Le notti che precedono il Natale “sono intensamente erotiche”.
Lo ripeteva Gabriele d’Annunzio, e non con intento blasfemo, anzi: il poeta de Il Piacere descriveva l’intimità, il raccoglimento e l’esaltazione del desiderio carnale in un contesto tutto di ceppi messi ad ardere nel camino e di affrettati ritorni tra le mura di casa, infreddoliti, vogliosi di baci, dopo avere assolto alle Novene.
E’ diventato un caso politico la citrulla pensata di chissà chi, a Milano – domenica pomeriggio, al teatrino di via Mattei – di organizzare la Grande Festa delle Buone Feste dell’Istituto scolastico “Italo Calvino” per scongiurare le “scenette di Natale” degli alunni.
La parola “Natale” nascosta come la polvere sotto il tappeto svela l’ansia di correttezza degli educatori che trova eco nella mobilitazione, ogni anno immancabile, di chi ne approfitta per fare proiettili del Bambinello e della Mangiatoia.
Come se la guerra al Santo Natale la facessero gli immigrati mussulmani, sempre là si va a parare, oltretutto discendenti dei pastorelli del presepio – tutti palestinesi – dimenticando l’automatismo laicista che, con dispiego di forze, sta mirabilmente riuscendo nell’opera di desacralizzazione del popolo.
Non è, questo della scuola “Calvino”, un tic d’ossequio all’integrazione tra bambini provenienti da molteplici comunità, al contrario: è un lapsus. Rivela un sentimento diffuso di oggi se la parola “calvario” invece che un moto di pudore, per esempio – figurarsi in quanti può rammemorare il sacrificio di Gesù – si usa fuor di proposito, anche per descrivere le sofferenze degli animali nei mattatoi.
Molto più rispettoso, allora, è quel Cardinale quando ammira il decolleté di una signora con una croce pendente al collo, cerca un complimento – il più inopportuno – e dice: “Bello il crocefisso, ancora più bello il Golgota.” Quantomeno nomina il Golgota diventato ormai – nell’orizzonte occidentale – il non-luogo per eccellenza.
La secolarizzazione, e cioè quel procedere del disincanto, s’invera nella benevolenza propria della società aperta. E’ il credere che l’essere di ogni essente sia il nulla, a strappare alla terra dove brulicano uomini e cose ogni segno dell’Eterno.
Il danno che fa al Bambinello un Babbo Natale privo di ogni segno di Dio è devastante più delle lenzuola di seta nera del Vate ma, appunto: Eros è consanguineo al Sacro quando si fa carne e le comunità plurali, intrise di archetipi incontrano il tempo storico grazie al sudore che affratella istinto e meraviglia.
La stessa emozione che scatena l’incanto in ognuno di noi, bambino, davanti al Presepio.
Lo stesso scuotimento che pervade, eroticamente, ogni singola anima in preghiera, in estasi, in processione; come nei reportage letterari e fotografici di Ferdinando Scianna e Leonardo Sciascia dalla Settimana Santa. Tutti di Passione. (da Il Fatto Quotidiano)