Wikileaks ci racconta che la Cia ci spia (pure) attraverso la tv. Non bastavano le intercettazioni dell’Nsa o le montagne di Big Data raccolte, scandagliate e messe a profitto per scopi di sicurezza e/o commerciali. Adesso ci entrano in casa ribaltando i ruoli. Non siamo noi a guardare la tv, è lei che guarda noi, ci scruta, si fa gli affari nostri, ci giudica.
E non parliamo dei computer. Magari, mentre scriviamo queste righe, un anonimo sergentino di Houston – affezionato lettore? – sta per scoprire in tempo reale (e forse prima di me) cosa abbiamo intenzione di postare qui su Barbadillo. E chissà se la prenderà male quando gli diremo che il suo Paese, così facendo, rovistando nella biancheria sporca dello zapping tv di noi poveri imbecilli, s’è venduto l’anima al diavolo.
La retorica americana è tutta fondata sul mito della libertà. Un mito fortissimo e affascinante. Che ha attecchito in giro per il mondo. Condensato nell’icona americana per eccellenza, la Statua della Libertà. Gli Usa sono il Paese in cui puoi fare quello che ti pare ma dove se trasgredisci le leggi (poche ma buone) finisci in gattabuia. Essere liberi di fare ciò che ci pare più opportuno senza indebite interferenze da parte di nessuno, meno che mai da parte dello Stato.
Ecco, appunto. Lo Stato. Il demone statalista che s’era incarnato, sul mappamondo, nello spettro sovietico. Della defunta Urss, della fu Ddr. Dell’ex blocco comunista. Quello in cui non si viveva bene, dove mancava la libertà di far tutto. Dove il Kgb e la Stasi stavano perennemente attaccati alle microspie, alle telefonate. Dove si incitava alla delazione, dove si doveva avere il più stretto controllo su quello che si diceva, dove ogni frase sussurrata anche nel mistero del talamo nuziale, vegliata solo da una scassata tv a valvole che gracchiava la solida tranquillità pallosa trasmessa dalla Deutscher Fernsehfunk. Pronti a spiare i poveri cittadini che, ingannati con la retorica del mito del paradiso in terra, venivano letteralmente torchiati dagli uomini in stellette, cuffie e orecchie puntute.
E oggi? In teoria non avremmo nulla da lamentarci. L’abbiamo voluto noi. Ci siamo detti che la sicurezza è un valore e alla paura abbiamo sacrificato la nostra libertà. L’obiezione sarà di conseguenza quella sentita da quasi vent’anni (almeno dal settembre 2001) e ribadita a ogni pié sospinto dalla ipermorale giustizialista. Se uno non ha niente da nascondere, perché dovrebbe arrabbiarsi se un sergente americano gli scava nell’Iphone, se un contabile di Palo Alto mette in fila i clic di Google e ne ricava una scheda di marketing, se un funzionario della Cia camuffato da elettrotecnico gli viene a riparare la Smart Tv che ci si è comprati per vedere Gerry Scotti in Hd?
Ma proprio per lo stesso motivo per il quale i cittadini della Ddr odiavano la Stasi. Proprio perché non ha niente da nascondere non è giusto sottoporlo a limitazioni della sua libertà! Tanto vale istituire la settimana di carcere obbligatoria, magari come punizione preventiva. Per ora non hai fatto nulla (sempre che tu ce lo dimostri), chissà domani che farai.
Il garantismo, quello autentico fuori dalla canea da talk e da Bar Sport, è questo qui. E deve valere per tutti, anche per la signora Giovanna del piano di sopra, non è che lo si invoca solo per i nostri politici preferiti.