Alla faccia del quid, è nella sicumera con la quale don Angelino Alfano va a giurare davanti a Mattarella l’immagine simbolo del governicchio del duca conte Gentiloni. Alfano, dopo lunga gavetta ministeriale, approda alla Farnesina. Sarà ministro degli Esteri. Il posto che fu il preferito di uno come Giulio Andreotti, che ministro degli Esteri lo è stato per cinque volte.
Dietro una porta chiusa, giù giù in fondo nelle cupe stanze arabescate del Quirinale, apprendiamo dall’inviata di Mentana che i neoministri hanno brindato. Questi dureranno, altroché. Perché è il governo che ci voleva, davvero: un governo di senza quid, di basso profilo, senza pretese, in cui è fatalmente don Angelino a titaneggiare.
“Lascio tra i successi come ministro degli Interni. Il nostro successo è che qui non è successo niente”. Lo ha detto lui, AngeAlfa ancora a La7, e il buon Mentana ha chiuso subito il collegamento. Certo, si riferiva al fatto che attentati qua non ce ne sono stati. Ma, insomma, non è che le cose vadano chissà quanto bene sul fronte dell’ordine pubblico e della gestione dell’immigrazione.
Comunque sia, Angelino è in sella quasi ininterrottamente dal 2008. Comincia come ministro della Giustizia. Poi si concede una “pausa” e fa il segretario del fu Pdl. Berlusconi gli fa capire che a lui gli eredi stanno più antipatici dei comunisti e quando il governo si scapicolla sotto i colpi del caso Ruby, Alfano torna a fare il ministro, stavolta agli Interni. Con l’ineffabile Mario Monti, chiamato a salvare l’Italia. Mantiene la carica sopravvivendo al buon Letta (Enrico) e al bullo scornato Matteo Renzi. Fino all’exploit con il conte rosso (anzi, rosella sbiadito) Paolo Gentiloni. Oggi si ritrova titolare del ministero degli Esteri.
Lui, che ha un partito che si chiama Nuovo Centrodestra e stabilmente occupa posti nei governi di centrosinistra. Lui che è a capo di Ncd, formazione non raggiunge (da sola) nemmeno il 3%, la cui pagina Facebook dnon ha manco la metà dei mi piace di quella del nostro piccolo blog. Lui, stasera, giganteggia tra dalemiani di ritorno, renziani di controllo e confermatissimi (tra cui l’ineffabile Beatrice Lorenzin). Tutti uniti da una sola cosa: l’assoluta mancanza di un qualsiasi quid.