La Fondazione Einaudi sbanda a sinistra. La linea politico-culturale è al centro di una vera contrapposizione. Ne paga il conto il direttore scientifico Lorenzo Castellani, intellettuale liberale, la cui carica viene cancellata dal sito ufficiale. Ecco la versione di Castellani del caos nel pensatoio liberale
Cosa succede nella Fondazione Einaudi? Dico la mia.
a) Quando mi hanno chiesto a gennaio di fare il direttore scientifico ero conscio delle difficoltà. Zero fondi, un team da costruire, un passato importante ma difficile. Ho accettato perché da liberale ritengo che se certe sfide non le cogli a ventisei anni non le coglierai mai. In dieci mesi, con tanti altri, abbiamo mostrato ciò che si può fare a costo zero per un centro di cultura. I risultati ottenuti sono merito della struttura a livello pratico e mediatico. Va riconosciuto alla presidenza il coraggio nell’aver colto la sfida e impresso nuova energia puntando sui giovani. In questi mesi decine di paper, convegni, articoli, presenze televisive e mediatiche sono state realizzate grazie ai nostri sforzi. Il tutto gratuitamente. Gli impegni finanziari promessi dalla nuova Presidenza, inoltre, non sono ad oggi rispettati. Così come è mancato (o è stato impedito?) un serio piano di programmazione strategica e formazione del budget. Una volta fatto notare ciò da cinque membri su nove del Cda, questo Cda è stato sciolto e sostituito con un colpo di mano. Nel frattempo è stato anche rimosso Giovanni Orsina come Presidente del Comitato Scientifico.
b) Cosa è successo? Da luglio, e definitivamente da settembre, si è scelto di puntare non sulla ricerca, ma su altro. Il Presidente ha scelto di investire economicamente assumendo un proprio assistente personale venendo meno alle promesse precedenti di destinare alla ricerca i proventi economici disponibili. In breve, uno stipendio all’assistente e zero alla ricerca (che non sono solo io ma i tanti ragazzi che hanno collaborato in questi mesi).
c) Politica. Sì, ho ricevuto pressioni politiche dalla presidenza. Sono dimostrabili? No perché tutte tenute a voce. Gli articoli e la presenza ad eventi sul/del centrodestra non erano graditi. Sul referendum c’è stato il diktat di non prendere posizione. La Fondazione doveva concentrarsi nell’influenzare, corteggiare, promuovere ciò che si muove nella maggioranza di governo perché “il futuro è lì”. Non sono un caso alcuni eventi tenuti in questi ultimi mesi senza consultare il direttore scientifico come la presentazione del libro del sottosegretario Davide Faraone. Insomma, alla Einaudi si può essere liberali ma a senso unico perché sul rapporto con la politica, frase a me rivolta dal presidente, “non accetto né i consigli tuoi nè quelli di nessuno”. Così è stata sconfessata la tradizione della Fondazione per cui questa raccoglieva voci, posizioni e sensibilità politiche diverse libere di intervenire nel dibattito pubblico autonomamente. Potevo strappare subito o andarmene in polemica dopo questi due punti, ma non l’ho fatto per serietà e senso dell’istituzione.
d) Non ho ricevuto alcuna comunicazione sulla revoca del mio incarico. Non mi sono dimesso. Eppure sono stato cancellato dal sito internet. Purga staliniana per aver suggerito un cambiamento nel modo di gestire le cose e ricomporre le fratture. Non mi dimetto ad ora perché voglio che chi ha assunto questo atteggiamento lo porti fino in fondo assumendosi le responsabilità politiche e giuridiche nei confronti del direttore scientifico.
e) Grazie a tutti coloro che hanno collaborato in questo anno ed espresso vicinanza in queste ore. Li rassicuro: saremo noi a cambiare la politica, non viceversa. E sono altri a dover stare sereni.