Dal 2 al 30 settembre a Milano, nella Fabbrica del Vapore, ci sarà una mostra dedicata a Nietzsche, Rilke e Lou Salomé
Genesi di una mostra
Questa mostra ha origini lontane, una matrice passionale, alcuni padri e sostenitori a cui tributare doveroso riconoscimento. Tutto ebbe inizio all’Università degli Studi di Milano, dove insegnava Franco Fergnani, docente di filosofia morale. Con lui concordai un esame su Friedrich Nietzsche, in una facoltà di filosofia squassata dalle arrabbiate parole d’ordine dei cortei studenteschi che anelavano a epocali rivolgimenti rivoluzionari. Il filosofo tedesco mi affascinava poiché metteva radicalmente in discussione tutto quello che avevo creduto, studiato e appreso sino ad allora: gli aforismi di Nietzsche penetravano come aculei nella mia riflessione quotidiana, impregnando di dubbi destabilizzanti seppur benefici le mie scelte di vita. Lette le “opere complete” nella magnifica edizione Adelphi curata da Colli e Montinari, mi chiedevo come tradurre in sostanza visibile quella entusiasmante mole di studi e meditazioni. Decisi così di viaggiare sulle tracce di Nietzsche: prima mi recai a Müttenz, un sobborgo di Basilea, a casa del musicologo Curt Paul Janz, l’autore di una insuperata biografia nietzschiana, quindi feci tappa nell’allora Repubblica democratica tedesca (DDR) visitando la natia Röcken, Naumburg, Lipsia, Weimar. A Weimar visitai emozionato Villa Silberblick, ultimo domicilio del filosofo di “Zarathustra”, e consultai l’archivio Goethe-Schiller ove sono conservati manoscritti, fotografie, disegni, quaderni, ovvero il lascito (Nachlass) di Nietzsche. Nacque dunque, come un fiore spontaneo, in conseguenza della possibilità di ottenere il prestito di materiali anche inediti dagli archivi di Weimar, l’idea di creare una mostra su Nietzsche, la prima in Italia, intitolata “Sguardi su Nietzsche”, allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma grazie ai buoni uffici dell’allora assessore capitolino alla cultura Gianni Borgna. Quella gratificante esperienza aprì la strada a ulteriori, eccitanti progetti di studio e di lavoro: tra questi, quello di approfondire una delle personalità più affascinanti apparse nel campo magnetico nietzschiano, la “giovane russa” Lou von Salomé. Fu Lei a spingermi alla rilettura di testi freudiani, Lei a condurmi per mano alla scoperta dell’opera di Rainer Maria Rilke.
Prese così forma la seconda mostra di questo percorso, intitolata “Rilke e Lou, il visibile e l’invisibile” (accompagnata dall’omonimo volume a mia cura edito da SKIRA), esposta nelle aristocratiche sale di Palazzo Bagatti-Valsecchi a Milano grazie al coraggio del Direttore dell’Istituto Austriaco di Cultura Mario Erschen e all’adesione della Regione Lombardia e del suo Assessore alla Cultura Marzio Tremaglia. Come già accaduto con Nietzsche, dopo la mostra milanese fu il turno delle poesie e degli epistolari rilkiani a dominare per anni la mia attività intellettuale, spingendomi infine là dove il poeta praghese – ospite della munifica principessa Maria della Torre e Tasso – abitò negli anni che culminarono nel capolavoro delle “Elegie duinesi”: il Castello di Duino, la “rocca sul mare”. Tra Milano e il golfo di Trieste, sostenuto dal generoso attivismo di Stella Avallone, direttrice dell’Istituto Austriaco di cultura, concepii e realizzai la mostra “Rainer Maria Rilke. Il poeta e i suoi angeli”, terza tappa del presente itinerario.
Oggi, le tre mostre qui rievocate tornano a nuova vita, in una versione aggiornata che, accanto a un’accurata selezione di immagini e materiali delle passate esposizioni, vuole celebrare un triangolo ideale con la significativa innovazione di opere realizzate da artisti contemporanei che a Nietzsche, Rilke e Lou Salomé si sono liberamente ispirati.
Un triangolo di spiriti liberi
Nietzsche, Rilke, Lou Andreas-Salomé: un triangolo di spiriti liberi di cui quest’ultima è l’anello di congiunzione, ponte necessario e insostituibile che conduce a un giardino epicureo fondato su studi in comune, fertile scambio di idee tra (presunte) anime affini. Il “triangolo” sognato da Lou e mai concretizzato emerse in verità solo in occasione del suo legame di amicizia tutto intellettuale con gli innamoratissimi e non corrisposti Friedrich Nietzsche e Paul Rée, nell’anno 1882. Del tutto impraticabile sarebbe stato un triangolo Lou-Rilke-Nietzsche: quando Lou e Rilke si incontrarono per la prima volta nel 1897 a Monaco, preludio della loro breve relazione d’amore e quindi della ventennale, fervida amicizia, Nietzsche viveva recluso e con la mente ottenebrata nella villa di Weimar, sotto la vigile custodia della sorella Elisabeth.
Nell’accezione nietzschiana spiriti liberi sono coloro che hanno “ripreso possesso” di loro stessi, ovvero spiriti creatori che danno corso alle più alte aspirazioni, alle inclinazioni più genuine, affrancati dai retaggi delle convenzioni, da dogmi e “verità” consolidati. La loro movimentata esistenza di cittadini di un’Europa cosmopolita è votata senza riserve ad una missione irrinunciabile, l’opera, a cui sacrificano legami troppo vincolanti e ogni pericolosa dipendenza. Tre itinerari di elevata spiritualità, assetati di assoluto, che si cimentano con l’estremo, oltre la soglia del dicibile: dall’inconscio verso il cosciente, dalle oscure profondità sino alle cime più elevate, dal visibile all’invisibile, dal finito all’infinito. Tutti e tre, con strumenti diversi, si volgono a una meta liberatoria, emancipatrice della condizione umana, interrogandosi sul senso (ultimo) delle cose.
Pensatore asistematico, moralista-immoralista radicale, demistificatore visionario che prefigura impietosamente il declino (décadence) della civiltà occidentale, demolitore dei pilastri del cristianesimo e della tradizione filosofica, Nietzsche nei suoi scritti ricchi di afflati poetici vuole farci respirare a pieni polmoni l’aria tersa delle vette. Le opere e il pensiero di Nietzsche hanno generato una sterminata produzione bibliografica e iconografica che ha pochi eguali nell’ultimo secolo: la sua opera, interpretata, saccheggiata, rielaborata, osannata e screditata da importanti filosofi, scrittori, musicisti, artisti, teologi, sociologi, psicologi ha dischiuso fecondi orizzonti in tutti i campi del sapere.
Dal canto suo Rainer Maria Rilke, poeta di prima grandezza, trascina il lettore verso le purissime profondità marine: che scriva di una rosa, di una fontana zampillante, della morte di un’amica o di una cattedrale, sa trasformare ogni visione, ciascun minuscolo dettaglio in un incantevole poema (o prosa) di cristallina poeticità. Rilke sa parlare al cuore delle anime sensibili, facendo vibrare con parole alate i sentimenti più profondi. Artista-cantore tra i più dotati nella letteratura del Novecento europeo, il poeta scruta il mondo attorno a sé con la lente del filosofo illuminato da una sguardo che supera la mera apparenza e la caducità delle cose, alla ricerca della loro essenza e della loro più lontana origine.
Rilke e Nietzsche, geniali esploratori dell’animo umano e del suo dostojevskiano “sottosuolo”, sono in buona misura precursori e forieri dell’appassionata dedizione alla causa psicoanalitica della comune amica Lou; per la “indomabile” (secondo Freud) Frau Salomé, “acuta come un’aquila e coraggiosa come un leone” (definizione di Nietzsche), la psicoanalisi freudiana è una conquista miracolosa che mira a sondare con la ragione e l’intuizione l’irrazionalità dell’esistenza (Nietzsche docet), l’assurdo, lo “scabroso”, il misterioso.
Per Lou la vita umana è – rilkianamente – “poesia”: il piacere di vivere consiste nello strappare veli e riportare alla luce ciò che è occultato, dissotterrare tesori, denudare la vita per contemplarla nel suo irresistibile splendore, diamante ricco di impurità e di chiaroscuri, riconquistando la soave levità dell’infanzia che sa trovare, in ogni gesto, la via del sorriso riconoscente verso ciò che è.
Il dirompente “effetto Lou” (come lo definisce Sossio Giametta) genera passioni d’amore come perfetti incubatori della creatività artistica; l’amore secondo Lou è una linfa vitale che deve far incontrare gli amanti “in un punto dell’eccitazione che dia impulso alla loro produttività … Solo nella produzione creativa troviamo quei colori e quelle immagini che rappresentano nel terrestre qualcosa di quasi divino”. E Rilke : “C’è solo un passo dalla dedizione dell’amante al darsi del poeta … È una stessa e identica energia quella che si spende nel concepire l’arte e nel compiere l’atto sessuale”.
La grande opera artistica e l’amore appassionato richiedono la stessa dedizione eroica, entrambi sono terre d’elezione che sospingono l’individuo – poeta o amante – verso le mete più sublimi, sottraendolo alla mediocrità, all’uniformità, all’angoscia. L’arte e l’amore, potenze somiglianti e talora belligeranti, ambiscono all’illimitato.
Nell’odierno dominio dell’omologazione che appiattisce la condizione umana, dinanzi alla brutalità con cui si violenta la natura e la tecnologia più avanzata confonde il virtuale con il reale scomponendo in mille pezzi ciò che dovrebbe unire, nel tempo della massima produzione di “cose vuote” e superflue che incentivano la corsa al denaro e al possesso, Nietzsche, Rilke e Lou Salomé procedono controcorrente, elevando un inno alla “sacralità” della vita.
Facendo coincidere dovere e volere, la nostra crescita con i più arditi desideri, estirpando i più forti pregiudizi, possiamo accogliere la fragilità delle cose e la nostra sofferta vulnerabilità come un dato prezioso da cui riscattarci “convertendo tutto in gioia”. Sulla scia della laetitia di origine spinoziana, nell’attimo di pienezza e beatitudine che emana l’atto creativo come quello sessuale, Nietzsche, Rilke e Lou ci ricordano che “la sola perfezione è la gioia”.