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Libri. Le donne soldato di Heinlein: parità di genere (e di rischi) in un romanzo del ’59

by Marco Petrelli
29 Aprile 2017
in Cultura, Libri
0
Dina Meyer in "Starship troopers" di Paul Verhoeven.
Dina Meyer nel film “Starship troopers” di Paul Verhoeven (1997).

Ben prima della Legge 380/99, in un’America prospera, sicura di sè e con i ruoli familiari ben delineati (lui lavoratore, lei mamma scrupolosa e moglie adorabile), lo sci-fi militare  è “sconvolto” da un romanzo che in poche centinaia di pagine cancella la divisione di genere, lanciando un’immagine di donna che non può non lasciare indifferenti: Starship troopers (in italiano Fanteria dello Spazio) di Robert A. Heinlein.

Pubblicato nel 1959, vincitore nel ’60 del premio Victor Hugo, Starhip troopers racconta una società futura e a tratti distopica, un XXIII Secolo in cui la Terra è guidata da un’autorità filo-militare, la Federazione, e la cui umanità è emancipata e con pieni diritti civili che si acquisiscono nascendo; invece, per i diritti politici (passare, cioé, dallo status di “civili” a quello di “cittadini”) è necessario servire la Federazione stessa con corvée diverse, dal lavoro in opere pubbliche, alla civilizzazione di altri mondi, fino al servizio militare volontario, opzione scelta dal protagonista Juan Rico.

starshiptroopers_27
Il pilota Ibanez (Denise Richards) della Flotta ferita e prigioniera nel film del 1997.

Fanteria Mobile 

Astronavi, armi potentissime, situazioni degne di Guerre Stellari ma fucili a cartuccia per colpire una razza aliena e ostile che ha le sembianze di grossi insetti (cavallette, libellule, calabroni) da combattere nel contesto di un conflitto interplanetario nel quale la Fanteria Spaziale Mobile, coi suoi milioni di soldati, ha un ruolo di primo piano.

Tutti rischiano, tutti muoiono

 A dare un volto ai personaggi del romanzo e a materializzare le emozioni in esso narrate ci pensa Paul Verhoeven con l’omonimo film uscito nel 1997. La trama propone situazioni del tutto nuove per la fantascienza e che presagiscono (nella vita reale) il mutamento dei tempi e dei costumi: donne inquadrate in unità di fanteria e della flotta sottoposte al medesimo, durissimo, addestramento degli uomini; donne in battaglia ferite o uccise; femmine e maschi che dormono nelle stesse camerate e che usano gli stessi servizi, docce comprese. Altro particolare interessante è che pure le risse sono eterogenee. Meno piacevole e realistica è la continua, martellante propaganda:

“Abbiamo le navi, abbiamo le armi, abbiamo bisogno di soldati! Abbiamo bisogno di tutti voi, il servizio garantisce la cittadinanza!“.

2ae819d3266c0820653ddf4b726c6333Distopia o società ideale? 

La realtà di Rico e dei suoi commilitoni è molto particolare: hai una libertà che ottieni nascendo (essere civile) e un’altra che ti conquisti rischiando (essere cittadino). Pur partendo da basi pacifiste e nonostante sia in aperta antitesi con le ideologie del Novecento  (la Federazione è il Nuovo Ordine, le uniformi ricordano quelle della Wehrmacht, un esercito di massa e usato come carne da cannone), alla base di Starship troopers c’è uno spirito che lascia spazio a spunti di riflessione  sull’uomo e sulla donna: nella Fanteria dello Spazio viene meno ogni ostacolo dettato dalla morale e dal costume perché l’abnegazione e il sentirsi parte della costruzione di un avvenire collettivo rendono il genere qualcosa di insignificante. Espressione, fisica, di questi concetti è il soldato Florenz (Dina Meyer) che nella pellicola compare in ruoli diversi: studentessa spaccona, capitano della squadra di football, sensuale in abito da sera, agguerrita al campo d’addestramento, spericolata in azione ma, comunque, capace di esternare i suoi sentimenti nel pieno di una guerra galattica. I fanti stellari sono dei duri, ma non esseri disumanizzati.

Iconica immagine di una famiglia statunitense degli Anni '50.
Iconica immagine di una famiglia statunitense degli Anni ’50.

Dunque, 40 anni prima del “servizio militare femminile” italiano e in un’America maschile e conservatrice, Heinlein non solo lancia la sua rivoluzionaria idea di soldato, ma mette subito in discussione quei limiti che ancora oggi ostacolano una vera e totale equiparazione fra sessi, ad esempio i dubbi sull’inquadramento di donne donne nei corpi speciali (nei quali, tuttavia, cominciano ad entrare) o sul destinarle ad altri ruoli generalmente coperti dai maschi. Al contrario, Starship troopers le “butta” nella mischia mostrando come, talvolta, la fantascienza superi la realtà e non solo per astronavi e laser. Certo, l’idea di un mondo dominato da autorità filo-militari può lasciare perplessi specie se, come nel film, un errore dettato dall’opportunismo dello Sky Marshall costa alla Fanteria 100 mila perdite in un’ora; ma tolta la netta distinzione civile-cittadino, cosa c’è di tanto aberrante nel sostenere che uomini, davvero emancipati, credano con convinzione nel dovere, nel sacrificio e nel senso di appartenenza ad una comunità? Niente. E, forse, anche in questo Heinlein era milioni di anni luce avanti a noi già nel lontano 1959.

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Tags: Arruolamento femminileHeinleinPaul Verhoevenquestione di genereStarship troopers

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