Nell’era nevrastenica dei server della gleba, ogni contesa è forzatamente recintata in steccati invalicabili. Guardiano, Minosse dantesco di quest’ordine ovattato è il totem costituzionale quarantottino. E destreggiarsi tra – almeno – centotrentanove insidie è sufficiente ragione per desistere. Eppure qualcuno, ostinatamente e sfidando i venti contrari, ha provato a sottolineare le ambiguità della Carta: è Alessio Mannino, giornalista autore del libro “Contro la Costituzione. Attacco ai filistei della Carta ’48” (ed. Circolo Proudhon, 2017, 126 pp), già alla seconda ristampa. Apre le danze Massimo Fini, eterno Caronte dei non allineati. Il pamphlet, poi, catapulta il lettore tra le acque della “Costituzione più bella del mondo”, demistificandone i baluardi, articolo per articolo. Così, come da un vaso di Pandora scoperto, vengono fuori slogan programmatici vuoti, proposte mai attuate, germi che hanno spianato la strada al libero mercato, alla moderna supremazia della Tecnica e all’inscalfibile retorica delle libertà individuali. Sotto la patina sociale e le velleità comunitaristiche si cela, a volte, un pantano che da un lato ha visto il trionfo del lavoro assurto a valore assoluto contro la dignità della persona e, dall’altro, si è visto esso stesso superato dai tempi, dal dominio del mercato, dal cerbero sovranazionale e dal tritacarne giustizialista. Un’ondata che le vecchie istituzioni e i vecchi valori – il nucleo familiare su tutti -, anche quando protetti dalla Costituzione stessa, non hanno retto. Travolti e funestati, come la svenduta sovranità nazionale. Come l’Italia dei borghi, del suo patrimonio culturale (solo falsamente tutelato): Strapaese è calpestato da chi ha volentieri barattato Dante con Steve Jobs sull’altare del dirittocivilismo e dell’industrializzazione progressiva del sapere. La risposta, la retta via e la reazione a tutto ciò sono, per Mannino, ardue ma necessarie: saper reagire partendo dal basso, da una rivalutazione di ciò che si è troppo spesso disprezzato o sottovalutato, dal senso di un’identità perduta che in primis la Carta non è riuscita a difendere.