
Machiavelli, altro che La Pira. Non è il sindaco santo di Firenze il modello di Matteo Renzi ma il segretario fiorentino, messere Niccolò da cui il premier delle schiforme, della rottamazione e della disoccupazione (altrui) attinge la scienza volpigna: “E’ molto più securo essere temuto che amato”.
Altro che Jim Messina – il consulente americano per la propaganda del Pd ingaggiato a colpi di 400.000 euro – Renzi resta fedele agli insegnamenti del “Principe” e non cade nell’errore dei predecessori: vantaggio a nessuno.
E perciò mai più i canuzzi adottati in diretta come Mario Monti ospite di Daria Bignardi alle Invasioni Barbariche; mai più la bonomia tortellina di Romano Prodi; mai più il buonissimo buonismo di Walter Veltroni; mai più i conigli mannari di Arnaldo Forlani; a mai e poi mai il risotto di Massimo D’Alema ai fornelli di Porta a Porta; mai più le sagrestie di Giulio Andreotti e nessuno si sogni di avere regalate le dentiere, quelle che donava Silvio Berlusconi sempre buono coi questuanti perché non ci saranno più biscotti.
Mai più le bonissime del Bunga Bunga, scienza dell’altruismo come mai se n’è avuta tra i Sette Colli di Roma; mai più Papi buoni, e non nel senso del Cavaliere, ma proprio nel senso del Pontefice perché Sorrentino su Sky, col suo The Young Pope per raccontare il giovane premier d’Italia, ne ha dovuto inventare uno cattivissimo di Papa, molto più temuto che amato.
Altro che Jim Messina, dunque: qui urge il commentario alla prima decade di Tito Livio. Oppure Gigi Magni, con Gigi Proietti perché Renzi, insomma, è sempre lui: Tarquino il Superbo. (da Mix24)