Dopo che le elezioni francesi che ci hanno consegnato, purtroppo, l’ennesimo manichino delle banche e dell’alta finanza, in questi giorni impera il dibattito, anche ,e soprattutto in casa nostra, sulla strada da intraprendere per i vari Partiti o Movimenti che si rifanno in qualche modo al mondo “sovranista” e “populista”.
Pur nella sconfitta, ritengo che Marine Le Pen non abbia ottenuto un risultato totalmente negativo. Un 35% al ballottaggio, contro un avversario appoggiato dalla gran parte della élite finanziario-mondialista-cosmopolita, è comunque un segnale che i cittadini francesi possono inviare a tutti gli identitari europei.
Ma arriviamo ai fatti che riguardano, in primis, noi italiani. Ci sono movimenti che più o meno si rifanno (almeno a parole) all’esperienza del Front National e della sua candidata all’Eliseo. Ma qui il punto è un altro, bisogna capire che cosa si vuole fare: un centrodestra allargato con Partiti che, in ogni caso, non sono disposti a tagliare la fune con l’Unione Europea e quindi, in qualche modo, fare passi indietro su quel minimo che si è tentato di costruire, oppure si vuol dare una “mazzata” netta e decisiva a questo establishment, che come un Grande Fratello ci controlla dall’alto e ci dice anche la dimensione dei termosifoni di casa nostra? E qui mi sono limitato ad un singolo esempio.
Oggi vi è una grande sfida: quella tra patrioti e mondialisti. Tra chi vuole un mondo di caos, di destabilizzazione e servilismo e chi vuole la rinascita di una Patria, di una Nazione che, per troppo tempo, si è sottomessa a voleri altrui. Siamo sempre i figli di Roma e dell’Imperium, dell’arte, della letteratura, della poesia, della navigazione, abbiamo pur sempre dato alla storia gli esempi migliori di coraggio e di arditismo, non scordiamolo mai. E molto spesso sembra che qualcuno se lo dimentichi. Gli esempi, di certo, non ci mancano.
A parer mio, ci vogliono proposte chiare e precise per ottenere nuovamente la nostra sovranità, come Stato e come Nazione. E le cose vanno dette in modo chiaro: sull’immigrazione cosa si vuole fare? Vogliamo farci sostituire come popolo o la vogliamo bloccare? Perché sì, molto spesso si parla esclusivamente dell’aspetto economico e devastante che l’immigrazione porta come fenomeno, ma c’è anche un discorso puramente etnico e culturale. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Ad ogni popolo la sua nazione, la sua cultura, le sue Radici e le sue tradizioni. Dobbiamo dire che il mondo multietnico e globale del nulla che avanza, non ci appartiene e non lo vogliamo. L’invasione (perché di questo si tratta) migratoria, è la testa d’ariete per distruggere la Civiltà europea. E per Civiltà europea, non mi riferisco al mondo moderno di stampo consumistico-occidentale, sia chiaro.
I settori strategici dello Stato li vogliamo nazionalizzare o no? A partire dalla Banca d’Italia. Perché la moneta o è di popolo o è solo uno strumento manipolatore in mano ad una minoranza che gioca continuamente con i nostri soldi e le nostre vite.
Con la NATO e le basi americane che vogliamo fare? Davvero pensiamo che con le numerose basi americane presenti sul nostro suolo nazionale, in ogni modo, con vittorie elettorali o meno, possiamo ritrovare un minimo di autonomia per quanto riguarda la politica estera ed avere un peso sullo scacchiere geopolitico internazionale? Io credo di no. E oltretutto mandiamo i nostri soldati a combattere guerre che non ci riguardano minimamente, né come italiani e né come europei.
Ma ci sono anche altri aspetti, come quello della giustizia sociale, quello economicistico. Vogliamo continuare ad essere i cani da guardia del Capitale e del liberismo sfrenato?
La lezione di Venner
E lo sguardo sull’Europa. L’Europa così com’ è non va. Per niente. E’ solo un teatrino di portaborse che si divertono a spostare le pedine solamente per i loro porci interessi. La nostra Europa deve essere un’altra. Riporto, anche in questo breve articolo, una figura a me cara, quella di Dominique Venner:
“Non bisogna forse, al contrario, costruire un nuovo progetto mobilitante, quello di una nuova Europa carolingia, che porti alla volontà di una rifondazione completa delle istituzioni, affinché queste permettano una vera unione federativa di popoli fratelli e non siano invece lo strumento dittatoriale di ideologie mondialiste e oligarchie mafiose? Non bisognerebbe, infine, ricordare chiaro e forte, come prima cosa, la nostra appartenenza a una civiltà europea che ci giustifica e che pone le sue radici nella nostra più arcaica antichità comune, sia essa greca, romana, celtica o germanica?”.
Tornando all’Italia, il problema è anche da un punto di vista del tipo umano. In questi momenti di grandi sfide e difficoltà, prima che politici servono uomini, uomini che vanno dritti per la loro strada e che non si piegano. Di uomini in grado di far sognare la gente, con grandi idee e soprattutto con una visione del mondo chiara, lucida, precisa. Di programmi se ne possono scrivere tanti e in un programma elettorale vi si può scrivere qualsiasi cosa. Ma soprattutto, dobbiamo risorgere come popolo, ricordandoci perennemente di chi siamo e chiedere riscatto, un riscatto che questa Nazione merita e che manca da troppo tempo. Occorre, per dirla come Beppe Niccolai: tornare comunità, tornare memoria.