Le nostalgie sono come foglie d’autunno. Malinconiche, ingombranti, fastidiose. Inutili. Non a caso abbondano nella produzione editoriale destrista, un susseguirsi per lo più di ricordi caramellosi e vittimistici che, poi, esondano nel web con risultati patetici. Nulla di strano. È l’ennesima conferma della preoccupante regressione culturale ed esistenziale che da tempo affligge il “piccolo mondo antico” postfascista e postmissino. Una deriva sterile: alla lettura del futuro si preferisce il più rassicurante orto lapidario o le commemorazioni che (guarda caso…) diventano autocelebrazioni per i retori di turno.
Grazie al Cielo, ogni tanto, qualcuno scuote la polvere e rompe gli schemi. Aprendo le porte per una riflessione seria e un’indagine onesta sui tanti passaggi della destra italiana post-45. Una storia drammatica con poche vittorie, troppo delusioni e qualche bella intuizione.
È il caso del nuovo lavoro di Pietro Comelli sul 1977 visto e vissuto da destra. Il ricercatore triestino ha ripercorso — assieme a Luciano Lanna, Giovanni Tarantino e altri amici — l’esperienza del primo Campo Hobbit, il “mitico” incontro del giugno ’77 a Montesarchio, un posto sperduto e polveroso del Beneventano, delle “avanguardie politiche” del Fronte della Gioventù.
Al netto delle iperboli e delle strumentalizzazioni successive, l’evento rappresentò un sano corto circuito e un momento liberatorio per migliaia di ragazzi entusiasti e ribelli. In quei giorni discipline di partito e di “corrente” si annullarono e le gerarchie imposte — compreso Fini, neo segretario nazionale del Fdg — vennero ridicolizzate, azzerate. La “comunità militante”, termine vago quanto “caldo”, sembrò la soluzione per superare le logiche del partito — mai troppo amato — e immaginare una nuova politica. Illusioni.
Davanti alla freddezza della realtà, le dure repliche della storia di hegeliana memoria, i piccoli hobbit di Tolkien non bastarono. E nemmeno le canzoni — oggi inascoltabili ma, allora, emozionanti — e tantomeno le riflessioni sull’ecologia (Do you remember K. Lorenz?), le discussioni sulla condizione giovanile, sulla comunicazione e tante altre cose. Non servirono neppure la “Voce della Fogna” di Tarchi e le irriventi tammuriate dei gruppi napoletani. Gli anni di piombo — con il loro carico di morti, feriti, prigionieri, dolori — spezzarono presto molte delle speranze germogliate in quell’arido campetto campano. Il finale è noto.
Di quel tempo, di quell’esperienza lontana rimangono le fotografie di Almerigo Grilz e le grafiche di Ferdinando Parisella raccolte da Comelli nel suo bel libro. Scatti e immagini che narrano di un raro momento di gioia e d’allegria. Perduto come lacrime nella pioggia… (da destra.it)
*CAMPO HOBBIT 1977 di Pietro Comelli (Spazio Inattuale, Trieste 2017, spazioinattuale@gmail.com, Pgg. 128, euro 20)