Il 13 ottobre i maggiori quotidiani romani hanno raccontato l’avvistamento di una volpe a Villa Doria Pamphilj. I responsabili dell’Associazione per Villa Pamphili hanno denunciato su Facebook lo stato di degrado dell’area verde: l’ingente quantità di rifiuti sparsi per il parco attira continuamente animali selvatici in cerca di cibo. Dopo i cinghiali, adesso le miti volpi osano avventurarsi in ambienti antropici, sperando di trovare riparo e facile nutrimento.
La volpe, tra il bene e la lussuria
Le culture orientali hanno sempre avuto un grande rispetto della volpe. Era un animale molto amato ed era considerata una creatura benevola e vicina alle divinità. Nell’Occidente pagano e cristiano il colore rossastro della sua pelliccia richiamava il desiderio peccaminoso, la sensualità più abietta e la furbizia. Nel Medioevo e in pieno Rinascimento le volpi erano cacciate e alle volte bruciate vive, perché considerate servi del Diavolo.
La volpe e le tradizioni
In Giappone la volpe era un animale sacro, propiziatore della pioggia, messaggero di Inari, dea del riso, e protettore dal male. Nelle Americhe assumeva due caratteri distinti. Per le tribù indiane del Nord era una creatura benevola e dava agli uomini il dono della preveggenza. I popoli delle Grandi Pianure, invece, la temevano, considerandolo un animale maligno, astuto e ingannatore. I persiani e i celti svilupparono una simbologia affine, forse dovuta alla comune discendenza indoeuropea. La volpe era un essere psicopompo, ovvero un mediatore tra gli dei, gli spiriti e l’umanità. Si manifestava agli uomini nei sogni e nei boschi, portando messaggi divini o accompagnando il prescelto in viaggi spirituali o iniziatici. Probabilmente lo scrittore e aviatore francese Antoine de Saint Exupery per queste ragioni scelse una volpe per insegnare al Piccolo Principe che l’essenziale è invisibile agli occhi umani: solo un Dio, un profeta o un messaggero divino avrebbe potuto o saputo rivelare una verità che per l’uomo moderno non è più scontata.
La volpa e l’uva
La volpe e l’uva è un celebre racconto di Esopo. È una fiaba molto nota nei paesi latini e viene raccontata per ricordare ai bambini che l’avidità è un grave peccato. I greci e i romani amavano a tal punto questa storia da fare della volpe un animale sacro al dio Bacco. Il desiderio di cogliere l’uva era per i cristiani, invece, una manifestazione di prepotenza e di lussuria. Questo gesto sottintendeva la volontà di soddisfare i bassi istinti o, cosa ancora più grave, la pretesa di possedere una verità alternativa e superiore, come gli eretici. Nel bestiario medievale la volpe divenne simbolo di prepotenza e di golosità.