Solleticante assai l’idea di partenza. C’era una volta, siamo agli inizi dei faboulossi anni 60, l’ Enciclopedia delle donne, una di quelle pubblicazioncelle sbolognate a dispense sui quotidiani (qui, il Mattino), per appunto dispensare dall’abbigliamento, alla cura dei pargoli, alle regole per la riuscita d’ un party, tutto quello che ogni perfetta padrona di casa deve sapere. Manca però qualcosa: il sesso. Una lacuna che ad Amanda, dopo averci passato sopra l’intera infanzia, appare immane e le fa decidere dunque di colmarla.
Ecco così la vediamo già nel “Simposio”, il capitolo d’apertura, mentre commenta insieme a un divertito gruppo di signore, non i diversi tipi d’amore come nell’antecendente platonico, ma le delizie di una serie di sex toy studiati per il piacere della femmina. Dal momento che Amanda, cinquantatré anni, due figli, ex marito archistar e cattedra d’architettura a Napoli, reclama per sé quella sessualità libera, fine a se stessa, che di solito pare essere prerogativa degli uomini; e proprio come un uomo, entrando in una stanza, divide automaticamente quelli scopabili da quelli che no, e li sceglie tra quelli che ci provano senza giri di parole o che non ci provano affatto. Ha, inoltre, in gran odio le smancerie sentimentali e i preliminari.
È così con divertimento che se ne seguono avventure e meditazioni, il suo catalogare il rendimento sessuale del maschio, in base alla classe e la professione (con preferenza per camerieri e operai), ma anche in base alla semplice dimensione dell’attrezzo, in un libro scritto assai bene e curioso, spiazzante, denso di sorprese perfino negli indici che da Hegel al Califfo, tra voci colte e pop sono deliziousi da spilluccare.