Il voto amministrativo sarà decisivo alla formazione di nuovi scenari politici in vista del referendum di ottobre in cui il governo, in una sorta di “lascia o raddoppia” politico, si gioca faccia e prospettive. Però ci sono anche altri orizzonti che usciranno nuovi (o no?) dalle urne.
Per questo, e prima che i mille e più seggi sparsi per l’Italia diano il loro responso, riteniamo di dover porre dieci domande, ineludibili, al fine dell’analisi del voto di quest’anno.
Prima questione: Giorgia Meloni sarà in grado di battere gli (ex) colonnelli della fu Alleanza Nazionale (più Forza Italia) asserragliatisi a difesa del generale Alfio Marchini? E nel caso in cui gli uni o l’altra dovessero spuntarla dalle urne a scapito di M5S e Pd, sarà l’ennesima resa dei conti senza prigionieri oppure si potrà fare un’alleanza armata?
Seconda questione: Noi con Salvini è al giro di boa. Questo turno elettorale sarà la prova del nove delle potenzialità elettorali del cartello meridionale della Lega. Sarà stata vera gloria, l’intuizione che a suo tempo ebbe quello che i sostenitori chiamano il Capitano, o il progetto verrà ridimensionato dalle urne e, di conseguenza, dalla leadership del partito?
Terza questione: Milano è da sempre banco di prova il più preciso sui destini di destra e centrodestra. Parisi combatte la battaglia contro lo scintillante Sala. Riuscirà a spuntarla? E se sì, quali saranno gli equilibri interni allo schieramento per il post elezioni?
Quarta questione: Non succede, ma se succede, in vista del successo referendario (auspicato) di ottobre, Renzi potrebbe pensare a gettare le basi per il Partito della Nazione, ossia la Democrazia Cristiana 2.0. A sinistra (per Civati, Fassina e soci) ci sarà margine d’azione oppure si finirà schiacciati (e magari fuori, insieme alle destre sovraniste, dall’arco europeista?)
Quinta questione. I candidati dei Cinque Stelle sono fortissimi e il motivo lo si conosce. Dovesse vincere Virginia Raggi a Roma, si potrebbe delineare un quadro che – riprendendo le eventuali condizioni di cui alla domanda precedente – farebbe del partito di Grillo il succedaneo del fu Pci, unico partito di massa di opposizione?
Sesta questione. Delle elezioni a Napoli s’è parlato pochino a livello nazionale. Eppure, anche qui, il centrodestra s’è frammentato. Dovesse tornare a vincere De Magistris, la città uscirà dal suo splendido isolamento oppure dovrà rassegnarsi al destino di perla esotica del Mediterraneo perché Renzi finora non è riuscito a costituire una classe dirigente di sua strettissima osservanza e obbedienza?
Settima questione. Affluenza alle urne, sarà buona o no? E, soprattutto, si inizierà (da parte di tutti i partiti, movimenti, cartelli civici, compagnie locali) ad alzare l’asticella politica iniziando magari ad elaborare qualche programma almeno un po’ originale che non annoi l’elettore con la solita, pallosa e utopistica prospettiva di una città verde a misura di cagnolini?
Ottava questione. L’ondivaga posizione di Forza Italia unita alla radicalizzazione dei toni da parte del cartello sovranista avrà definitivamente abbattuto i ponti tra gli arcipelaghi del (fu) centrodestra? Ovvero, alla luce di alleanze (che il voto popolare promuoverà o boccerà) quale sarà il destino dei famosissimi e mai abbastanza onorati “moderati”? Chi dovranno votare? Oppure Renzi se li ingurgiterà in un sol boccone a ottobre?
Nona questione. La famosa “area” si compone di altre isole, mondi finora inesplorati (al mainstream) che (ancora il mainstream) descrive- demonizzando tremante e timoroso – come abitati da cannibali in camicia nera fuori tempo massimo. Cosa hanno in serbo per loro le urne?
Decima questione. Il Pd non sembra voler vincere che a Milano. I Cinque Stelle sono in rampa di lancio a Roma. A Napoli De Magistris ha il solo ostacolo Lettieri verso la riconferma. La destra, divisa, litigiosa e rancorosa ha voglia di tornare a baloccarsi nel ghetto oppure lo ritrova il coraggio di disegnare nuovi orizzonti per l’Italia?
@barbadilloit