Emiliano Mondonico non ha vinto scudetti, non è stato un grande giocatore e nemmeno un allenatore da Triplete. Ma ha conquistato i cuori di milioni di tifosi. Con la genuinità e con battute argute, unite ad una generosità e un temperamento umano che lo hanno reso unico. Ha fatto bene in panchina con la Cremonese e con il Torino, è stato memorabile anche con l’Atalanta, ma è nella parentesi granata che ha lasciato più tracce vive. Come quando, prima di un derby con la Juventus disse: “Noi siamo gli indiani contro i cowboy. Chissà che una volta gli indiani non vincano la loro battaglia”. Ecco, in questa frase, il profilo del ribelle, che sogna di sconfiggere i potenti e costruisce la sua esistenza coltivando l’aspirazione di capovolgere i pronostici e i dogmi immutabili.
La sedia al cielo
La sedia al cielo di Mondonico non è una bestemmia, come quella diventata famosa con la canzone di Ligabue, ma una reazione arcaica contro l’ingiustizia: tutto nasce da un rigore non fischiato in favore del Torino nella finale di ritorno di Coppa Uefa contro l’Ajax ad Amsterdam. Il Torino fu sconfitto, ma ci resta la forza morale di Mondo, che sollevando al cielo la cadrega ci ha donato uno scatto di sana e contagiosa ribellione. Una lezione di libertà. Dal calcio alla vita.
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