ha peggiorato la vita di tante famiglie, è doveroso dare un’apertura di credito a un presidente del Consiglio e nel caso, a Giuseppe Conte, che nelle sue “Comunicazioni’’ al Parlamento ha esordito sottolineando che “il ruolo e l’autorevolezza di Governo e Parlamento non possono basarsi esclusivamente sugli altissimi compiti che ad essi assegna la nostra Carta fondamentale, ma vanno conquistati giorno dopo giorno, operando con ‘disciplina e onore’, mettendo da parte le convenienze personali e dimostrando di meritare tali gravose responsabilità’’. Poi si continui pure nelle metafore e nella iperbole, se divertono qualcuno, e giustamente si valuti con occhio critico ogni pur minimo passo di questo governo, ma comunque, dopo avergli riconosciuto la dignità che ha creduto di attribuirgli il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

 

Valter Mainetti
presidente di Sorgente Group, proprietario della testata del Foglio

 


La replica di Cerasa

Valter Mainetti ha le sue idee, il Foglio ha le sue. Al proprietario della nostra testata piace il governo e dispiace l’opposizione, il rumore che giudica aggressivo dei media. A noi dispiace il governo e piace l’opposizione che ancora non c’è, magari senza indulgere a stupidaggini, con il senso di un’alternativa che va cercata e non è scontato trovare. Ovviamente rispettiamo le idee di Valter Mainetti, che è libero di esprimere qui quando vuole, e lui ha sempre rispettato le nostre, la nostra storia, la nostra identità corsara, liberale, eccentrica, sempre aperta al pluralismo degli interventi e delle opinioni, mai incerta sulla necessità di dire le cose come le pensiamo. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi a registrare un dissenso, e a considerarlo parte del gioco. Sarebbe facile e conformista dire che i nostri padroni sono i lettori. No. Chi rischia capitali per tenere insieme la baracca è il professor Mainetti. E’ padrone di una comunità di ribelli disciplinati, che non hanno bisogno di provocare perché ciascuno si considera da sempre dipendente di un editore e padrone di se stesso.

Claudio Cerasa

Liam Brady

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Tags: Barbadillocerasacontgovernoil fogliolegam5smainetti

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