Secondo Ernst Junger il bosco rappresenta la patria del ribelle, e certamente lo è stato oltre cento cinquant’anni fa per il Sergente Romano ed i suoi briganti, che tra la murgia di Gioia del colle si accamparono intenzionati a resistere all’esercito dei Savoia. Con un destino simile a quello dei trecento spartani di Leonida, anche questi ribelli vennero sopraffatti nel numero poiché traditi da un abitante locale ed oggi, nel luogo della loro ultima resistenza, sorge una stele posizionata lì dodici anni or sono.
Qui il sei gennaio di ogni anno si riunisce un gruppo di neoborbonici per onorare con una corona di fiori la memoria dei propri martiri, caduti per la propria terra al grido di “Viva ‘o Re” sotto le baionette dell’esercito sabaudo. Tra tabarri e vecchi fucili a schioppo, tutt’oggi in questo luogo sventola la bandiera del Regno delle Due Sicilie e della casata dei Borbone, quello che fu un tempo un regno florido e pacifico, come testimoniano le pagine che il nostro contemporaneo Pino Aprile ha dedicato negli anni all’argomento.
Certamente un modesto tributo per questi uomini che hanno incarnato il mito del waldganger jungeriano ante litteram, ma ad ogni modo un simbolo di continuità e di memoria per eventi spesso assenti o bistrattati a partire dai libri di scuola. Proprio l’idealismo ed il coraggio collegano il Sergente Romano e gli altri briganti ad un’altra resistenza, quella della Vandea durante la Rivoluzione Francese, entrambe figlie di radicati valori di tradizione che si contrapponevano alla “morte dell’anima” dell’Occidente.