“Andreotti aveva un’idea di Patria, non di sistema-paese, come lo chiamano gli odierni idioti”. Barbadillo.it ha chiesto a Maurizio Cabona, scrittore e saggista, già inviato di politica internazionale per “Il Giornale”, di tracciare con una intervista il ritratto di un politico che ha segnato la storia repubblicana dell’Italia.
Andreotti pareva immortale. A che cosa si deve questa immagine di eternità?
“Si vive sempre troppo a lungo per chi vorrebbe prendere il nostro posto… Giulio Andreotti è, nel 1946, il rinnovamento generazionale. Il confronto tra lui e gli aspiranti rottamatori attuali è disastroso per costoro”.
Uomo di governo e uomo di partito…
“… Uomo di partito, prima; statista dopo e a lungo. La differenza rispetto a un banale uomo di governo è notevole. Deriva dal senso dello Stato e della Patria, che non è stato di tutti i democristiani”.
Continui.
“Il padre di Giulio Andreotti muore per le ferite di guerra (1915-18) quando lui è piccolissimo. Anche per questo De Gasperi affida a Andreotti la mobilitazione propagandistica contro il trattato di pace del 1947, che minaccia le regioni annesse quasi trent’anni prima”.
Mobilitazione che coinvolge il cinema.
“Tra 1949 e 1954 il tricolore sventola o una canzone patriottica echeggia in ogni film italiano non di marca social-comunista. Merito di Andreotti, come la fine dell’epurazione del regista Francesco De Robertis, ideatore del neorealismo, per aver aderito alla Repubblica Sociale. Come merito di Andreotti è mettere nel 1951 il busto di Giuseppe Volpi, scomparso nel 1947, nell’atrio del palazzo del cinema al Lido di Venezia”.
Per qualche regista italiano Andreotti è stato l’incarnazione del potere.
“Paolo Sorrentino lo presenta così nel Divo, più con umorismo che con cattiveria. Altri ne hanno fatto l’incarnazione del Male. Sfidando il ridicolo”.
Che idea dell’Italia aveva Andreotti?
“Un’idea di Patria, non di sistema-paese, come lo chiamano gli odierni idioti”.
Quale la geopolitica di Andreotti?
“Concepisce l’Italia come potenza regionale, ma capace di recuperare il ruolo di ago della bilancia nel Mediterraneo, quali che siano i rivali: Francia, Gran Bretagna, Israele…”.
Il Medio Oriente…
“… Vasto programma!”.
Conto sulla sua dote di sintesi.
“A fine luglio 1990, durante la prima intifada e mentre l’Irak annette il Kuwait, arrivo a Tel Aviv e vengo fermato dalla polizia israeliana come giornalista antisionista del solo quotidiano sionista dell’Italia di allora. Supero il contrattempo, salgo in taxi e l’autista, un palestinese, mi rasserena: ‘Are you italian? Andreotti is a friend of Palestine!’. Ecco la mia sintesi”.
Andreotti e le guerre anti-serbe della Nato.
Nel libro Ditelo a Sparta (Graphos, 1999) ho raccolto il dissenso rispetto all’aggressione della Nato contro la Serbia col pretesto del Kosovo: c’è anche Andreotti. L’ho conosciuto in quest’occasione e non ci siamo più persi di vista.
I rapporti di Andreotti col Msi?
“Andreotti conosce dal 1946 origine e funzione del Msi: guardia bianca che attragga i fascisti tenaci e illusi. Quando, tra 1971 e 1972, Almirante finge di dimenticare perché fa politica, Andreotti lascia trasparire il disprezzo. Poi, con Fanfani, favorisce la secessione di Democrazia Nazionale, archetipo di Alleanza Nazionale. Di quel parto prematuro l’ideologo è Indro Montanelli. Ma questa è un’altra storia”.
Andreotti porta nella tomba segreti di Stato?
“Non nella tomba. Li avrà passati a chi ne faccia buon uso. E’ presumibile, del resto, che a casa sua, nei mesi della malattia, ci sia stato un via vai di spioni. Accadde anche per la morte di Cossiga, il nemico di Andreotti che involontariamente lo salvò, facendolo senatore a vita”.
Che cosa resta delle intuizioni andreottiane?
“La politica estera nazionale sincronizzata su quella vaticana: allora per ridurre i danni del trattato di pace, oggi per arginare i danni del trattato di Lisbona”.
La differenza tra allora e oggi?
“Che non c’è più Montini, prima alla segreteria di Stato, poi come papa”.
@waldganger2000