“Il 1° luglio è un sabato. Scendendo la mattina, Lucette trova il marito da basso. Sono le 6 e lui si lagna per la luce, fa chiudere le finestre. Non vuole che si chiami il medico e non vuole iniezioni. “Lasciami crepare in pace”. Beve del tè e scrive tre lettere, a Marcel Aymé, a Gaston Gallimard e a Roger Nimier. Annuncia la fine di “Rigodon”. Ha un nuovo progetto: andarsene in Bretagna in una capanna senza elettricità. Faranno luce con le candele. “Così non dovremo niente a nessuno. Sei sfinita, non puoi più andare avanti!” E’ un progetto periodico. (…)
Quando lei esce sulla terrazza, arriva Serge Perrault, il ballerino. Lucette gli dice che Céline non lo vedrà, che è a letto. Salgono nella sala di danza. Finita la lezione, Lucette e lui prendono il tè. L’uomo la lascia verso le cinque del pomeriggio. Appena rientrato a casa, Serge Perrault riceva una telefonata dal suo amico, il dottor Willemin (…), che gli dice: “Céline è morto, Lucette è sola, corri subito”.
Lucette ha trovato Louis ancora sdraiato “un po’ di sbieco, come sul punto di cadere”. Manda a casa le allieve, “il naso incollato al vetro come per una disgrazia”, e chiama aiuto. Chiama più di una persona. Lucette non riesce a credere che suo marito sia morto. Quando Serge Perrault arriva, lei lo sta vegliando, raggelata nel silenzio. L’uomo va a cercare aiuto alla vicina scuola del Sacré-Coeur. Una suora gli apre ma rifiuta di seguirlo: è sola, quel sabato è giorno di vacanza. “Nasce dal rifiuto di questa religiosa la sciocca leggenda del presunto prete che rifiuta di recarsi in casa di Céline per una benedizione”.
Céline ha avuto, a un’ora indeterminata, un’emorragia cerebrale che lo ha – si può sperare – ucciso in fretta. La sola certezza è che era solo. (…)
Il funerale ha luogo martedì 4 luglio. Piove. Alla sepoltura assistono una trentina di persone, fra cui Marcel Aymé. La morte viene annunciata soltanto in seguito; nei giornali, la si troverà associata a quella di Ernest Hemingway che si è sparato alla testa con un fucile da caccia. Sulla tomba di Céline, soltanto una barchetta scolpita”.
(da Philippe Alméras “Céline”, Robert Laffont, Paris, 1994)