Come diceva il buon Marco Antonio (o, quantomeno, come mastro William gli fa dire), “Ora, o malanno, tu sei combinato”. Non che il presidente Mattarella sia Marco Antonio (o, quantomeno a me, impenitente cesariano e quindi marcantonista, comunque antiottavianista, non sembra esser tale), ma la data del 4 marzo per le elezioni è fissata. Io non sono stato interpellato: d’altronde, non è che dovessi esserlo. Il fatto è che il 4 marzo sono obbligato a stare a Parigi, e votare è un diritto, non un obbligo. Verrò quindi meno a quello che considero comunque un obbligo morale: presentarsi al proprio seggio, ritirare la scheda elettorale e quindi riconsegnarla. Quel che ci scrivo o non ci scrivo dentro è affar mio. Forse sarebbe il caso di proclamare l’astensione dal voto per protesta: un dovere morale, a questo punto. Ma non sarebbe efficace: anzi, a meno che le astensioni volontarie dal voto per protesta non fossero ufficiali e di massa, superando il 50% più 1. Quello sì che sarebbe un vero Nuovo Giuramento della pallacorda, una Nuova Bastiglia: da lì comincerebbe la rivoluzione. Ma non ve ne sono le condizioni obiettive. Scegliamo quindi il male minore.
Farò di tutto per andare a votare. Non posso rimpatriare per l’occasione: ma, se la normativa me lo consentirà, voterò a Parigi. E, se voterò, non voterò scheda bianca come faccio da molto tempo non per partito preso ma per necessità, non sentendomi rappresentato da nessuna delle parti politiche in gara. Del resto, molto probabilmente voteremo di nuovo in autunno (a scanso di equivoci: non ho votato nemmeno per Renzi, quando divenne sindaco di Firenze: lo avrei fatto, feci campagna elettorale per lui, ma a quel tempo ero cittadino pratese e impossibilitato quindi a votare per le amministrative fiorentine; votai, invece, per lui al tempo del referendum, non perché il programma del “Sì” mi piacesse, ma perché ero convinto che interrompere la sua esperienza di governo, che per molti versi disapprovavo – jobs act, “buona scuola” eccetera –, fosse comunque per il paese un male peggiore che non consentirgli di continuare: in tempi normali (ammesso che questi lo siano) la continuità di governo mi appariva importante.
Dico tutte queste cose in quanto sto per darVi un consiglio elettorale: desidero, quindi, che sia chiaro da che parte esso provenga, e che a darVelo è un buon cittadino, comunque si giudichino le sue scelte.
In quanto tale, come tutti Voi ben sapete, ho da tempo scelto di appoggiare la “Lista del Popolo”, il programma della quale ho in qualche misura contribuito a costruire. Ho scelto altresì di non candidarmi: è bene che si candidi chi fa il “lavoro” del politico, o chi s’impegna a fare quello e solo quello almeno per il tempo delle legislatura in caso di elezione. Ciò costituisce, per ragioni che in buona parte sono strettamente personali e familiari e che per quelle professionali (e pubbliche) ho già chiarito su questo blog, una scelta moralmente e civicamente necessaria, quindi immodificabile e irreversibile salvo eccezionali circostanze. Io non sono un politico e non potrei mai impegnarmi a far solo quello sia pur soltanto per alcuni mesi. Io faccio lo studioso e il pubblicista: due impegni che in qualche misura si sovrappongono e che in tempi ordinari, con l’esercizio attivo della politica non sono compatibili: per ragioni di tempo e di libertà. Stimo di servire la causa comune di tutti noi meglio se mi tengo al di fuori (non al di sopra: per carità!) del ring elettorale che se accettarsi di accedervi con tutto il mio carico d’inesperienza e di riserve mentali. Meglio che ciascuno di noi faccia al meglio quello che sa fare. A proposito poi di ambizioni “pubbliche”, di “visibilità”, chi di noi non ne soffre, nell’attuale “società dello spettacolo”? Nemmeno io sono Biancaneve: ma valga il vecchio ne nos inducas in tentationem (se non addirittura l’altrettanto vecchio vade retro).
Appoggio pertanto la “Lista del Popolo”, riservandomi un eventuale giudizio sui candidati che essa proporrà (ma già sapendo che alcuni di essi godono della mia massima fiducia e se sarà il caso mi permetterò di segnalarVeli). La “Lista” non è un partito, né mi risulta abbia intenzione di diventarlo. Se lo diventerà, paleserò con l’onestà, la franchezza e la lealtà che mi sono abituali (sono tra le pochissime doti che mi riconosco e so per certo che nessuno può in buona fede contestarmele) quale sarà al riguardo il mio parere.
Vi presento quindi gli impegni-base, diciamo pure i 16 punti programmatici che approvo: alcuni incondizionatamente, altri comunque con piena coscienza e senza ragione per esprimere riserve su nessuno di essi, magari con la volontà di precisarli e di migliorarli. Ovviamente, dove si parla di “economia del benessere” – espressione che potrebbe sembrar ambigua e indurre in errore – deve intendersi “benessere sociale”, quel che in inglese è welfare ma che nel latino di san Tommaso, derivato indirettamente dal greco di Aristotele, sarebbe bonum commune.
Ovviamente, questa è una base di partenza: ed è imperfetta, perché se si cerca la perfezione non si parte mai. In itinere, ci si corregge. Ma sia chiaro che per quanto mi riguarda non cadrò in due tipi di trappola: la questione confessionale e quella diciamo così civico-morale. Mi spiego meglio. Per quanto mi riguarda, finché l’esperienza della LdP rimarrà in piedi, non voglio sentir parlare né di rapporto fra cattolici e laici, né di questioni religiose di sorta. E’ evidente che l’adesione a una fede religiosa non è mai semplicemente una “questione intima e individuale” e che essa ha un immediato riscontro nel sociale e nel pubblico. Ma certe cose ciascun credente o non credente dovrà risolverle da solo, senza permetter loro d’intralciare pregiudizialmente un esperimento di rinascita civile. Stesso discorso per gli pseudoproblemi, ormai largamente nominalistici, tipo fascismo-antifascismo e comunismo-anticomunismo. Per quanto mi riguarda, e se dipendesse da me, il primo che nel contesto di LdP agitasse la pregiudiziale anticomunista e/o antifascista andrebbe cacciato a pedate; e, se ciò non avvenisse, mi ritirerei io dalla partita. Se essere antifascisti e/o anticomunisti è un valore, ciò si misura sul piano delle scelte concrete, non delle dichiarazioni di principio (anche perché sappiamo tutti benissimo che quei valori o disvalori o controvalori si manipolano come si vuole). Esempio: io sono del fermo e inflessibile parere che in ogni scelta l’interesse pubblico debba prevalere senza eccezione alcuna su quello (-i) privato (-i). E non m’interessa affatto stabilire se questo principio sia o no antifascista o anticomunista. Il resto sono chiacchiere: punto e basta.
Vorrei infine precisare, a proposito dello spazio elettorale ragionevolmente prevedibile per l’affermarsi della LdP, che anche riguardo a ciò il primo obiettivo di chi l’ha concepita è di natura civica. “Togliere” o “strappare” pochi o molti voti ai partiti in lizza non è poi importante: fondamentale sarebbe agire sul più grande partito degli italiani, quello di chi non va a votare oppure ci va ma vota scheda bianca o nulla. Quando ciò dipende da una scelta derivante da insensibilità politica, nulla da eccepire: sappiamo tutti che le cose vanno male anche perché c’è una parte della nostra società che ragiona così e nella quale ignoranza e insensibilità prevalgono. Ma quando ciò accade perché – come in fondo anche nel mio caso – l’elettore non trova obiettivamente e onestamente chi lo soddisfi e possa ragionevolmente rappresentarlo, ecco allora che la LdP può rispondere a qualche esigenza o, più umilmente, può essere una carta da tentare. Molto dipenderà ovviamente da chi essa sarà in grado di schierare tra i candidati: la “squadra” è la vera grande sfida. Chi ben comincia è alla metà dell’opera: una buona squadra è già di per sé una mezza vittoria.
A partire dal prossimo MC, che sarà il primo dell’anno che viene, vorrei pubblicare le Vostre impressioni sui 16 punti programmatici della LdP, due a settimana (arriveremo pertanto, occupando otto settimane, alla fine del febbraio, esattamente alla vigilia delle elezioni). In particolare, vorrei ricevere ogni settimana i puntuali commenti – anche molto brevi – di: Silvia Agnoletti, Giovanni Armillotta, Alessandro Barbero, Ugo Barlozzetti, Marco Barsacchi, Alessandro Bedini, Anna Benvenuti, Massimo Bernardini, Daniela Bolognesi, Luca Bressan, Massimo Cacciari, Monica Centanni, Enzo e Guglielmo Cevolin, Luigi Copertino, Luigi De Anna, Manlio Dinucci, Fabrizio Fabbrini, Eleonora Genovesi, Alessandro Fiorini, Amerino Griffini, Monica Guerritore, Alfonso Lagi, Luca Mantelli, Massimo Miglio, Adolfo Morganti, Antonio Musarra, Peppe Nanni, Renzo Nelli, David Nieri, Moni Ovadia, Irene Pivetti, Davide Riondino, Gloria Roselli, Francesco Ruocco, Ilaria Sabbadini, Mahmoud Salem Elsheikh, Franco Salerno, Marco Tarchi, Lucia Testi Goggioli, Sergio Valzania, Stenio Solinas, Alessandro Vanoli. Si tratta di una lista di persone che stimo e/o che mi sono amiche, senza riguardo alcuno né per l’indirizzo politico di ciascuno di loro, né per i loro reciproci rapporti (altre ve ne sarebbero, ma per motivi vari di opportunità preferisco non inserirle in questa lista). Gradirei che ciascuno di loro mi desse al riguardo un pregiudiziale assenso o declinasse l’invito. Pubblicherò volentieri anche commenti anonimi, o coperti da anonimato, purché corretti, pertinenti e non gratuitamente elogiativi o offensivi (elogi oppure offese, qualora motivati, saranno ammessi). Vi ricapitolo i termini dell’iniziativa: entro il 7 gennaio attendo dai singoli sopra nominati un assenso all’iniziativa e un commento ai primi 2 punti del programma della LdP. Ovviamente pubblicherò – a mia volta senza commento – solo quelli che mi saranno pervenuti con esplicito permesso di pubblicazione (non pubblicherò quelli che mi perverranno con vincolo di rapporto solo privato con me). Quindi, nessuno si senta obbligato a nulla e tutti liberi di tutto.
Ecco pertanto il programma. Saluti ed auguri.
Il sito: http://www.listadelpopolo.it