«C’è un criterio per decidere se un film è pornografico o no, ed è basato sul calcolo dei tempi morti». Così parlò Umberto Eco. Tutt’altro che morto sarà il tempo che dedicherete – per chi non l’avesse già letto – a “Fenomenologia di YouPorn” (Miraggi edizioni), libro godibile che non è pornografico ma di pornografia si occupa. Potremmo definirla, semmai, la riflessione semiseria del giovane autore – prendete nota del nome, Stefano Sgambati, perché ne risentirete presto parlare come romanziere per Minimum Fax – attorno alla storia della liberazione sessuale attraverso il mouse. «Una libertà che ci ha condotto a una nuova prigionia – scrive con la necessaria autoironia Stefano – ma pur sempre libertà. E ce la siamo fatta col materiale a disposizione: i nostri nonni a colpi di baionette, i nostri padri a suon di lauree e investimenti sicuri. Noi grazie al World Wide Web».
Difficile spiegare a chi è cresciuto senza avere internet disponibile h24 quanto fosse difficile farsi una adeguata “cultura” pornografica. No internet, no porno? Più esattamente: no porno, no internet. Perché è grazie al porno – alla domanda di porno, se possiamo dire così – che abbiamo avuto connessioni più veloci, stabili ed efficienti, se eserciti di informatici hanno sviluppato tecnologie sempre più sofisticate per streaming video, e-commerce, chat e tutte quelle diavolerie che rendono tutto accessibile o almeno ce ne regalano l’illusione.
Un terzo del totale delle pagine web, oggi, è a contenuto pornografico. Ma non è stato sempre così. Già, c’è un prima e un dopo. E la storia ce lo ha insegnato: tra il prima e il dopo accade qualcosa, qualcosa che cambia la vita delle persone. Come ha scritto Alessandro Baricco, «straordinario produttore di cinepanettoni letterari», tutti ci ricordiamo dove eravamo l’11 settembre del 2001. Allo stesso modo, c’è un video «iniziatico» che segnò uno spartiacque radicale nel pruriginoso ma sino a quel momento fondamentalmente ingenuo immaginario erotico giovanile.
Chi all’epoca aveva vent’anni o giù di lì sa esattamente dov’era quando “Forza Chiara da Perugia” arrivò direttamente a casa, senza intermediazione alcuna. Girato in un indefinito giorno d’estate tra il 2002 e il 2003, il video mostrò al mondo intero una ragazzina ripresa dal fidanzato mentre fanno l’amore. Una videocassettaccia a dir poco amatoriale, che violando l’intimità della “protagonista”, spalancò una prima rudimentale via a quella fruizione pornografica online che trionferà anni dopo proprio con YouPorn. «Tutto questo succedeva e stava succedendo grazie allo sdoganamento globale dei costumi sessuali sul web».
A dirla tutta, il Grande Fratello, da questo punto di vista, era arrivato prima e già nella prima edizione, risalente al 2000, aveva (intra)visto il rimpianto Pietro Taricone castigare, si fa per dire, Cristina Plevani. Niente di paragonabile, però, a “Forza Chiara”. «Non c’era la Bignardi, non c’era il televoto, c’eravamo solo noi e i nostri pugni chiusi, non c’era nemmeno una persona che si sarebbe arricchita da tutto quello. Quanto stavamo facendo, forse, era immorale, sbagliato, ma non ce ne poteva fottere di meno, perché nessuno di noi possiede l’indole del ladro finché non si ritrova, indisturbato, nella camera da letto della zia, finché gli è precluso il cassetto della biancheria della sorella maggiore del compagno di banco».
Internet ci rende stupidi? Siamo tutti malati? Sgambati (si) pone le domande e (si) risponde. Ipocondriaco all’ennesima potenza, l’autore si sottopone al famigerato test psicologico sulla dipendenza sessuale, superandolo brillantemente, e a una serie di incontri con un medico specialista. Sedute non da paziente, sottolinea, ma finalizzate alla migliore comprensione dell’argomento affrontato nel libro. Sedute da cui l’autore viene assolto per insussistenza di prove e YouPorn riabilitato, quasi nobilitato: «Se siamo ancora vivi, se non ci siamo drogati di più, lo dobbiamo alla virtualità, al fatto che non solo ci siamo ritagliati una realtà alternativa in cui fuggire e riversare i nostri sogni – visto che in questa non c’era verso – ma l’abbiamo riempita di fica facile».
Il libro è un divertentissimo viaggio a luci rosse: da “Forza Chiara” al più recente video porno di Belén Rodriguez, cui Sgambati dedica una rigorosa analisi filologica e poststrutturalista. Tanto più sconvolgente perché ha per protagonista non una ragazza comune ma un’icona sexy, sia pure ripresa qualche anno prima di diventare famosa. Sgambati ci dimostra, tuttavia, che per quanto possa essere desiderata da gran parte degli italiani, parliamo quantomeno della totalità degli etero, essere l’uomo della modella argentina rappresenterebbe un “lavoro” a tempo pieno, una fonte inesauribile di stress, un’impresa insostenibile per chi non ha il requisito, necessario quanto raro, di «Sentirsi Perfettamente a Proprio Agio In Ogni Situazione». Il gioco, in conclusione, potrebbe non valere la candela. Pertanto lunga vita al web, ne conclude l’autore, che ci ha fatto questo inatteso regalo senza chiederci nulla in cambio. Ci siamo fatti prendere la mano? Be’, una cosa è certa: non siamo diventati ciechi.
* “Fenomenologia di YouPorn” di Stefano Sgambati, prefazione al libro di Enrico Remmert; postfazioni di Gaja Cenciarelli, Carolina Cutolo e Roberto Moroni, pp144, euro 14,90, Miraggi edizioni
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