Maledetti, così vengono definiti quanti, uomini e donne di cultura, hanno simpatizzato per il fascismo italiano e per il nazionalsocialismo, estasiati dalle personalità carismatiche di Benito Mussolini e di Adolf Hitler. Il pittore Mario Sironi e il futurista Filippo Tommaso Marinetti, ad esempio, affiancarono il Duce già nel 1919 quando fondò a Milano i Fasci di Combattimento. Altri, come lo zoologo austriaco Konrad Lorenz, compresero più tardi la portata storica del fascismo o del nazionalsocialismo, aderendovi con piena convinzione. Pagarono a caro prezzo queste simpatie politiche, come accadde al poeta inglese Wyndham Lewis, che venne totalmente escluso dal mondo accademico anglosassone: non bastò la simpatia di esponenti autorevoli della cultura europea per salvarlo dalla gogna mediatica. Morì isolato e denigrato dall’opinione pubblica.
Attori, poeti, architetti e docenti universitari, spesso volti noti dell’élite intellettuale italiana o tedesca si iscrissero al Partito Nazionale Fascista e a quello nazista. Altri, invece, non presero mai la tessera di partito, preferendo restare dei sostenitori esterni. Non si trattò di puro opportunismo, per avere cattedre universitarie o privilegi, perché seguirono il Duce o il Fuhrer fino alla fine, anche quando la seconda guerra mondiale si era conclusa a favore degli anglo-americani e dei russi. Accettarono, tragicamente, di non cedere ai ricatti, tanto da subire prima e dopo la fine del conflitto la vendetta dei vincitori. Il poeta americano Ezra Pound e il norvegese Knut Hamsun, ad esempio, nonostante il successo letterario, vennero ritenuti pazzi e furono rinchiusi in manicomi giudiziari. Pound fu internato per tredici anni in un ospedale psichiatrico, subendo le conseguenze di un processo iniquo e puramente vendicativo.
“Dalla parte sbagliata della Storia”, è il sottotitolo del pregevole saggio di Andrea Colombo, I maledetti. Dalla parte sbaglia della storia (Lindau, 2017). Lo storico, già noto per importanti studi su Ezra Pound, racconta la persecuzione politica e giudiziaria degli esponenti della cultura europea e internazionale accusati di aver stimato eccessivamente Mussolini o Hitler. Negli anni della Belle Epoque o del primo dopoguerra la crisi dell’Occidente è evidente, nonostante i proclami ottimisti. Vengono meno le certezze di un tempo e sono gli intellettuali a registrare per primi questo stato di cose. La consapevolezza della decadenza si accompagna alla necessità di una rigenerazione in toto della civiltà occidentale. Scrittori, quali il francese Céline, o studiosi, come Mircea Eliade, intravidero nei fascismi europei la soluzione ai mali della modernità. Così si spiega l’adesione al nazionalsocialismo del filosofo tedesco Martin Heidegger e dello zoologo austriaco Konrad Lorenz o le simpatie di Emil Cioran per le Guardie di Ferro di Codreanu. Il francese Robert Brasillach venne condannato a morte senza possibilità di esser graziato, nonostante le proteste di Albert Camus o di Paul Valery. Il generale Charles De Gaulle rimase impassibile di fronte alle loro incessanti richieste di scarcerazione e il giovane Brasillach accettò stoicamente il suo destino, rimanendo impassibile di fronte al plotone di esecuzione. Non aveva commesso crimini efferati, ma le sue opere, secondo l’accusa, giustificavano pienamente quanto era accaduto in Francia durante l’occupazione tedesca. Anche le donne subirono il fascino del nazionalsocialismo o del fascismo, come l’attrice Leni Riefenstahl. Sulla sua persona la pubblicistica americana riversò scandali costruiti ad hoc per screditarla e per punirla della sua amicizia con il Nemico. Al filosofo italiano Giovanni Gentile toccò un finale diverso da tutti gli altri. Nonostante la notorietà e l’amicizia con diversi esponenti dell’antifascismo culturale, pur non avendo mai partecipato ad azioni criminose, i partigiani sentenziarono la sua condanna a morte senza un processo regolare. Venne assassinato a sangue freddo a Firenze il 15 aprile 1944.
I Maledetti di Andrea Colombo, Edizioni Lindau. 263 pagine, 21 euro.
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