Un solo dilemma mi affligge in questo fredda estate delle grandi intese. Gruppo Bilderberg o “Repubblica delle idee”? I giornali hanno dato via nei giorni scorsi al toto-invitati al grande incontro dei potenti della terra, gruppo mitico e gustoso per le affamate fauci dei complottisti. Allo stesso tempo si delineava lentamente il parterre degli illuminati che avrebbero retto le sorti della manifestazione culturale e politica che è un appuntamento fisso e ciclico del quotidiano La Repubblica, “La Repubblica delle idee”.
A chi donare lo scettro del comando, a chi affidare le sorti del nostro futuro traballante? Mentre le domande si insinuano nei lettori, fra manie di megalomanie massoniche e il contrastante desiderio di sentirsi parte del mondo dei migliori di scalfariana impostazione accade l’inatteso. Come fosse uno scambio di figurine dei calciatori. Si mischiano le carte come una qualsiasi partita a tresette. E ti ritrovi passaggi improvvisi di ospiti storici dal club dei potenti a quello degli ottimati di Repubblica.
È un continuo girovagare di celebrità politiche e intellettuali, un continuo sovrapporsi di ruoli. Così ti ritrovi spaesato. Cerchi certezze dove la sicurezza è un imperativo e ti ritrovi invece a leggere di un ministro accusato di non aver fatto il militare che offre ironicamente ai giornali le prove di essere stato un soldato con foto annessa in divisa. Ridando credibilità alle forze armate. Non fai in tempo a risentirti patriottico che le foto delle soldatesse israeliane in posa sexy ti ridanno la misura delle gerarchie nella tua vita. Un patriottismo erotico potrebbe essere l’unico buon compromesso.
Mi rivolgo così alle certezze sportive. Ma Mourinho ritorna al Chelsea, e si insinua il dubbio: a quando il ritorno di Mancini all’Inter? Per questo anno non avverrà, ma ho fiducia che in questa girandola di nomi e di posti, di incroci e di ribaltamenti tutto possa essere. Lo si potrebbe sistemare al Festival delle idee, nel frattempo, fra un incontro sulla Costituzione fatto dai soliti noti, una lezione su come cambia il mondo, su ciò che è giusto essere, fare e pensare. “Scrivere il futuro”, è il titolo del festival di Repubblica. Il problema è che a dettare ciò che bisognerebbe scrivere sono i professori che lo fanno già da un ventennio. E se fosse il momento di marinare la scuola? Se iniziassimo a usare un po’ di immaginazione? Semplicemente cercando di essere i protagonisti del racconto e non gli eterni alunni di una generazione che nei propri scontri paranoici ci ha impedito di gestire il nostro presente. E futuro, ormai pare.