La Mafia non è di destra e nemmeno di sinistra. La Mafia odia i criminali comuni, gli scippatori, quelli che entrano in casa per rubare l’argenteria e se si trovano un’anziana davanti la ammazzano di botte. A modo suo, la Mafia è moderata. Ricerca il quieto vivere, una sorta di “centro”. Sarà questo il motivo che, per contrasto, ha visto fianco a fianco e tra le prime file dell’antimafia uomini che in gioventù si erano spesi politicamente sulle barricate opposte delle ideologie forti del ‘900.
Il giornalista Beppe Alfano, ucciso per via delle sue inchieste sui rapporti tra le amministrazioni locali e le cosche, in gioventù era stato militante prima di Ordine Nuovo e poi dell’Msi. Paolo Borsellino, l’eroico magistrato del pool di Palermo, all’università stava con quelli del Fuan. Tanti anche a sinistra, come il sindacalista ed esponente della Cgil Placido Rizzotto, ucciso per via del suo impegno al fianco dei contadini siciliani.
L’elenco delle vittime è ancora lungo ma non sarebbe completo senza il nome di Peppino Impastato. Il giovane militante di Democrazia Proletaria, proveniente da una famiglia contigua alla criminalità organizzata, venne ucciso nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1978. Anni di violenza politica per l’Italia, la stessa violenza con cui gli assassini del giovane provarono a camuffare il suo omicidio facendolo passare per un attentato terroristico andato storto. Venuta a galla la verità, grazie all’impegno di madre, fratello e compagni politici, la verità storica sulla vicenda venne restituita ma l’omertà intorno a mandanti ed esecutori continuò a pesare come una coltre di fumo.
La vicenda di Peppino mostra con tutta la forza dell’esplosione che lo uccise, come parti diverse che si combattevano aspramente per due idee di Paese incompatibili tra loro avessero comunque insito nel dna un punto comune: l’idea di Stato come argine dei soprusi dei singoli. Cosa che, invece, allo Stato dell’epoca, quello dei moderati, quello dei singoli, mancava.
@FedeCallas