La crisi di governo, risultato della sconfitta del sì al referendum, non deve fare passare in secondo piano il tema della riforma costituzionale. Al di là del pasticciaccio brutto, elaborato dal duo Renzi-Boschi, la questione rimane rilevante. A maggior ragione per quanti, pur manifestando la loro opposizione, non hanno mai considerato questa scelta in termini di mera conservazione dell’esistente.
A sbagliare nel metodo e nel contenuto – lo abbiamo ribadito più volte – è stata la maggioranza di governo, oggi dimissionata dal popolo italiano. L’inadeguatezza dell’attuale Carta Costituzionale rimane un dato oggettivo. Per questo il tema va tenuto ben vivo, cercando di fare tesoro degli errori passati. In questo ambito la chiarezza decisionale e la partecipazione sono essenziali. A dircelo è lo stesso risultato del referendum, che ha fatto registrare un’inusuale partecipazione al voto degli italiani e ha costretto tutti ad occuparsi, pur con diverse sfumature, delle ragioni e delle storture della nostra Carta fondamentale. Che fare allora? La proposta di arrivare all’elezione o alla convocazione di un’Assemblea Costituente appare la strada più immediata, in grado di rispondere alle questioni di metodo e di contenuto, rimarcate – da più parti – in sede di dibattito referendario, un’Assemblea eletta con il sistema proporzionale, frutto di un chiaro confronto programmatico, e con un mandato temporale ben definito (un anno), in grado di elaborare un progetto di riforma organico e condiviso. Alle diverse forze in campo di fare le loro proposte e di verificarle con l’opinione pubblica. Ciò renderebbe finalmente palesi i diversi orientamenti , obbligando i rispettivi schieramenti a scoprire le carte sui grandi temi “sensibili” del presidenzialismo, del sistema elettorale, del bicameralismo, del rapporto tra i poteri dello Stato, del numero dei parlamentari, del vincolo di mandato, del federalismo, con il conseguente coinvolgimento dei cittadini-elettori, resi partecipi di un essenziale passaggio politico-istituzionale per la vita del Paese.
L’elezione/convocazione di un’Assemblea Costituente non è in contrasto con eventuali elezioni politiche generali. Può anzi precederle, rimarcando, in modo chiaro, l’idea della riforma costituzionale, ma tenendola ben distinta da un confronto sui programmi, sull’azione di governo, sui grandi temi dell’emergenza economica e sociale.
Sottovalutare questa opzione significa non avere compreso che cosa è veramente accaduto il 4 dicembre e quali potenzialità, ben al di là dei numeri, ha in sé quel risultato.
Con il referendum i cittadini hanno dimostrato di volere riprendere in mani il loro destino politico. Un serio confronto costituente vorrebbe dire dare uno sbocco concreto a questa volontà partecipativa.