Pubblichiamo una lunga intervista a Marcello De Angelis, ultimo direttore del Secolo d’Italia cartaceo nonché intellettuale nonconformista, da Terza Posizione al neoforzista Stefano Parisi, passando per Isis e priorità della destra italiana
Marcello, mi servi per una riflessione importante.
«Mi trovi sotto il sole, al Circeo».
E per questo non puoi aiutarmi?
(Ride). «Al contrario – “Bambiniiii! niente tablet finché c’è luce!” – posso dare il meglio di me».
Tu – uno degli ultimi intellettuali di destra sopravvissuto – devi darmi un’opinione sulla Fiamma.
(Vagamente stupito). «Quella del Msi?»
Proprio lei. Era l’ultimo simbolo sopravvissuto della prima Repubblica.
«Certo, inscritto nel simbolo di Fratelli d’Italia».
Adesso un dirigente del partito, Giovanni Donzelli, propone di cancellarla. La Meloni pare tentata.
«Ho sentito. Non c’è più la falce e martello, né lo scudocrociato o l’Edera. Anche la Fiamma è destinata alla storia».
Che ne pensi?
«Ti dirò. Non so se per gli stessi motivi di Donzelli, ma sono d’accordo».
Perché?
«Partiamo da cosa rappresentava».
La bara di Mussolini. È vero?
«La storia: quella Fiamma è stata disegnata da Emilio Maria Avitabile, un artista napoletano, un pittore, un reduce, un militante, un genio».
Perché?
«Perché quel logo era la trasmissione dell’eredità di un mondo, ma non utilizzava nessuno dei vecchi simboli della memoria fascista. Quando entrai nel Msi, a 13 anni, ci dicevano che la Fiamma e le sue cinque punte, di cui una piccola che sporge un po’ laterale, fossero le dita di una mano tesa».
Un saluto romano?
«Esatto. La Fiammetta è il pollice».
E la base? Era davvero la bara del Duce, o una ciotola, come diceva la satira di Lotta Continua?
«Una ciotola?! Per me la bara è l’unica spiegazione possibile».
C’è altro?
«Rsi diventa chiaramente Msi. Ma per qualcuno Msi era anche una contrazione di MussolinI».
Oppure?
«Le leggende dicevano che fosse un acrostico: “Mussolini Sarai Immortale”. All’inizio rappresentava la nostalgia della Rsi, poi la nostalgia del Msi, infine la nostalgia di An».
E adesso?
«Adesso diversi sedicenti eredi si scontrano per il possesso di quel simbolo».
Perché?
«Forse per un equivoco nato quando un sondaggista – mi pare Piepoli – ha sostenuto che la Fiamma avesse un appeal elettorale del 2%. Ma credo che in Italia non ci sia veramente gente che voterebbe un simbolo senza preoccuparsi di chi o quale progetto ci sia dietro».
Quindi?
«Oggi la Fiamma non rappresenta più quel passato né un presente. Certamente non un futuro».
In un giorno di canicola ferragostana inseguo Marcello De Angelis per parlare di storie vecchie e nuove. Marcello è stato missino da ragazzino, poi tra i fondatori di Terza posizione alla fine degli anni settanta. Ha perso un fratello, Nanni, nella carneficina degli anni di piombo. È stato latitante a Londra, poi da giornalista è diventato direttore di Area, poi dirigente di An, quindi senatore e quindi deputato. Dopo la fine di An è tornato a viaggiare, come volontario di una Ong. Mi dice più di quello che speravo.
Veneziani dice che Putin, la Le Pen e Trump sono la destra politicamente scorretta.
«Sicuramente Trump non può essere identificato con la tradizione della destra italiana. Putin è un altro discorso…».
Perché?
«La destra ha una incarnazione diversa in ogni parte del mondo».
Anche la sinistra, allora.
«No. La sinistra è stata internazionalista e quando è finito l’internazionalismo è diventata globalista. La destra può essere solo nazionale».
Il fascismo era sovranazionale.
«Il fascismo ha avuto una vocazione universale. La rivista di Berto Ricci – infatti – si chiamava “l’Universale”. Ma la destra non è il Fascismo. Io ho un’idea di destra piuttosto semplice. Per me la destra è il partito della Nazione».
Ma come? Quello di Renzi?
«Renzi non è stato in grado di farlo. Per il semplice fatto che non è di destra. E nella nostra storia recente c’è un paradosso».
Quale?
«La destra di governo in Italia ha avuto una classe dirigente di sinistra».
In che senso?
«Il bipolarismo è stato incarnato da una sinistra comunista e una non-comunista. Berlusconi, Bondi, Cicchitto, persino Quagliarello, sono uomini di sinistra. Persino il tuo direttore, Feltri, viene dalla storia socialista».
La destra è conservatrice?
«Certo. Ma anche rivoluzionaria. Come diceva Burke esiste una rivoluzione – quello francese -per distruggere e una – quella inglese – per restaurare: il diritto, l’autorità legittima…».
E in Italia cosa serve?
«Un partito della nazione per ricostruire la comunità nazionale, la coscienza nazionale e l’interesse nazionale».
E i moderati?
«Sui principi non si può essere moderati…».
E i lepenisti italiani?
«Essere lepenista in Italia non significa nulla. Il lepenismo è un prodotto di 40 anni di storia francese».
E il populismo?
«Il populismo In Francia si chiama Le Pen, in Spagna Podemos, in Grecia Siryza o Alba dorata, in Italia M5s…».
Perché in Italia il populismo non è incarnato dalla destra ma da Grillo?
«Quando si è manifestato lo scollamento tra elites e popolo la destra era al governo: non poteva cavalcare la protesta».
Non puoi più essere di lotta perché sei al governo?
«E quando smetti di essere al governo rischi di non essere più nulla».
Ti ispira Parisi?
«Parisi può fare l’amministratore delegato di un nuovo partito azienda. Ma gli uomi del vecchio partito aziend oggi sono diventati politici, rispondono alle logiche politiche.
Ovvero?
Non si fanno dimissionare”
Si può fare un nuovo partito azienda?
«Forse. Ma non della Forza Italia di oggi. Se tieni Parisi perdi gli altri».
Voti Sì o No al referendum?
«La Costituzione va riformata, è scontato. Renzi ha fatto una riforma con linee simili a quelle già proposte dal centrodestra…».
Quindi voti sì?
«Ma la sua riforma risponde a una equazione renziana: personalistica, pasticciata e affrettata…».
Quindi voti No?
«Se votare No serve a fondare un nuovo centrodestra ha senso votare No».
Diventi missino a 13 anni, perché?
«A quei tempi erano tutti comunisti, prepotenti e prevaricatori. Io ero contro».
Dove ti iscrivi?
«Sezione Parioli, viale Rossini. La stanza del segretario con il gagliardetto nero, la foto di Almirante…».
Il segretario?
«Un giorno gli dico: vorrei leggere dei libri. Mi tira fuori quelli di Pisanó con foto di infoibati, donne rasate e violentate, e mi fa: “Guarda!!! È tutto quello che devi sapere!».
Un anno dopo esci.
«Dopo un po’ di tempo aderiamo a Lotta studentesca, poi nasce Terza Posizione. Leggevamo Drieu La Rochelle, Brasillach, Pound, Codreanu…».
Nel 1980 vai latitante a Londra.
«E ci resto 10 anni… Un altro mondo, un’altra vita…».
Hai pensato di lasciare la politica?
«Se hai iniziato a fare politica credendoci non puoi smettere».
Torni da Londra ed entri in An.
«Mentre sono fuori dai giochi si verificano due cataclismi».
Quali?
«Cade il muro di Berlino, nel 1989: tutto il mondo in cui ero vissuto non c’era più, finiscono il comunismo e l’anti comunismo».
E poi?
«Il 1992 cancella il sistema di potere che avevamo combattuto: Pentapartito, servizi deviati, P2, compromesso storico. Tutto finito. Torno e c’è un nuovo mondo, una nuova Italia. E quindi un nuovo Marcello de Angelis…
Diventi direttore di Area, la più importante rivista della destra, poi parlamentare…
“Poi ultimo direttore del “Secolo”, almeno in carta”.
Nel 2013 è finita la tua seconda vita politica?
«Sono stato forse l’unico del Pdl a votare contro Monti sin dall’inizio. Berlusconi lo sosteneva e io ho preso un’altra strada».
Pentito?
«La cosa migliore che ho fatto. Mi è stato detto che non ero più considerato affidabile. E ho continuato a votare in dissenso».
E loro?
«Se continui a non votare non sarai ricandidato”».
Tragedia?
«No, aveva una sua logica. Se vuoi essere libero è giusto che paghi. Verdini mi ha espunto dalle liste con un tratto di penna».
Una delusione.
«Non quella. Ma essere allontanato dalla direzione del Secolo sei mesi dopo. Arriva un amministratore e mi fa: “sono cambiati gli equilibri”. Non ero più in nessuna “quota”…».
Inizi una nuova vita: volontario in una Ong tra Africa e Medio Oriente…
«Avevo bisogno di dimostrare a me stesso che potevo ancora fare qualcosa di utile per gli altri: Libano, Etiopia, Siria…».
Cosa hai capito dell’Isis da lì?
«Era tutto prevedibile: l’Isis non è un fenomeno spontaneo e non è figlio del caso».
E cioè?
«Nasce perché gli USA volevano arginare l’influenza sciita in Iraq».
E poi?
«È potuto diventare uno stato perché l’apparato amministrativo di Saddam si è messo al servizio di questo progetto. Quando nel 2014 gli americani hanno abbandonato la loro zona di influenza intorno a Mosul hanno lasciato le chiavi di casa ad Al Baghdadi. Volevano sfruttare il fanatismo sunnita per ostacolare il governo legittimo di Baghdad, vicino all’Iran e controllato dagli sciiti che, essendo maggioranza, hanno vinto le elezioni».
Dove hanno sbagliato gli occidentali?
«Il fattore imponderabile è stato la crisi siriana».
Possibile?
«Tutti scrivevano che Assad sarebbe morto in due mesi. Errore. L’Iran e i russi lo hanno sostenuto e rilanciato».
Però la crisi della Siria…
«Ha mandato in tilt due paesi. Reso pericoloso ed espansivo l’Isis».
Serve la guerra al Califfato?
«Certo. Solo così L’Isis in due anni sul territorio potrebbe non esistere più».
Avremo reduci kamikaze?
«Resteranno delle mine vaganti, sicuramente. Ma il terrorismo spontaneo e indipendente non esiste».
Quindi?
«Vanno spazzati via da Mosul e Raqqa fino all’ultimo uomo».
Con le bombe?
«È meglio la guerra di terra. Vedi il nemico in faccia e si ammazzano meno innocenti. I bombardamenti non fanno distinzioni».
Possiamo fermare gli attentati?
«L’unico modo per estirparli è togliergli il brodo di cultura».
Spiega.
«Le Br potevano essere sconfitte solo dal Pci. Il terrorismo dell’Isis solo dalle comunità islamiche».
Ci credi?
«In Siria e Iraq l’Isis ha ucciso così tanti musulmani che è già accaduto».
In Italia?
«Qui non c’è l’odio delle banlieu francesi. I nuovi italiani sono nati italiani e si sentono italiani».
E gli integralisti?
«Ci sono anche qui, certo, ma sono dei marginali facilmente identificabili”.
Cioè?
“Bisogna che le comunità islamiche si prendano le loro responsabilità se vogliono che gli italiani non li considerino alieni ostili. Sono i musulmani che devono identificare, isolare e sconfiggere il virus che hanno al proprio interno».
Cosa manca?
Un concilio Vaticano secondo dell’Islam. Ci arriveranno.
E tu? Dopo tutte queste vite, ti senti uno sconfitto?
«Non sono sicuro di conoscere il senso di questa parola. Sono deluso forse. Anche di me stesso. Pensavo avrei potuto fare di più per il mio popolo e la mia Patria. Se Dio mi desse un’altra occasione farei meglio». (da Libero)