EFFEMERIDI – 19 Luglio 1992. A Palermo un’auto FIAT piena di tritolo esplode in via d’Amelio uccidendo il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta.
L’anniversario della strage di via d’Amelio oggi sarà ricordato dai media (che domani passeranno ad altro) con i soliti filmati e le solite parole ufficiali di circostanza. In questa effemeride ricorderò invece uno spaccato di vita “rimosso” di (ma non “da”) Paolo Borsellino.
Sicuramente ebbe una buona educazione; una leggenda metropolitana vuole che la madre del piccolo Paolo, dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel 1943 abbia detto al figlioletto: “Non si accettano regali da questi, sono occupanti, e la nostra patria non c’è più”.
E’ più o meno quello che accadeva nel resto d’Italia, via via che gli anglo-americani risalivano la penisola. Mentre frotte di bambini accettavano le caramelle e le cioccolate che venivano lanciate da coloro che pensavano di essere dei liberatori, c’erano bambini, forse pochi, forse tanti, ma c’erano, anche se non si vedono nei filmati di propaganda di Combat-Film; c’erano e rifiutavano di prostituirsi, percepivano l’umiliazione di quel gesto.
Con quelle basi, l’adolescente Paolo Borsellino (come tanti altri con le stesse esperienze ed educazione) si iscrisse alla Giovane Italia, l’associazione studentesca del MSI che a quell’epoca, nel 1956, era presieduta da Fausto Gianfranceschi, giovane destinato a diventare romanziere affermato e premiato qualche anno dopo.
Una associazione nella quale negli anni entrarono legioni di giovanissimi studenti medi, alcuni di loro poi divenuti famosi. Ci passarono l’attore Michele Placido e il ministro socialista craxiano Gianni De Michelis, tanto per citarne un paio. Del resto, erano gli anni nei quali all’Assemblea nazionale dell’associazione mandava la sua benedizione ai partecipanti il Papa Pio XII e telegrammi di augurio Giorgio De Chirico e Ardengo Soffici.
Nel 1959, il giovane Borsellino lasciò la Giovane Italia con l’ingresso all’Università di Palermo, Facoltà di Giurisprudenza.
La sua nuova iscrizione para-missina fu al gruppo del FUAN palermitano. Contrariamente all’associazione degli studenti medi che solo nominalmente era autonoma rispetto al partito, il FUAN (Fronte Universitario di Azione Nazionale) autonomo lo era davvero, orgoglioso e geloso della sua autonomia, costretto a più riprese a battaglie interne per sventare tentativi del partito di riferimento di metterci il cappello sopra.
Alla fine, dopo il ’68 che vide lo svuotamento dell’organizzazione, il MSI riuscì a far fuori quella autonomia addirittura imponendo alla Presidenza il filosofo ex marxista Armando Plebe, un insulto al buongusto, una associazione di universitari guidata da un barone dell’Università.
Ma in quegli anni ’50-’60 il FUAN era con il vento in poppa, alle elezioni nell’Università di Roma nel 1959 il FUAN aveva conquistato l’Ateneo prendendo la maggioranza dei voti e guadagnando 48 seggi nel parlamentino dell’UNURI (secondi erano arrivati i liberali dell’AGIR, terzi i democristiani dell’Intesa, ultimi al quarto posto i socialcomunisti dell’UGI).
Anche a Palermo le cose non andavano male per il FUAN che in quella tornata elettorale ottenne 750 voti; andò meglio a Messina dove ottenne la maggioranza assoluta. E anche negli altri Atenei nel continente il trend era quello: a Perugia come a Modena.
In quel 1959 il diciannovenne Borsellino finì anche con l’essere coinvolto in una rissa tra “rossi” e “neri” a Legge e per fortuna gli andò bene altrimenti il concorso in Magistratura avrebbe avuto qualche difficoltà a farlo con una condanna alle spalle.
Fermato dalla Polizia, fu interrogato dal magistrato Cesare Terranova (che finirà come Borsellino, vittima della Mafia, in un attentato nel 1979 a Palermo) futuro deputato della Sinistra Indipendente, il quale lo proscioglierà archiviando la pratica.
Nel FUAN, Borsellino non fu un semplice iscritto, fu un dirigente, membro dell’Esecutivo provinciale dell’associazione e anche eletto nella sua Facoltà come rappresentante.
Si laureò pochi giorni prima della morte del padre. Nel 1965 iniziò la sua carriera di magistrato ma non dimenticherà mai le sue origini e le sua amicizie di quel tempo e quando sarà già un magistrato famoso per la sua lotta alla Mafia, accetterà senza problemi gli inviti di partecipazione a convegni del FUAN.
Il giorno della strage, quando lui e gli agenti della sua scorta (Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) furono assassinati davanti all’abitazione della madre del magistrato, il figlio di Paolo, Manfredi Borsellino, libero a luglio da impegni universitari, era ospite a pranzo da un amico del padre, Giuseppe Tricoli, docente di Storia contemporanea nella Facoltà di Lettere di Palermo ed ex dirigente del FUAN palermitano.
La strage a distanza di tanti anni, ha ancora lati oscuri, secondo Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, si è trattato di una “strage di Stato”, e non è il solo a pensarla così, gli indizi ci sono tutti. Della trattativa Stato-Mafia si parla (e si cancella) ancora. L’agenda di Borsellino, la famosa “agenda rossa” che si trovava nella borsa rimasta intatta nell’attentato, è sparita. Nei filmati della RAI, le riprese fatte sul luogo dell’attentato, si vede un uomo in borghese che si allontana con la borsa che poi sarà riconsegnata dai Carabinieri. Il Colonnello dei Carabinieri indagato per il reato di furto dell’agenda con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa, è stato infine prosciolto “per non aver commesso il fatto”.