Papa Francesco è un pontefice che fa molto parlare di sé per le sue affermazioni che spesso incendiano e dividono i dibattiti. Eppure Bergoglio, quando non può essere tirato per la giacca dai soliti noti del politicamente corretto – che prendono solo degli estratti delle sue frasi e, decontestualizzandole, le strumentalizzano secondo le proprie convinzioni ideologiche nonostante stridano con le reali intenzioni del Pontefice e con il magistero della Chiesa cattolica – magicamente scompare dalle tutte le pagine dei giornali. È il caso dell’omelia tenuta martedì 21 novembre a Santa Marta, dove ancora una volta Bergoglio ha denunciato il pericolo delle «colonizzazioni ideologiche e culturali» che distruggono le identità e che vengono paragonate a vere e proprie «bestemmie» che suscitano «persecuzioni».
Secondo papa Francesco, «un altro motivo di persecuzione è puramente culturale: viene una nuova cultura che vuole fare tutto nuovo e fa piazza pulita delle tradizioni, della storia, anche della religione di un popolo». Non è la prima volta che il pontefice marca l’importanza delle identità come ostacolo al nichilismo, già ebbe a dire che «Una cultura sradicata, una famiglia sradicata è una famiglia senza storia, senza memoria, senza radici, appunto. E quando non ci sono radici, qualsiasi vento finisce per trascinarti»; e ancora, «Non c’è peggior alienazione per una persona di sentire che non ha radici, che non appartiene a nessuno» (leggi qui tutto il nostro articolo).
Facendo riferimento alle letture liturgiche, ieri Bergoglio ha continuato la sua riflessione: «Alcuni vedendo il potere e anche la bellezza magnifica di Antioco Epìfane, anche la cultura che veniva da quella parte, hanno detto: “Andiamo e facciamo alleanza con le nazioni che ci stanno attorno, siamo moderni, questi hanno una modernità più grande, questi sono proprio ‘al giorno’; noi andiamo con le nostre tradizioni, che non servono a niente». Un ragionamento, quest’ultimo, che si rincorre sempre più spesso sulla bocca di molti ma che non sembra convincere il Pontefice il quale ha denunciato come «questo popolo [d’Israele] che era nato, che era cresciuto attorno alla legge del Signore, all’amore del Signore, tramite i suoi dirigenti, fa entrare nuove istituzioni, nuova cultura che fanno piazza pulita di tutto, di tutto: cultura, religione, legge, tutto. Tutto è nuovo».
Non tutto ciò che è nuovo, però, è anche buono. Lo sa bene il Papa che ha definito la «La ‘modernità’ [è] una vera colonizzazione culturale, una vera colonizzazione ideologica», che «alcuni accettarono perché sembrava buona la cosa: ‘No, ma è vero, dobbiamo essere come gli altri’» perché «questa gente che arrivava alle nuove istituzioni caccia via questo, toglie le tradizioni e il popolo incomincia a vivere in modo diverso». Una consapevolezza che, secondo papa Francesco, si deve tradurre anche in una buona resistenza proprio «per difendere la storia, per difendere la fedeltà del popolo, per difendere le tradizioni, le vere tradizioni, le buone tradizioni del popolo, si fanno resistenze, alcune resistenze». Tradizioni che sono identità e distinzioni nel solco non dell’esclusione, come sostengono i sacerdoti del politicamente corretto, ma del dialogo, dell’incontro e del confronto che crea crescita e prospettiva: «Ieri le differenze erano chiare – continua Bergoglio – come ha fatto Dio, la creazione si rispettava; ma oggi siamo un po’ moderni: tu fai, tu capisci, le cose non sono tanto differenti e si fa una mescolanza di cose», ma «la novità di Dio mai fa una mescolanza, mai fa un negoziato; è vita, va di fronte, è radice buona, fa crescere, guarda il futuro».
Questa visione è assolutamente opposta alle «colonizzazioni ideologiche e culturali [che] guardano soltanto il presente, rinnegano il passato e non guardano il futuro: vivono nel momento, non nel tempo, e per questo non possono prometterci niente», e addirittura «con questo atteggiamento di fare tutti uguali e cancellare le differente commettono, fanno il peccato bruttissimo di bestemmia contro il Dio creatore». Perciò, ha ricordato Francesco, «ogni volta che arriva una colonizzazione culturale e ideologica si pecca contro Dio creatore perché si vuole cambiare la creazione come l’ha fatta lui».
Insomma, ieri papa Francesco ha inferto un colpo impertinente che se è passato inosservato fra i media italiani, certamente non può non essere colto e rilanciato da chi fa dell’identità un valore ed un impegno, a prescindere dai propri convincimenti religiosi.