La tempesta dopo la rinuncia di Benedetto XVI non è ancora conclusa, evidentemente. Lo dicono i giornalisti, pronti a strumentalizzare ogni parola del papa emerito quale prurito anti bergogliano. Ma lo dicono soprattutto i librai. Dopo, teologi, analisti, canonisti e ipocondriaci vari, il filosofo Fabrizio Grasso prova a dire la sua sull’evento ecclesiale più importante dell’ultimo cinquantennio assieme al Concilio Vaticano II. Lo fa prendendo in prestito le categorie teologico-politiche di Carl Schmitt.
L’adieu di Ratzinger è ancora troppo recente – e in un certo qual modo in via di svolgimento – per esplorarne tutte le conseguenze. La verità è che abbiamo a che fare con l’abdicazione di un regnante sovrabbondante e sui generis, il Papa-Re. Con il febbraio 2013, è uscito di scena soltanto il Re: il detentore legale dello scettro vaticano. Il vecchio pontefice è ancora lì, vestito di bianco: in orazione perpetua alle spalle del Francesco trionfante. Una diplopia che provoca non poche inquietudini in chi è abituato a leggere le forme del potere nei termini esclusivi di autorità, sovranità e rappresentanza.
Fabrizio Grasso ci tenta a venire a capo di una questione che l’uomo di fiducia dei due papi, monsignor Georg Gänswein – non a caso il Prefetto in extremis della casa pontificia per volontà del Ratzinger abdicante – definisce «eccezionale». Eccezionale come lo è quello stato che chiarisce nel lessico schmittiano chi è il vero titolare della decisione e quindi dello scettro politico. Un lapsus, o altro, che più che mettere ordine alle cose apre le porte a speculazioni che solo nelle pagine di Cattolicesimo romano e forma politica possono trovare la chiave di volta.
Insomma, La Rinuncia. Dio è stato sconfitto? merita di essere spulciato, anche da chi è convinto che il papa regnante è uno e uno solo – Bergoglio – e che la struttura amministrativa e pneumatologica della cattedra di Pietro non ha subito alterazioni con il farsi di lato del papa teologo. Più che una situazione eccezionale, viviamo una stagione inedita figlia di un atto, quello di Ratzinger, che è pieno e sovrano. Dove il garante della transizione è lui medesimo. Un passaggio gestito con auctoritas, anche perché ci doveva pur essere qualcuno che facesse da interprete autentico di un’istituzione, quella del papato emerito, che è la vera novità di questa stagione. Di tutto ciò, Grasso, forse non ne è pienamente convinto. Ma va bene così. Il dibattito è aperto.
*Fabrizio Grasso, La Rinuncia. Dio è stato sconfitto? Algra Editore, 6 euro