![Giorgio Guazzaloca, già sindaco di Bologna oer una coalizione civica di centrodestra](https://www.barbadillo.it/wp-content/uploads/2017/04/Schermata-2017-04-27-alle-14.55.05-310x189.png)
Il popolo in luogo dell’elite. Più un Giovannino Guareschi che un Pierpaolo Pasolini. Più un Indro Montanelli che un Piero Ottone. Tutto e più di un Leo Longanesi che qualunque altro solone del pensiero unico e classista e, infatti, in lui, c’era più il Don Pasquale all’opera che la Festa dell’Unità.
E’ morto ieri. Fu il macellaio capace – come fu lui, capacissimo – di battere alle elezioni l’onnipotente armata comunista, post-comunista, riformista, de sinistra e conformista. Insomma, il Guazza. Il caro e mai domo Giorgio Guazzaloca, ex garzone di macelleria, che nell’estate del 1999 riuscì a espugnare il comune di Bologna, la Stalingrado del potere egemonico comunista, la città dove i cattolici stanno da sempre sottoscopa rispetto ai capicellula; la città dove Lucio Colletti – sommo spiritoso e grande filosofo, interprete di Marx ed Hegel – evitava sempre di andare. Vi abitavano i suoceri ma temeva di dover dare conto al capo-caseggiato.
Dopo 54 anni di potere rosso, fatto tutto di Pepponi emiliani, il Guazza che non era certo un Don Camillo – piuttosto un “capaoche”, ovvero un “peccatore perbene” innamorato dell’amore – faceva cadere la cortina di ferro all’ombra di via Zamboni e della Torre degli Asinelli.
Da rappresentante dei macellai cacciò via dall’organizzazione un collega che andò a piagnucolare con lui per via delle proprie corna: la moglie se l’intendeva con un fruttivendolo. Guazza fu irremovibile: da seccoli i macellai s’accompagnano alle mogli dei fruttivendoli, giammai il contrario.
Su di lui si accaniva il disprezzo della ceto dei colti, il razzismo della sinistra e la bieca sudditanza dei cattocomunisti all’ombra di Romano Prodi che, come scrive oggi sul Corriere Aldo Cazzullo definiva “grande esperto di piastrelle” per uno studio sul distretto delle ceramiche di Sassuolo.
Tutti i potenti della Kultura furono spietati contro il Guazza. Sabina Guzzanti disse: “Non votate un macellaio”. Carlo Flamigli, scienziato della fecondazione assistita, disse: “E’ come il giardiniere che ripete sempre sei cose”. Michele Serra – lo ricorda oggi Fabio Martini su La Stampa – disse: “E’ molto ricco”. Il Guazza, ridanciano, rilanciò: “Ti cedo le mie proprietà in cambio delle tue”. Serra sorvolò.
Fu sempre felice nonostante il cancro venisse a bussare sulle sue spalle di vedovo con due figlie da crescere proprio nel momento di quel traguardo (quando, sindaco di Bologna, accompagnava la maggioranza silenziosa alla più inaspettata delle soddisfazioni: cacciare il capocaseggiato che impediva a Colletti di potere recare visita ai suoceri).