La procura di Arezzo sta indagando sugli «sciacalli del web» che hanno scritto minacce e insulti sul profilo Facebook di Ilaria Naldini, la mamma di 38 anni che ha dimenticato la figlia Tamara in auto, morta per arresto cardiaco provocato dall’alta temperatura dell’abitacolo. S’ipotizzano i reati di minacce, istigazione al suicidio, diffamazione aggravata. La madre e il padre della bimba hanno chiuso i loro profili
***
Cosa resta del principio fondante di un social? Macerie.
Nelle ultime ore, uno iattante tsunami di insulti tornava a riportare la rete ai suoi giusti limiti. Poiché se le acque sono da tempo tracimate, è pur vero che a svettare restano sempre più spesso le avvilenti barriere mentali, trascritte in tweet, link, imprecazioni e cornicette. L’accaduto è uno di quelli che non vorresti mai leggere, o forse dovrei dire rileggere: una creatura di sedici mesi viene dimenticata dalla madre in macchina per circa sei ore e muore per un arresto cardiocircolatorio. Anche con un audace balzo nel tempo, con ogni probabilità, neppure la più encomiabile delle tavole rotonde con Freud, Jung e Lacan a tenersi la testa, avremmo la possibilità di comprendere il perché la luce si è spenta in quel preciso momento e non in un altro.
Molte sono le domande, ma non tutte trovano la risposta poiché spesso semplicemente non c’è, se non nella persistenza del dubbio. Nondimeno esistono gruppi, tribù di individui che detengono il forziere della certezza, del riscontro e anzitutto del giudizio. Si muovono in massa, ignorano il mito di Medea ma battagliano precisamente come se l’avessero innanzi. Al contempo scrivono di amicizia, poesia, buoni sentimenti in una sorta di schizofrenia virtuale non meglio diagnosticata. Tuttavia alla prima occasione, che va da una semplice opinione a un fatto di cronaca, partono in blocco, armati da stoiche tastiere con il ticchettio dei loro temerari tasti a farne il verso: la Tarulla Inquisizione esiste ed è on line. In tale zona infausta, cosa resta di social se non qualche specioso e sporadico singulto? In quali rovine trovare ancora i reperti del principio fondante?
Nello specifico si è spiacevolmente costretti alla riflessione davanti a un caso, ma la guitteria non riposa mai. È sempre in attesa al primo giro di angolo a lanciare il suo piccolo sassolino che altro non è che una propria frustrazione non visualizzata; un disagio non digerito e di fatto rivolto ad altri. La rabbia quotidiana al prossimo, e qui non serve appellarsi a Freud, è semplicemente il nostro bagaglio di livore. Più la nostra sacca trabocca di sassi, maggiore è il malanimo che ci presidia. Da noi parte e a noi torna quell’edace macigno che dovrebbe occupare posti capaci di sostenerlo.
Quel “prostituta” – per citarne uno – scagliato sul profilo di una madre che ha perso la figlia nel peggiore dei modi e che non sta a noi giudicare, non è altro che il grido stridulo della nostra insoddisfazione. La tastiera, nell’invisibilità, restituisce l’illusione del dabbene. Ma non vi è nulla di corretto in questo continuo, perpetuo, estenuante e devastante movimento diretto dalla ignobiltà. La meschinità è sul proscenio, ma non ci sono applausi.
Taluni hanno sventure; altri ossessioni. Quali sono maggiormente da compiangere?
*da L’Inconveniente Di Essere Nati – E.M. Cioran