È un dualismo nato per caso, tra due amici che si conoscono da tempo. Ma è destinato a durare. Eccome. In fondo Matteo Renzi lo ha pure ammesso: «Se faccio il segretario del Pd dovrò per forza di cose brigare contro Letta». La sincerità del sindaco è riconosciuta, dice quello che pensa. Proprio per questo il presidente del Consiglio Enrico Letta è costretto a guardare con attenzione e preoccupazione ai movimenti renziani. E nel Pd il tema dei prossimi mesi sarà proprio questo: come far coesistere “Enrico” e “Matteo”?
Perché al di là della candidatura o meno alla segreteria del partito, sulla quale comunque Renzi sta riflettendo dopo aver sempre smentito qualsiasi interessamento, la posizione del rottamatore è alquanto scomoda in questa fase. E non può essere altrimenti. Ovvio che qualsiasi discorso sul futuro non possa prescindere da lui, a sinistra. Tuttavia la storia del governo Letta e delle larghe intese è ancora da scrivere e il finale, quando sarà, può riservare sorprese. Dopo un inizio complicato infatti, complice la condanna di Berlusconi e la manifestazione antigiudici del Pdl a Brescia, il governo è riuscito comunque a tracciare un percorso, sebbene lungo e tortuoso, per le riforme costituzionali. Che sono la vera polizza sulla vita dell’esecutivo. Ieri addirittura il consiglio dei ministri ha licenziato la proposta sull’abolizione graduale dei rimborsi elettorali, provvedimento su cui il premier ha più volte detto di giocarsi la faccia.
Insomma se le cose per il governo dovessero mettersi bene, al netto dei capricci di Berlusconi e della congiuntura economica, la leadership di Enrico Letta può uscirne rafforzata tanto da poter addirittura insidiare un domani quella di Renzi. Sono discorsi prematuri, probabilmente, ma uniti al compattamento del fronte governativo del partito che va dal segretario Epifani al ministro Franceschini fino al capogruppo Speranza, è evidente come la partita per il sindaco è tutta da giocare e come la preoccupazione di Letta, nei confronti di Renzi, è più che ricambiata.
Così ora è Renzi a dover decidere se gli convenga o meno scendere subito in campo per la segreteria del Pd o attendere il secondo tempo della premiership. Si, ma quando? È evidente a tal proposito la sua impazienza quando lamenta l’eccesso di liturgia democristiana messa in campo dal governo in questa fase. «Fare bene è meglio che fare presto», gli ha prontamente risposto Guglielmo Epifani. Eppure c’è da giurarci che non la smetterà di stuzzicare Letta, il governo e il Pd. Il sindaco fa sul serio e si sente in campo a tutti gli effetti. Così dopo aver aperto un ufficio a Roma nella Galleria Alberto Sordi, proprio di fronte Palazzo Chigi, con la scusa della presentazione dell’ultimo libro Oltre la rottamazione Renzi si appresta a girare l’Italia. Proprio come fece nei mesi precedenti le primarie dello scorso novembre. Su chi sarà il bersaglio dei suoi comizi si accettano scommesse.