L’epilogo delle elezioni tedesche ci conferma delle cose che ci si era già detti. In particolare, conferma che quando la sinistra istituzionale perde di vista la sua ragione sociale storica e politica – cioé la difesa delle classi subalterne – letteralmente capitombola.
La dèbacle della Spd è, nei numeri, meno drammatica del tonfo del Pse in Francia (finito al 10%, sotto la sinistra radicale di Mélenchon). In realtà è conferma di una disaffezione dell’elettorato nei confronti del centrosinistra quando va a farsi estabilishment.
Tre indizi fanno una prova. In Olanda, i laburisti sono precipitati a un risibile 5,7% che fece disperare la leader Sharon Dijksma: “Un graffio all’anima”. In Austria, dove poi vinse il verde Van der Bellen dopo una tirata e contestatissima sfida con l’identitario Hofer, il candidato presidente dei socialdemocratici ha convinto poco più dell’11% dell’elettorato. Troppo poco. In Spagna, complice il successo iconoclasta di Podemos, la sinistra del Psoe ha subito un colpo pesante che ha consentito al premier conservatore Mariano Rajoy di continuare a governare.
Il fallimento più clamoroso della sinistra europea si chiama Brexit, quello della sinistra occidentale, invece, risponde al nome di Hillary Clinton. La sinistra dei cantanti e degli ottimati, quella dei buoni sentimenti e del rigore, cosmopolita fino al parossismo, intimamente altoborghese (non ditelo a Marx), quella forte coi deboli e debole coi forti non convince gli elettori. E non li convince manco quando agita spettri e spauracchi del passato. Anzi, il circolo vizioso sta tutto lì: più dicono che quelli sono fascisti, razzisti, xenofobi, figli del demonio, più li votano. Le narrazioni della sinistra culturale e mediatica convincono sempre meno e le urne lo testimoniano. Non serve demonizzare le opposizioni né delegittimare i movimenti di protesta, facendo di tutta l’erba (eterogenea, diversissima) un solo fascio (appunto).
Il dato è assolutamente cristallino, incontrovertibile. La sinistra istituzionale, quella che mira a farsi sistema, non convince più gli elettori, soprattutto quelli delle classi medie. Colpa di mille ragioni, su tutte quella di aver scordato la lezione socialista – quella sì – di Bettino Craxi. Il “Cinghiale” risolse il “primum vivere” socialista (e consentì al Psi di diventare forza di governo) iniziando a dialogare con la classe media, facendosi paladina delle istanze di un grosso segmento della società troppo spesso negletto e utilizzato come “bancomat” per le tasse.
La sinistra istituzionale europea e occidentale, invece di recuperare un dialogo con la classe media (resa furiosa dall’impoverimento e dalla disperazione di vedere i propri figli mendicare contrattini a pochi spiccioli) la fustiga, la demonizza, tenta di delegittimare la furia invece di capirne le ragioni. Così facendo, scolpisce da sé la sua pietra tombale, facendo di sé un disperato monumento all’irrilevanza, seppur rumorosa.