Le meritate sconfitte di Marin Le Pen che rinnega se stessa nell’illusione di vincere. La sconfitta del Fronte nazionale nelle presidenziali ( un deludente 34%) e nelle politiche ( un misero 14%) impone una riflessione su come è stato sperperato un patrimonio che è costato anni di lavoro.
La sconfitta è stata provocata dalla confusa strategia di legittimazione politica, che alla fine ha portato alla disaffezione dell’elettorato tradizionale, alla rottura con il patriarca Jean Marie Le Pen e alla sua espulsione dal partito, alla lite con la nipote Marion Marechal Le Pen costretta a ritirarsi a vita privata, al distacco dalle tematiche identitarie e anti immigrazioniste, a un approccio distratto con la questione islamica molto sentita dall’elettorato. Alla fine Marine è stata indotta dal suo consigliere Florian Philippot ad accentuare solo l’aspetto economicista della lotta alla globalizzazione, dell’opposizione all’euro e dell’impoverimento delle classi popolari. A questo punto il sistema le ha schierato contro un competitore come Jean Luc Melenchon, un estremista di sinistra travestito da populista. Per disattivare Melenchon e lo stesso Macron, entrambi favorevoli alle frontiere aperta e all’accoglienza di sempre più immigrati, bastava riportare al centro del conflitto i temi identitari e il rifiuto dell’immigrazione come arma per deprimere i salari e costringere i francesi a sentirsi clandestini in patria. Il patriottismo identitario e putiniano del gollista Francois Fillon giustiziato da un’infame imboscata giudiziaria, e nonostante i magistrati premiato da un consenso elettorale sul 20% dei voti era in attesa di essere convocato contro il mondialismo e l’immigrazionismo di Macron. Marin ha trascurato quel l’elettorato per concentrarsi su un’alleanza col gollista dissidente Dupont-Aignan che ha portato in dote meno della metà del suo 7%. Lo ha fatto per non incorrere nell’accusa politicamente corretta di razzista e suprematista Bianca. Smarrito il tradizionale percorso dei temi politici del nazionalismo francese, infastidita persino dalla presenza dei suoi militanti alle manifestazioni, eliminato anche il tradizionale corteo che il Fronte nazionale da decenni teneva a Parigi il primo maggio, Marine Le Pen si è trovata a farsi riprendere la sera dei risultati deludenti del primo turno mentre ballava in discoteca. Una immagine che ha disgustato vecchi e nuovi elettori. Per non parlare dell’unico dibattito con Macron dove ha prima esagerato in moderazione per poi scatenarsi in ingiurie e battute tipiche dei perdenti. Il 34% del secondo turno poteva anche essere valorizzato sostenendo che con tutti contro, con il populista Malenchon che con la formula: “votate per chiunque esclusa la Le Pen” era passato in effetti con Macron, con Fillon sostenitore di Macron al secondo turno c’era poco da fare. Invece il modesto , ma corposo 34% è stato letto come una disfatta. Che immancabile è arrivata dopo un mese alle elezioni legislative. È così la Francia sarà governata da Macron che con poco più del 40% otterrà oltre il 70% dei seggi. Marine Le Pen è rimasta vittima del moderatismo identitario. Del timore dell’accusa di fascismo che, peraltro, è arrivata lo stesso, della ricerca di una legittimità che non viene dai media e che tocca invece agli elettori. Errori che i sovranisti italiani dovrebbero evitare dopo l’esperienza francese.