Venerdì 24 febbraio alle ore 21 a Casaggì Firenze, ci sarà un ospite d’eccezione a presentare il suo libro. Si tratta di Danilo Pagliaro, un legionario che tramite un testo ben scritto e documentato, racconta la sua esperienza in Legione Straniera, lasciando anche largo spazio alla sua vita privata. Una diretta testimonianza che lascia da parte ogni singolo luogo comune su quello che è uno dei Corpi d’èlite più famosi al mondo.
Pagliaro si racconta. Parla della sua vita personale, dal mancato arruolamento nelle forze di polizia perché, a detta di loro, aveva le vene varicose, fino al giorno in cui si presenta a Aubagne, solo ed unico centro di reclutamento della Legione. Dalla consegna del Kepì Blanc alle missioni a cui ha partecipato in prima persona. E non solo: il libro è anche ricco di particolari sulle modalità di accesso al Corpo, il duro addestramento al quale sono sottoposti gli aspiranti legionari e soprattutto le regole ferree da rispettare e onorare. Ma oltre a questo, vi è anche una bellissima testimonianza del cameratismo vissuto quotidianamente dai legionari. Leggendo questo libro, possono tornare in mente le parole di Ernst Von Salomon: “Nella sua essenza, il cameratismo si regge su di un vincolo di servizio, un patto in funzione di un terzo elemento: una persona straordinaria, un’idea, un compito eccezionale – forse, nell’ipotesi più attenuata, un comune universo di simboli”.
Si parla di tutto questo e non solo. Pagliaro rivela anche il suo lato più intimo, più umano. Parla delle sue vicende familiari e personali. Ci invita, a non mollare mai nella vita. Il tempo e la tenacia possono mettere a posto le cose più impensabili. Ma, oltre a questo, proprio nell’ultimo capitolo, tira una strizzata di orecchie a questa Nazione, che ci deve far riflettere. Pagliaro cita elementi cruciali come la crisi dei valori, la mitomania dei “legionari da tastiera”, la corruzione, l’assenza di spirito di sacrificio, la mancanza di amor Patrio, il nessun rispetto delle gerarchie. E chi più ne ha, più ne metta. Insomma, una critica generale che ci deve assolutamente spingere a risollevarsi come popolo e come Comunità.
Oltre a tutto questo, però, è necessario dare un brevissimo accenno alla storia della Legione, che ovviamente, è citata anche nel libro.
La Légion étrangère, nasce nel 1831 per volontà di Luigi Filippo d’ Orleans, che volle riunire nel suo corpo, tutti i militari stranieri presenti nel suo esercito. Il suo primo assalto, avviene a Maison Carrèe, a est di Algeri. La sua prima resistenza eroica, però, ebbe luogo il 30 aprile 1863, nel villaggio di Camerone, in Messico. La terza Compagnia del Reggimento straniero fu sterminata nel villaggio. E come scritto anche nel libro, ogni 30 aprile la testimonianza ufficiale dell’accaduto, viene letta in tutte le caserme della Legione.
Ma, questi, ovviamente, non sono i soli luoghi dove il Corpo ha combattuto. I Legionari hanno coperto zone belliche ovunque nel mondo.
Le due guerre del Novecento, nelle quali la Legione ha fatto la sua parte e che sono degne di nota, sono la Guerra d’Indocina, combattuta dal 23 novembre 1946, al 12 luglio 1954 e quella d’Algeria, durata dal 1 novembre 1954, al 19 marzo 1962.
La prima comprendeva l’Unione Francese in conflitto con il Vietnam del Nord, aiutato dalla Cina e dall’allora Unione Sovietica. La seconda, invece dalla Francia del generale De Gaulle e l’esercito indipendentista algerino, il Front de Libération Nationale (FLN).
Non ci soffermeremo sugli aspetti strettamente militari di queste due guerre. Andremo, invece, a mettere in luce, soprattutto per quanto riguarda l’Algeria, il significato politico e controrivoluzionario della guerra stessa. Dopo la sconfitta d’Indocina, infatti, in Algeria, i paras del 1° e del 2° Rep della Legione, misero in atto tecniche di controguerriglia che andavano a mirare il controllo politico e militare della popolazione algerina. Non vi fu, infatti, soltanto un aspetto militare, come accennavamo poco fa, ma l’aspetto da evidenziare è quello che i paracadutisti venivano presentati come i difensori della civiltà europea. E, tramite una testimonianza diretta di Dominique Venner, possiamo capire anche la speranza rivoluzionaria di una intera generazione:
“Quelli della mia generazione hanno avuto la fortuna di vivere nell’orizzonte della guerra e nella speranza di una rivoluzione nazionalista europea. Lo dobbiamo alla guerra d’Algeria. Che fu un orrendo incubo per le vittime, nostri compatrioti, traditi dal loro governo e cacciati da casa loro con una sanguinosa epurazione etnica. Ma fu anche l’occasione di un risveglio avventuroso per la mia generazione”.
Senso dell’avventura, lasciarsi alle spalle il passato, misurarsi incessantemente con se stessi. Questi sono alcuni dei motivi per i quali ci si arruola in legione.
Ma torniamo all’Algeria. Di questo aspetto, abbiamo anche una testimonianza italiana, quella di Pino Rauti, che spiegò i motivi per i quali l’ambiente di Ordine Nuovo rimase in qualche modo affascinato dalle vicende algerine:
“A suggestionarci, in realtà, non fu la Grecia, ma l’Algeria. Eravamo affascinati da quel mondo descritto ne “I Centurioni” di Jean Latèrguy, quegli ufficiali francesi che dopo la sconfitta in Indocina, si riorganizzarono ad Algeri, dove nell’aprile del ’61 ordirono un putsch. In Italia, però, non ci imbattemmo in nessun Salan. Riuscimmo a scovare solo degli analfabeti, dei mediocri, gente che non era capace di giocare nessun ruolo politico. Diciamo la verità: ci illudevamo di incontrare dei cercatori del Graal e trovammo, invece, solo dei noiosissimi massoni”.
L’Algeria, insomma, fu il luogo dove i Legionari provarono ad essere “soldati politici”. Soldati che, in quel caso, in prospettiva avevano l’Europa. Ma di tutto questo e di molto altro, come già detto, se ne parlerà venerdì 24 febbraio alle ore 21 a Firenze, in via Frusa 37. E soprattutto, per chi non lo ha ancora fatto ed è un appassionato di storia militare (e non solo), consigliamo vivamente la lettura del libro.
*Mai avere paura. Vita di un Legionario non pentito, di Danilo Pagliaro con Andrea Sceresini, edizioni Chiarelettere, marzo 2016, pp.217, euro 16