Una tradizione giapponese vuole che gli uccelli chiusi nella voliera e donati dal marito siano pegno di fedeltà per la donna e simbolo di felicità coniugale; se volano via, gli uccelli diventano messaggio per l’amante e violazione del patto d’amore. Due disegni.
Qui la matita tratteggia uno stormo su una donna (una geisha?), nuda: il corpo pieno è la voliera, la sensualità del grembo è per gli uccelli richiamo, ogni battito d’ali una parola d’amore. Richiamo per chi?
Per l’amante a cavallo – nel secondo disegno- che quello stormo confonde, richiama, desidera.L’amante è Hervè Jouncour, il protagonista di “Seta” di Alessandro Baricco; i disegni sono di Rebecca Dautremer, famosa illustratrice francese e stanno a distanza di poche pagine a incorniciare altri disegni, quelli di un amplesso donato. Fedeltà e infedeltà, infelicità e felicità. Amore, illusione, sogno? Ci si può perdere alla ricerca di una risposta. Come si è perso Hervè Jouncour nell’altra parte del mondo e in mano solo una mappa di battiti d’ali. Per Alessandro Baricco le mappe “Sono una contrazione, che fa fuori un sacco di mondo per stringerne una porzione […] una zampata da animale spaventato, e ogni mappa lascia il segno dei suoi artigli sulle nostre paure: in particolare su quella di non perderci, la più feroce che c’è.” Il disegno del mondo e l’artiglio sulle paure ovvero “Seta” il capolavoro di Alessandro Baricco illustrato da Rebecca Dautremer (ed. Feltrinelli, 2016).
“Seta” invitava già a essere letto come una mappa: parole per orientarsi in una porzione di mondo, la più inaccessibile e selvaggia, quella dell’anima. Rebecca Dautremer ha stilizzato le parole e ne ha fatto tracce. Dautremer disegnatrice dal tratto sottile e d’enfant riscrive in ottantotto disegni l’amore e la vita di Hervè Jouncour calcando la matita sull’assenza come traccia erotica. I suoi disegni sono evocativi, ammiccanti e nello stesso tempo fedifraghi del testo. In “Seta” Baricco fa dell’anima alcova dell’eros.
Eros, disarmato, racchiude nelle mani bozzoli filamentosi di desiderio. Il suo tocco è la carezza della seta sulla fronte di Hervè Jouncour e sulle mani appassionate della donna col volto di ragazzina, sul mistero paziente di Helène, sul potere di Hara Kei, sugli occhi di Balbadiou e sul polso ornato di fiori azzurri di Miss Blanche. La seta, Shiruku シルク, è tessuto prezioso, è morbida fino a farsi impalpabile, fluente tanto da doverla rincorrere se scivola sulla pelle, da poterla perdere mentre si stringe fra le dita. Perdere, perdersi. Esserci e poi svanire. O non esserci stati mai. Come non essere mai stati dentro il corpo della ragazzina dallo sguardo sconcertante e dalla trasparente sensualità e che, accoccolata nella prigione di Hara Key, costringe Hervè Jouncour a perdersi sulle tracce di una personale via della seta. Non essere mai stati in quel luogo alla fine del mondo, in quell’atlantide di sensi irrisolti. La rarefazione del tempo, la monotonia dei gesti, l’asfissia della passione, l’assenza dell’atto d’amore, l’atto d’amore reso lettera diventano nelle illustrazioni di Dautremer ora esplosioni di colore ora sottilissimi tratti di matita. Quell’Oriente lontano, più Itaca che Samarcanda, delle parole di Baricco rinasce nelle illustrazioni di Dautremer – le più belle del libro- come suggestione delle pitture e dei disegni della tradizione giapponese, dei fiori e degli uccelli dai Ming a Sesshū Tōyō. Ancora, il disegno del viaggio, le mappe: fumetti traditi. Nei disegni dei personaggi e degli oggetti Dautremer ritrova il suo stile – quello delle “Principesse”- e rende la loro solitudine con l’esplosione “teatrale” del colore, della macchia dominante dei rossi -insieme al nero e al verde-, dell’incertezza delle linee per le figure decisamente più deformate nei i disegni circensi, del “seppiato” della lettera e di Hervè che l’ascolta leggere.
“Dai timbri, la lettera sembrava provenire da Ostenda. Hervè Jouncour la sfogliò e la osservò a lungo. Sembrava un catalogo di orme di piccoli uccelli, compilato con meticolosa follia. Era sorprendente pensare che erano invece segni, cioè cenere di una voce bruciata”
Le illustrazioni di Rebecca Dautremer prendono il lettore per mano e lo costringono al malinconico viaggio di Hervè Joncour: avanti e indietro tra parole e disegno, con una bussola che a volte segna il punto d’incontro e più spesso lo perde, fino alla fine del mondo dove la poesia è l’unica regione visibile.