Ecco, arrivati qui, sulla cima dei nostri monti, nello spazio sacro dove gli antenati costruirono un tempio di pietra bianca, arrivati qui sembra di stare in un altro mondo. Tra terra e cielo. E ti viene in mente che una volta un antropologo, esploratore, Giuseppe Tucci, uno che andava spesso in Tibet e in Nepal, guardandosi intorno, in quelle terre lontane e osservando i bambini che giocavano con i vecchi in un villaggio dignitosamente povero e splendidamente felice, fece questa riflessione: “Noi corriamo che ci manca il fiato, loro hanno il tempo per dimenticare il tempo”.
Il tempo per dimenticare il tempo. Di cosa di più avremmo bisogno, se non di questo. E’ roba che non si paga con tutte le ricchezze del mondo. Il luogo dove hai il tempo per dimenticare il tempo.
E’ questo il nostro altrove, quello la cui ricerca merita sempre un’avventura, grande o piccola. In fondo però non bisogna andare in Nepal per trovarlo. Per trovare il tempo che ti fa dimenticare il tempo basta camminare per Appennini, basta vivere nostri piccoli monti altrove.
Perché, dopo tanti anni di progresso, di industrializzazione di costruzioni e di distruzione, alla fine cosa ci rimane? Ci rimane questo. I nostri monti, il nome dei nostri monti, gli scarponi per calpestarli, i nostri sensi per entrare in contatto con loro e la nostra voce per…